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Informazione Corretta Rassegna Stampa
01.12.2010 Festeggiamo con un buon libro!
I consigli letterari di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 01 dicembre 2010
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «Festeggiamo con un buon libro!»

Festeggiamo con un buon libro!
di Giorgia Greco


Giorgia Greco

Con l’approssimarsi delle festività tutti si mobilitano alla ricerca del regalo più originale, più raffinato, capace di lasciare un buon ricordo di noi.
Un’impresa tutt’altro che facile, ma per chi ha la fortuna di avere amici e parenti che leggono è un problema che non si pone. Perché leggere è un atto creativo e il libro è sempre un dono nuovo e prezioso, unico e irripetibile.
Ogni libro ha una storia da raccontare, un’idea da proporre, un argomento da spiegare e sul quale riflettere, un sogno da alimentare e per ogni lettore, anche il più esigente, c’è sempre un libro giusto che racchiude nelle sue pagine un messaggio di speranza, una risposta o semplicemente regala un momento di intrattenimento e di relax. L’offerta editoriale è ampia e basta gironzolare un po’ per librerie per individuare il regalo giusto per un amico speciale.
Noi di Informazione Corretta abbiamo voluto offrirvi qualche spunto in più e abbiamo preparato un piccolo vademecum scegliendo fra titoli classici, successi dell’anno e ultime novità della letteratura ebraica ed israeliana, una letteratura dinamica e vivace che si è conquistata a pieno titolo uno spazio sempre più vasto nel favore dei lettori italiani.


E’ stato da poco ripubblicato dalla casa editrice Longanesi un capolavoro imperdibile della letteratura ebraica, La famiglia Moskat, di Isaac Bashevis Singer.
Uno dei libri più amati del grande scrittore ebreo, questo romanzo è una saga familiare che ha poco da invidiare ai Buddenbrook di Thoman Mann: la famiglia del vecchio patriarca Meshulam Moskat attraversa gli anni che dall’inizio del ventesimo secolo giungono alla seconda guerra mondiale e alla “soluzione finale” del regime nazista. Ma la vera protagonista del romanzo è la società ebraico-orientale – e in particolare quella di Varsavia - con la sua complessa e multiforme cultura. Nel racconto di Singer le storie della decadenza parallela di una grande famiglia borghese e del suo mondo si tingono delle caratteristiche che una simile vicenda assume all’interno di una società “diversa”, che assiste al crollo della propria tradizione e della propria identità storica. Magistrale affresco di un periodo cruciale della storia europea il capolavoro di Singer è una delle più alte testimonianze di quel mondo che scompare nella tragedia dell’Olocausto.


Dall’universo askenazita a quello sefardita ci conduce Eliette Abécassis con il suo ultimo romanzo, in libreria in questi giorni, dal titolo Sefardita edito dalla casa editrice Tropea.
L’autrice che è nata nel 1969 a Strasburgo e insegna filosofia a Caen ha raggiunto la notorietà con il thriller Qumran, uscito in patria nel 1996, e tradotto in diciotto paesi.
Dal romanzo Ripudiata del 1999 è stata tratta la sceneggiatura del film Kadosh (1999), del registra israeliano Amos Gitai.
In quest’ultimo romanzo la scrittrice ebrea lega la ricerca erudita sulla storia degli ebrei sefarditi allo studio delle misteriose geometrie del cuore umano. In Sefardita, la cultura del mondo ebraico diventa lo sfondo per scrutare le relazioni familiari, la trasmissione generazionale e il peso della tradizione. Gli ebrei fuggiti dalla Spagna alla fine del Quattrocento hanno portato ovunque una loro cultura molto ricca, fatta di antichi riti e tradizioni. “Purtroppo, la nostra è una memoria orale che si sta lentamente perdendo. L' ultima generazione di ebrei del Marocco sta scomparendo. Ho immaginato questo romanzo come un prezioso scrigno delle loro storie» afferma l’autrice.
E in questo scrigno si delineano le vicende di Eshter Vital, ebrea sefardita nata a Strasburgo, il cui  destino è inscritto nelle proprie radici che affondano nel lontano Marocco. In un popolo e in una cultura che la fecondano e al contempo la soffocano. Eshter ha scelto di essere una donna libera e moderna, ma la tradizione e la voglia di fuga lottano nella sua anima inquieta. A trentatré anni l'amore per Charles Tolédano la travolge. Pensa di lasciarsi alle spalle il passato e le incertezze, legandosi per sempre al suo uomo. Ma alla vigilia delle nozze, a Tel Aviv, lei vestita di porpora come le promesse spose sefardite deve fare ancora i conti con la storia della sua famiglia e del suo travagliato popolo. Insieme ai canti, ai colori, alle cerimonie rituali, compaiono le ombre. La sua famiglia e quella di Charles sono opposte da oscuri segreti e rancori mai sopiti. Un antico maleficio spunta a turbare una modernità apparentemente priva di contrasti.


Mentre i giallisti norvegesi scalano le classifiche dei libri più venduti, Faye Kellerman autrice del romanzo giallo edito da Cooper, Il bagno rituale, cattura il lettore fin dalle prime pagine con una storia inquietante e sconvolgente.
In una calda notte d’estate nel quartiere ebraico ortodosso di Los Angeles, appena fuori la mikvah, dove le donne fanno il bagno rituale di purificazione, si consuma un brutale, inspiegabile stupro. Il detective Peter Decker, divorziato e stanco della sezione “stupri” , tanto da desiderare di tornare alla “omicidi”, non ha mai avuto a che fare con un caso così strano: nessun indizio, nessun testimone, nessuna pista nel quartiere più calmo e discreto di tutta Los Angeles, dove gli americani non arrivano mai e gli ebrei vivono in totale tranquillità. Gente diversa, pensa Decker, ma innocua. Perché far loro del male? E perché nessuno vuole parlare? Solo Rina Lazarus, che gestisce la mikvah, è disposta ad aiutare Decker a scoprire la verità. È lei che ha trovato il corpo esanime della sua amica e da quella sera la sua vita si è trasformata in un incubo. Ombre fuggenti, sussurri, gemiti, rumori inspiegabili: fuori e dentro la mikvah, Rina si sente sotto continue minacce di aggressione. La sua resistenza psicologica è in serio pericolo, la sua rinomata forza d’animo inizia a vacillare, gettandola in un abisso di paura. Un thriller capolavoro denso di suspence, affascinante e misterioso. Una storia da brividi raccontata attraverso una prosa incalzante, ma attenta al delicato e fragile rapporto tra una giovane ebrea ortodossa e un americano che scoprirà di essere discendente di ebrei: due persone così vicine e lontane tra loro che si respingono e si innamorano nel bel mezzo di un’investigazione dai tratti oscuri.


La complessità della società israeliana ha un interprete magistrale nell’esordiente Yaniv Iczkovits che ha appena pubblicato per Giuntina il suo primo romanzo, Batticuore.
Nato a Rishon Lezion nel 1975 e docente all’Università di Tel Aviv, l’autore durante la  Seconda Intifada è stato il primo firmatario della lettera "il coraggio di rifiutare", in cui 51 riservisti dell'esercito dichiaravano di non essere più disposti a combattere nei Territori Occupati. Nel 2007 Iczkovits ha vinto il prestigioso premio letterario per le opere prime assegnato dal quotidiano "Haaretz", con il suo romanzo "Dofek", ora tradotto in italiano con il titolo "Batticuore".
Chi apprezza la letteratura israeliana ritroverà in questo libro la tensione narrativa che contraddistingue i nuovi autori israeliani: attraverso le storie intime e private di Udi che scosso dalla sua esperienza di soldato fugge in India, di Yudit una donna depressa di mezz’età che lotta per conciliare la famiglia e la dura realtà che la circonda, di Yonatan la cui voglia di vivere si contrappone alla malinconia della moglie che attende un bimbo il cui cuore non batte, Iczkovits scandaglia con perizia la società israeliana portando allo scoperto le sue contraddizioni, la precarietà dell’esistenza e i suoi fallimenti ma anche la sua voglia di lottare e di vivere.


Autore di fortunati bestseller e uno degli esponenti più importanti della letteratura americana, Chaim Potok è stato rabbino e professore in collegi rabbinici e università americane.
Il romanzo che vi suggeriamo, edito da Garzanti e intitolato Il libro delle luci, narra dell’intensa storia di amicizia tra due giovani compagni di studi in un’accademia rabbinica americana: Gershon e Arthur assai diversi fra loro per origini, temperamento e interessi. La storia si compie nella seconda parte del libro, quando i neo-ordinati rabbini dovranno prestare servizio come cappellani militari dell’esercito Usa durante la Guerra di Corea. In pagine memorabili lo scontro ideologico fra i due amici sintetizza la contrapposizione fra Qabbalah e Talmud, tra – come dice Potok – passione e logica, riproponendo al lettore la domanda che uno dei due amici pone all’altro: quale ebraismo, quale mistica, quale pensiero o contributo umano darà l’ebraismo contemporaneo?

Dalla mistica di Potok alle sfide che deve affrontare Israele ci conduce il bel saggio di David Meghnagi edito da Marsilio e intitolato Le sfide di Israele.
Chi vive in un’isola deve farsi amico il mare», recita un antico proverbio arabo. Così «Israele – scrive l’autore– piccola isola accerchiata da un oceano arabo e islamico». Uno Stato che, per la sua naturale ricchezza e per le sfide continue che ha dovuto fronteggiare fin dalla sua nascita, ha sperimentato, in profondità e con largo anticipo, molti dei problemi con cui l’Europa si sta confrontando oggi, con la crisi dello Stato nazionale, il riemergere dei vecchi particolarismi e il cambiamento demografico creato dai flussi migratori.
L’autore analizza il conflitto mediorientale attraverso le metafore, le equazioni simboliche che fanno da sfondo a ricostruzioni arbitrarie, i luoghi comuni e le demonizzazioni che caratterizzano l’immaginario collettivo nei confronti dello Stato di Israele e rimandano a questioni irrisolte negli strati profondi della cultura e della psicologia collettiva. A partire dalla guerra d’Indipendenza israeliana e dalla vicenda dei profughi, l’autore descrive la condizione di vita degli ebrei in Israele e nelle società arabe ed europee, coinvolte più o meno direttamente in un secolo di guerre quasi ininterrotte analizzando anche il mondo musulmano in paesi governati da dittature o regimi autoritari, oltre alla cattiva informazione a cui viene sottoposta l’opinione pubblica anche in paesi democratici europei dove le sinistre dietro la maschera dell’antisionismo ripropongono i contenuti antiebraici di sempre.
Mancava questo saggio nella pur fitta saggistica sul medio oriente. Non perdete l’occasione di leggerlo.


Israele è un luogo di profondo significato anche per Arrigo Levi che con la casa editrice Il Mulino ha pubblicato un saggio di grande valore, Un paese non basta. (Ha ricevuto una menzione speciale al premio Adei Wizo di quest’anno).
A coronamento di una carriera intensa e fortunata, Levi, saggista e giornalista con sessantacinque anni di professione alle spalle, si è accinto a raccontare il suo "come diventai giornalista" ma, si sa, la memoria ci conduce a volte in luoghi sconosciuti; così è nato questo sereno reincontro con le proprie origini, un racconto intessuto di riflessioni e ricordi, che rievoca il mondo felice della giovinezza, trascorsa in un'agiata famiglia della borghesia ebraica modenese, e poi le peripezie affrontate dopo l’avvento del fascismo e delle leggi razziali, l'emigrazione in Argentina, il ritorno in patria, la partecipazione da soldato alla nascita di Israele, il decennio nell'Inghilterra di Churchill e di Giorgio VI, l'ingresso definitivo nel giornalismo. L’autore mette in discussione le idee, che evolvono, le correnti d’opinione, che passano, ma non i valori di una vita e di una professione. «Quelli no, non devono cambiare». L’impegno e la dedizione sono tra questi.
Ritessendo la tela della propria formazione, itinerante di paese in paese, Levi indugia a riflessioni sulla fede, sui totalitarismi, sulla tragedia della Shoah, e in pagine di lucida e spesso sorridente saggezza consegna al lettore una penetrante lezione sul Novecento.


E’ un romanzo davvero esilarante che vi farà trascorrere un pomeriggio di puro divertimento quello che troverete in questi giorni in libreria: l’autore, Meir Shalev è uno dei principali esponenti della letteratura israeliana, la cui vena poetica e ironica è apprezzata in tutto il mondo e il suo ultimo romanzo E’ andata così edito da Feltrinelli, è un pezzo di Storia israeliana raccontata attraverso le vicende, ora sconcertanti ora esilaranti, della sua famiglia di origine giunta nella Terra promessa con la seconda aliyah nei primi anni del Novecento.
Una Nonna e un Aspirapolvere danno dunque l’occasione a Shalev per donarci un racconto ricco di tenerezza ed ironia che prende avvio da un episodio divertente occorso all’autore nella sua località natale, Nahalal, il primo moshav sorto in Terra d’Israele nel 1921, del quale i suoi familiari sono stati tra i fondatori. La narrazione ruota attorno al rapporto di Amore / Odio tra nonna Tonia – piccola di statura e  fanatica della pulizia al punto da suscitare i sogghigni dei compaesani, che la definiscono un tipo bislacco.- e l’Aspirapolvere, donatole dal fratello maggiore del marito che agli inizi del 1900 aveva lasciato la natia Ucraina alla volta dei capitalistici USA, anziché impegnarsi a realizzare il sogno sionista in Terra di Israele.
Prezioso omaggio alla memoria di una nonna che con i racconti sul suo paese d’origine, Rokitno, regala al nipote prediletto una straordinaria lezione di letteratura, in questo romanzo Shalev descrive un Israele rurale, lontano dalla guerra che avvelena i rapporti quotidiani e inaridisce gli animi; grazie alla sua straordinaria arte narrativa e ad una profonda capacità descrittiva ci regala tele di semplicità spiazzante, con pennellate di colori sgargianti e intensi che restituiscono il volto incantevole del paesaggio israeliano.


E’ invece l’Israele dei Kibbutz quello che ci presenta Amos Oz nel suo romanzo Una pace perfetta edito da Feltrinelli.
Autore capace di raccontare con parsimonia di parole il popolo di Israele, il suo travaglio politico, il suo paesaggio biblico, Oz con questo libro getta lo sguardo su un aspetto dello stato di Israele che va oltre i fatti di cronaca a cui siamo abituati e stringe l’obiettivo su una porzione di realtà atta a rappresentare una corrente di pensiero di base socialista, nata in contrasto al modo di vivere occidentale, che fa del lavoro comunitario la sua solida base. I Kibbutz nati nel 1909, ancora prima dello stato di Israele hanno contribuito alla sua crescita e alla formazione di un credo politico solido. Alla vigilia della Guerra dei sei giorni, in un kibbutz, i fondatori d’Israele e i loro figli cercano di conciliarsi tra loro e con la loro terra. Yolek esulta per i traguardi raggiunti, una volta solo sognati; suo figlio Yonathan si contrappone al padre e lotta per affermare un’identità diversa; Rimona, la fragile giovane moglie, ha perso il contatto con la realtà; e Azariah Gitlin, la nuova recluta, dotata e carismatica, freme di emozioni. Il mondo apparentemente circoscritto del kibbutz diventa teatro universale e le relazioni fra i personaggi si trasformano in un sempre più fitto intreccio di gesti, sogni, tensioni. Definito dal “New York Times” il romanzo più potente di Amos Oz, Una pace perfetta non solo evoca il divario tra il sogno socialista del movimento sionista e la realtà della vita israeliana, ma, secondo le parole dell’autore stesso, “è il racconto mistico della segreta unione di alcuni esseri umani molto diversi tra loro che diventano una famiglia nel senso più profondo del termine”.


La memoria della Shoah vissuta come esperienza diretta è in via di estinzione per il semplice motivo che i testimoni vanno scomparendo. Da qui ogni nuova opera capace di trasmettere ai posteri l’immane tragedia vissuta dal popolo ebraico è un tassello prezioso e un privilegio per noi lettori. In questo contesto si inserisce il libro di Yannick Haenel, Il testimone inascoltato edito da Guanda.
Chi ha visto Shoah, il capolavoro di Claude Lanzmann, è difficile che se lo sia dimenticato: Jan Karski compare nella parte finale del capolavoro del regista francese. La sua testimonianza è drammatica: cerca di parlare, ma non vi riesce; poi, si tranquillizza e inizia il suo racconto.
Non è certamente per quell’intervista che lo scrittore Yannick Haenel ha deciso di dedicargli una biografia romanzata ma l’apparizione nel film di Lanzmann è una spia significativa del trascorso di Karski, e non è un caso che Haenel affidi a quell’episodio l’apertura del suo libro.
In piena seconda guerra mondiale, Karski è un militare di stanza in Polonia attivo nella Resistenza che viene in contatto con la realtà drammatica del ghetto di Varsavia. Quello shock lo induce ad accettare l’incarico di “messaggero” clandestino della Shoah.
Così, per più di due anni viaggerà in tutta Europa e negli Stati Uniti per raccontare a diplomatici e alti papaveri il dramma dello sterminio nazista degli ebrei. Resterà pressoché inascoltato e, dopo la fine del conflitto, deciderà di ritirarsi a vita privata consegnando le sue memorie in un libro pubblicato nell’immediato dopoguerra.
Partendo da quei ricordi e dall’intervista rilasciata a Lanzmann, Haenel ha deciso di raccontare in forma romanzata una biografia quasi incredibile.
“Con il mio libro – scrive l’autore - ho voluto rompere un tabù, il mio Jan Karski denuncia la menzogna degli Alleati, smaschera la loro presunta innocenza” ma mette anche in luce l’antisemitismo diffuso e la colpevole indifferenza dinanzi alle tragiche notizie che arrivano.


Nato A Tel Aviv nel 1936, Ram Oren è uno scrittore molto famoso in Israele dove ha pubblicato romanzi dalla trama avvincente tradotti in diverse lingue. In questi giorni arriva in libreria il suo primo romanzo pubblicato in Italia dalla casa editrice Sperling & Kupfer, Come un figlio.
Oren costruisce una storia dal ritmo incalzante, che ha per protagonista un'eroina tenera e al contempo indomita, come solo una madre può essere, disposta a qualsiasi sacrificio per il bene del suo bambino. I genitori di Michael Stolowitzky sono ricchi e lo coprono di attenzioni, la sua tata, Gertruda, lo considera come un figlio. Ma Michael è un bambino ebreo che vive a Varsavia negli anni Trenta e allo scoppio del secondo conflitto mondiale la sua esistenza spensierata viene di colpo stravolta: la follia della guerra lo priva di una casa, lo lascia affamato e senza un soldo e, in poco tempo, distrugge la sua famiglia. L'unico conforto in quel dolore incomprensibile è Gertruda, la premurosa bambinaia cattolica a cui la madre lo affida dal suo letto di morte: negli ultimi istanti di vita, la donna implora la tata di portare il bambino al sicuro in Palestina, e di non separarsi mai da lui. Senza esitare, Gertruda promette ma per tenere fede al giuramento, la giovane donna affronterà con Michael una terribile odissea nell'inferno della guerra: dopo una fuga rocambolesca fino al ghetto di Vilnia, intraprenderà un viaggio attraverso Polonia, Germania e Francia, con mezzi di fortuna e in condizioni disumane. Per poi attraversare il Mediterraneo a bordo dell'Exodus e imbarcarsi sul Transylvania, la nave che li porterà verso la terra promessa. Un romanzo straordinario che non si dimentica.


Le mamme e i papà che desiderano fare un regalo speciale ai loro piccoli non possono sbagliare scegliendo l’ultimo libro di David Grossman rivolto proprio ai bambini, Ruti non vuole dormire, edito da Mondadori.
Per i piccoli lettori non c'è differenza tra la magia e la realtà, perché entrambe sono nuove, inspiegabili e meravigliose. E trascinano i genitori in grandi scoperte di cui loro non si sentivano più capaci, paure a cui avevano smesso di pensare, sorprese per cui avevano smesso di stupirsi. Le spiegazioni, i giochi, le avventure che ne nascono sono al centro di un legame fortissimo, che Grossman racconta in storie che avvolgono i lettori con semplicità e tenerezza: come quella di Ruti che una mattina non vuole alzarsi per andare all'asilo. Il papà non la sgrida, ma le dice che nel frattempo gli altri giocheranno, si divertiranno, cresceranno e avranno i loro figli, mentre lei, dormendo, rimarrà bambina. Forse allora è meglio correre in cucina a fare colazione. E ad abbracciare mamma e papà che per fortuna da piccoli si sono alzati per andare all'asilo! Una raccolta di cinque racconti illustrati, in cui Grossman regala levità e poesia ai suoi lettori, piccoli o grandi che siano.


In questi giorni di feste, brindisi e pranzi luculliani non può mancare nella vostra libreria il bel libro di Elena Loewenthal edito da Baldini Castaldi Dalai, Buon appetito, Elia! :un invito a tavola attraverso trecento ricette, servite con storielle, note e informazioni che spiegano l'origine di ogni piatto. La cucina ebraica, oltre a essere gustosa e varia, sembra quasi confermare quello che nella Bibbia, nella legge, nella circoncisione, nel rispetto del sabato e in altre occasioni appare come una caratteristica saliente della cultura degli ebrei, popolo che da sempre si riconosce in ciò che consuma a tavola. Grazie alla sua storia, fatta di spostamenti, emigrazioni, pogrom e lunghe stanzialità, questa cucina ha risentito di una vasta gamma di influssi esterni, che vanno dalla Polonia all'India, dallo Yemen alla Spagna.

Non rimane che augurarVi buona lettura e…beteavon (buon appetito) !

Giorgia Greco


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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