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" Egitto, il voto rafforza Mubarak "
I risultati delle elezioni di ieri in Egitto vanno viste come una anticipazione di quelle presidenziali del prossimo anno. I partiti dell’opposizione sono divisi. Il successo strepitoso del partito del presidente Hosni Mubarak (National Democratic Party, favorirà la candidatura del figlio Gamal nel voto del prossimo anno. Un prezzo che la democrazia egiziana deve pagare. Due anni fa, sembrava che i partiti di opposizione fossero pronti ad azioni coordinate. Proclamarono che non avrebbero tollerato falsificazioni nei risultati elettorali, minacciando il boicottaggio alle elezioni se non fosse stata garantita non solo la libertà di parola, ma anche il ricorso in tribunale sia sul sistema elettorale sia sul conteggio dei voti. Il movimento Kifaya (Basta), creato per coordinare le opposizioni, aveva organizzato dimostrazioni pubbliche e sostenuto i diritti dei lavoratori nelle obsolete industrie tessili, ancora in parte di proprietà dello stato, dove erano impiegati centinaia di migliaia di lavoratori pronti a fare scioperi per migliorare il livello salariale. Anche il mondo dei blog, dal nome “movimento 6 aprile” si è mosso per indire manifestazioni contro il governo. Il ritorno di Mohamed El-Baradei un anno fa aveva dato nuovo impulso alla lotta. L’ex direttore della Agenzia internazionale di energia atomica e premio Nobel si era presentato come il salvatore dell’Egitto. Aveva creato l’ “Associazione per il Cambiamento”, raccogliendo l’adesione di intellettuali e in genere dall’opposizione; aveva anche creato sezioni in altri stati arabi e in America, dove ci sono molte comunità di immigrati egiziani. Aveva cercato anche, tramite internet, di raggiungere un milione di firme su un documento nel quale veniva chiesta la rimozione degli impedimenti alle candidature individuali alla Presidenza. Solo se questo fosse avvenuto avrebbe annunciato la sua candidatura a presidente. Sperava così di raccogliere vasti consensi, anche fra i partiti dell’opposizione. Ma questo non si verificò. Ogni partito aveva scelto il proprio candidato, nessuno era pronto ad accettare un nuovo arrivato a fare concorrenza. Perduto il sostegno, la sua popolarità cominciò a declinare. La sua campagna su internet raccolse “soltanto” 250.000 firme. Nel frattempo, il governo non era rimasto inattivo, avendo lavorato con ogni mezzo, inclusa la violenza, per impedire che i suoi seguaci aprissero sedi nel paese. In Kuwait e in Arabia Saudita i suoi sostenitori venivano arrestati, privandolo così del sostegno degli immigrati egiziani. Anche il suo appello a boicottare le elezioni fu ignorato. Un boicottaggio che avrebbe compromesso la legittimità del nuovo parlamento, e anche lo stesso governo. Il primo a respingere l’invito è stato il “ Wafd”, il partito più grande ma con solo 6 rappresentanti nell’assemblea uscente. Il comitato centrale, con voto segreto, ha deciso con una risicata maggioranza, di prendere parte alle elezioni. Questo ha segnato la fine del fronte del rifiuto. Sui media nazionali è stata riportato quanto un patto a livello di governo avrebbe portato a 20 i delegati eletti. Il presidente del partito, ha acquistato, con i suoi notevoli mezzi economici, il quotidiano Ad-Dustour, il più critico verso il governo. Gli altri partiti seguirono l’esempio. L’unico a partecipare al boicottaggio è stato il “New Democratic Front” di recente costituzione. Mentre il partito di sinistra “Tagamu”, la cui voce è quasi scomparsa, ritiene di poter avere qualche candidato eletto. E i “ Fratelli Musulmani” ? Ufficialmente, il movimento che si propone la creazione di uno stato teocratico che governi in base alle regole della Sharia, è fuori legge; era stato Nasser a deciderlo nel 1954 dopo un attentato alla sua vita. Ma la Fratellanza era entrata nel Parlamento uscente nel 2005 con 88 deputati (su 444), presentandoli come ‘indipendenti’. Nel paese ha un largo seguito tra coloro che criticano il governo e che vedono nella religione la soluzione di tutti i problemi. Oggi ha 134 candidati, e spera di migliorare la rappresentanza. Non ha sostenuto El-Baradei, che vuole un Egitto più democratico. Il movimento riceve una forte opposizione dal governo, che ha dichiarato, attraverso il Ministro per gli affari parlamentari, che “ la vittoria del 2005 è stata un errore che non si ripeterà più”. Forze di sicurezza e uomini armati del partito di maggioranza hanno disturbato i comizi del movimento, escluso molti candidati con ragioni pretestuose, e arrestato 1200 sostenitori nella settimana prima delle elezioni. Poi rilasciati, ma creando grandi difficoltà alla Fratellanza. La quale spera ancora che le pressioni internazionali possano contribuire ad avere abbastanza eletti da avere un gruppo sufficientemente forte in Parlamento; il suo leader supremo, Mohammad Badie, ha invitato i sostenitori a recarsi al voto senza timori. Un ordine difficile da seguire, quando la violenza cresce e tutti gli attivisti dei partiti dell’opposizione hanno subito aggressioni e alcuni sono stati anche uccisi. E’ una campagna a tutto campo per garantire un forte risultato, il partito di governo ha fatto pressioni pesanti su tutti i media. In ottobre sono stati chiusi 12 canali Tv del satellite egiziano “Nilesat”; altri 2° canali sono stati posti sotto controllo. La maggior parte appartenenti all’islam radicale, accusati di attività anti egiziane. Sono state imposte restrizioni alle riprese televisive in diretta, e controlli persino su cellulari. Per interviste politiche era necessario un permesso speciale. Il governo ha così ottenuto un controllo monopolistico sulle comunicazioni. Il partito di governo ha fatto notevoli progressi sotto la guida di Gamal Mubarak. Il figlio del presidente e i suoi giovani collaboratori hanno riunificato il partito e presentato 800 candidati ai 508 seggi disponibili (quest’anno ce n’erano 64 riservati alle donne) E’ la prima volta che il partito presenta più di un candidato per seggio. Questo per creare una sorta di competizione fra candidati, significa cioè che nessuno, specie tra i Fratelli Musulmani, potrà avere una maggioranza assoluta nel primo turno del voto, mentre nel secondo, tutto ruoterà intorno al leader del partito di governo. Ovunque sono stati affissi manifesti del presidente Mubarak e di altri candidati. Gamal e i suoi sono stati presenti dappertutto, per dimostrare l’efficacia del loro potere organizzativo, facendo un largo uso di strumenti telematici per diffondere i messaggi. Va detto anche anche l’opposizione ha miseramente fallito nell’uso di internet per convincere gli elettori a dare battaglia al governo. Una ennesima prova dell’invecchiamento dei partiti tradizionali. Nel 2005 l’America fece pressioni su Mubarak affinchè concedesse maggiore libertà, ma il risultato fu l’elezione di 88 deputati della Fratellanza. La pressione, sempre che ci sia stata, è stata questa volta molto minore. Un portavoce del governo ha detto che gli Usa si augurano elezioni libere e corrette, chiedendo un monitoraggio internazionale. La reazione egiziana è stata dura, respingendo la richiesta come una interferenza negli affari interni egiziani. La risposta del portavoce del Dipartimento di Stato P.J.Crowley è stata zoppicante, “ Abbiamo sentito la reazione dell’Egitto, ma la nostra posizione non è cambiata”. A questo punto il governo Mubarak sembra sicuro di una vittoria altisonante, con il rinnovo della forza del partito e con la sconfitta dei Fratelli Musulmani. La via alla candidatura di Gamal il prossimo anno sembra così spianata. I media arabi e occidentali si lamentano della mancanza di libertà di parola e mettono in guardia sulla frode enorme che grava sul processo democratico. Possono aver ragione. Ma l’Egitto è oggi pronto per un tipo di elezioni libere che conosciamo in occidente ? La risposta è no. I partiti laici di opposizione non sono in grado di proteggere un governo dalla vittoria dell’islam radicale a guida Fratelli Musulmani, che porterebbe a una guerra civile e farebbe sprofondare il Medio Oriente nel caos. Si può solo attendere, nella speranza che il partito di maggioranza trovi la strada giusta, con i suoi mezzi, per arrivare ad un progresso democratico ed economico più sviluppato. (Zvi Mazel, già Ambasciatore israeliano in Romania, Svezia ed Egitto, è |
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