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La Stampa Rassegna Stampa
28.11.2010 Hezbollah ha assassinato Rafiq Hariri, ma cerca di incolpare Israele
Cronaca ambigua di Claudio Gallo

Testata: La Stampa
Data: 28 novembre 2010
Pagina: 21
Autore: Claudio Gallo
Titolo: «Hezbollah organizzò l’omicidio di Hariri»

Riportiamo dlla STAMPA di oggi, 28/11/2010, a pag. 21, l'articolo di Claudio Gallo dal titolo "Hezbollah organizzò l’omicidio di Hariri".


Hassan Nasrallah, Rafiq Hariri

Un articolo sull'omicidio Hariri. I sospetti ricadono su Hezbollah e su Bashar al Assad. Eppure Gallo conclude con queste parole il suo pezzo : " L’altro giorno il ministro delle Telecomunicazioni Charbel Nahhas ha detto desolato che Israele è in grado di fare ciò che vuole con le telecomunicazioni libanesi: «Israele controlla l’informazione e i pacchetti di dati, può entrare nelle reti, trasferire e cancellare dati. Possono fabbricare chiamate che non sono mai state fatte ». Proprio come le stragi italiane degli anni di piombo, l’assassinio di Hariri rischia di affondare in una palude dove la nebbia e imiasmi occultano qualsiasi verità. ". Il ministro delle Telecomunicazioni libanese sostiene che Israele sia in grado di interferire, fabbricare false prove contro Hezbollah. Gallo non controbtte, anzi fa un parallelo con le stragi italiane degli anni di Piombo. Tanto valeva scrivere che il colpevole dell'omicidio Hariri è Israele che, grazie alla sua tecnologia è riuscito a insabbiare le prove producendone di false. La stessa tesi di Hezbollah.
Ecco il pezzo:

C’è un vizio nelle vicende del tribunale speciale dell’Onu per il Libano (STL) che ricorda la giustizia italiana: le novità, vere o presunte, nelle indagini sull’omicidio del premier Rafiq Hariri il 14 febbraio 2005, sono sbandierate prima suimedia che nelle aule giudiziarie. L’ultimo scoop, diffuso qualche giorno fa da NeilMacDonald della tv canadese Cbc, rivela che gli investigatori Onu hanno ripescato dagli archivi «il rapporto dimenticato» di un ufficiale dei servizi libanesi. Attraverso un’analisi del traffico dei cellulari nel giorno dell’attentato, la documentazione accuserebbe Hezbollah di aver organizzato l’assassinio. L’attuale tribunale, da qualche mese presieduto da Antonio Cassese, ha cominciato a funzionare nel 2009ma gli investigatori dell’Onu sono al lavoro dal 2005. Subito i segugi del Palazzo di Vetro avevano puntato il dito contro Damasco. Nel corso del tempo la pista siriana si è sgretolata, minata da una serie di testimonianze rivelatesi false.Nel settembre scorso, il premier Saad Hariri, figlio del leader ucciso, ha dichiarato che la Siria era stata accusata ingiustamente. Tutto accadeva al momento giusto, mentre a livello politico rifiorivano le relazioni tra Beirut e Damasco. Così la ricerca della verità sul caso Hariri è sprofondata sempre più in un acquitrino velenoso che rischia di trascinare il Libano in una nuova guerra civile. Hezbollah continua a sostenere che dietro l’attentato c’è la mano di Israele e che il Tribunale è politicizzato: lo scorso agosto il leader del movimento sciita Hassan Nasrallah mostrò in tv alcuni filmati che sarebbero stati rubati a un drone israeliano che apparentemente mostravano come il Mossad stesse spiando i percorsi dell’auto diHariri. In caso di incriminazione di qualcuno dei suoi, il Partito di Dio ha minacciato più o meno apertamente un colpo di stato, cosa che gli riuscirebbe senza problemi, come ha fatto notare l’occhiuta intelligence israeliana. Le ultime rivelazioni della tv canadese si basano sul rapporto del capitano Wissam Eid, un ufficiale dell’intelligence libanese ucciso nel 2008 da una bomba piazzata sotto il suo fuoristrada. Ingegnere esperto in computer, aveva analizzato tutte le chiamate telefoniche fatte intorno al luogo dell’attentato e aveva poi ampliato l’indagine all’intera Beirut. Con un lavoro titanico di selezione, Eid riuscì a individuare cinque circuiti telefonici (ognuno composto da un gruppo di cellulari) che comunicavano selettivamente tra di loro: da quello dei killer alla logistica, alla sorveglianza, alla direzione (due circuiti). Eid sarebbe riuscito a penetrare nelle reti segrete grazie al dilettantesco errore di un pesce piccolo: l’esperto di elettronica Abd al Majid al Ghamloush, che lavorava per Hezbollah. Ghamloush, definito dagli inquirenti «un idiota», era incaricato di distruggere i telefoni del circuito della logistica, ma ha pensato bene di utilizzare un apparecchio che aveva ancora credito per chiamare la fidanzata. Il tecnico avrebbe permesso a Eid di arrivare ai fratelli Hussein e MouinKhreis,militanti diHezbollah, presenti il 14 febbraio nella zona dell’attentato. Secondo la ricostruzione dell’ufficiale, la base operativa sarebbe stata nel Great Prophet Hospital, a Beirut Sud, il feudo di Hezbollah. Di più, alcuni dei telefoni del network erano apparecchi governativi affidati amembri del partito sciita. La Cbc ha raccontato che Eid sarebbe stato contattato da Hezbollah poco prima dell’attentato in cui morì: secondo la ricostruzione, gli chiesero indietro alcuni dei telefoni sequestrati, dicendo che erano stati utilizzati da loro agenti per operazioni di controspionaggio nei confronti di Israele. Nel settembre del 2006 il superiore di Eid, il colonnello Shehadeh, fu vittima di un attentato che uccise quattro delle sue guardie. L’ufficiale si trasferì in Canada per curarsi e da allora non è più tornato. È molto probabile che la principale fonte del servizio della Cbc sia lui. Le vicenda del capitano Eid, secondo l’articolo canadese, apre un altro capitolo inquietante: la complicità nell’attentato dell’attuale capo dei servizi libanesi Wissam al Hassan, l’uomo che curava la sicurezza diHariri al tempo della sua morte. Il coinvolgimento di Al Hassan sarebbe venuto a galla con l’attentato che uccise il capitano Eid: qualcuno dall’interno doveva aver rivelato ai killer l’esistenza del rapporto sui telefoni. La Cbc fa notare che il giorno della morte diHaririAlHassamnon era al suo fianco come al solito ma all’università a dare un esame. Certo è una rivelazione difficile da digerire senza prove concrete: come immaginare che l’uomo di Hariri, inviso a Hezbollah e ai siriani, abbia collaborato con i suoi nemici sciiti per uccidere il suo principale? Altrettanto difficile da accettare è che il capitano Eid, per quanto fosse geniale, avesse costruito il suo dossier senza aiuti, usando nient’altro che «fogli di calcolo di Excel». Yossi Melman ha scritto su «Haaretz» che l’Onu può aver ottenuto quelle ricerche solo con l’assistenza di qualche servizio segreto. «I potenziali Paesi che hanno agenzie di spionaggio dotate della tecnologia necessaria – spiega Melman - sono la Nsa americana, gli inglesi, i francesi e, indubbiamente, gli israeliani». La pista dei telefoni che ora sarebbe legata a Hezbollah non è una novità nei rapporti del tribunale. Perché tirarla fuori dal cilindro in questomomento? «Der Spiegel» aveva già parlato di una rete di cellulari nel 2005, anno in cui furono arrestati due fratelli ultrà sunniti, uno dei quali aveva telefonato dalla scena dell’attentato. Si disse che il nipote di un businessman legato all’ex premier Karami avesse comprato sotto falso nome dieci schede telefoniche poi usate dai sicari: ma allora era di moda la pista siriana... «Le Figaro» scrisse di una rete di cellulari già nel 2006, anticipando l’episodio del tecnico «idiota». Molti si aspettano per le prime settimane di dicembre l’incriminazione di alcuni dirigenti di Hezbollah. Tuttavia, senza qualche elemento più concreto (che potrebbe essere tenuto nascosto fino all’ultimo), è inverosimile che il Tribunale riesca a formulare l’accusa basandosi soltanto sul dossier dei telefonini. L’altro giorno il ministro delle Telecomunicazioni Charbel Nahhas ha detto desolato che Israele è in grado di fare ciò che vuole con le telecomunicazioni libanesi: «Israele controlla l’informazione e i pacchetti di dati, può entrare nelle reti, trasferire e cancellare dati. Possono fabbricare chiamate che non sono mai state fatte ». Proprio come le stragi italiane degli anni di piombo, l’assassinio di Hariri rischia di affondare in una palude dove la nebbia e imiasmi occultano qualsiasi verità.

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