Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 02/12/2010, a pag. 19, l'articolo di Alessandro Alviani dal titolo "La figlia di Himmler in soccorso dei nazisti".
Gudrun Burwitz oggi e in una foto da bambina col padre, Heinrich Himmler
Klaas Carel Faber non è né Adolf Eichmann, né Josef Mengele. Eppure qualcosa li lega: anche lui, nel momento del bisogno, può contare sulla fitta rete di appoggi di un'organizzazione invisibile, «Stille Hilfe» (Aiuto silenzioso). Per Eichmann, catturato in Argentina nel 1960 e condannato a morte in Israele due anni dopo, l’«aiuto invisibile» si rivelò alla fine vano. Faber, un ex membro delle Waffen-SS che vive indisturbato in Baviera nonostante la giustizia olandese lo stia cercando da quasi sessant’anni, potrebbe invece farla franca. «Stille Hilfe» si è mobilitata per aiutarlo, come ha già fatto in passato con decine di ex gerarchi nazisti, organizzandone la fuga in America Latina o offrendo loro supporto legale e logistico.
Giovedì scorso le autorità olandesi hanno emesso un mandato d’arresto europeo contro Faber che, condannato a morte nel 1947 per l’uccisione di 22 ebrei, riuscì a scappare e a rifugiarsi in Germania. Puntuale, «Stille Hilfe» ha organizzato la contromossa: nel fine settimana a Monaco di Baviera si sono riuniti alcuni dei suoi membri per discutere come bloccare l'estradizione. All'incontro, rivela il «Times», ha partecipato anche Gudrun Burwitz, l'ottantunenne figlia del capo delle SS Heinrich Himmler. È lei, tanto venerata quanto temuta da nostalgici e neonazisti, l’indiscussa figura-guida dell’organizzazione. «Sfuggente principessa nazista», la definisce il giornalista Oliver Schröm, autore di un libro su «Stille Hilfe»: Gudrun Burwitz vive appartata in una villa nei pressi di Monaco ed esistono pochissime sue foto.
«Non dico nulla su Stille Hilfe, se no che aiuto silenzioso sarebbe?», ha chiarito una volta al telefono, prima di riagganciare. Il silenzio, in fondo, è la regola base di un’associazione che nasce nel 1951 per aiutare quelli che, nella sua retorica, sono «condannati di guerra» e non «criminali di guerra». All'inizio può contare sull'appoggio di importanti esponenti della chiesa protestante e cattolica tedesca e stringe contatti con influenti politici tedeschi, come l'ex leader storico della Csu Franz Josef Strauß. E questo, nonostante i suoi fini fossero chiari a tutti.
La lista dei gerarchi che beneficiano di queste «azioni di aiuto» è lunga: Eichmann, Mengele, ma anche il boia delle Fosse Ardeatine Erich Priebke e il Macellaio di Lione Klaus Barbie. La stessa Gudrun Burwitz viene soccorsa dall'associazione. Nell'immediato dopoguerra «Püppi» (bambolina), come la chiamava suo padre, che la portava con sé al lager di Dachau, non riesce a ricostruirsi una vita. «Sono la figlia del capo delle SS», ripete con orgoglio ai colloqui di lavoro. A Monaco incontra infine il giornalista simpatizzante per l'estrema destra Wulf-Dieter Burwitz e inizia a dare una mano alle persone che, qualche anno prima, avevano aiutato suo padre a realizzare la Soluzione finale. Adesso, 65 anni dopo il suo suicidio, ci riprova con Klaas Carel Faber.
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