Mondo arabo: crisi nella dinastia saudita
di Zvi Mazel
(traduzione a cura di Laura Camis de Fonseca)
Zvi Mazel
La scorsa settimana si è concluso il pellegrinaggio annuale a la Mecca, lo Haj.
In netto contrasto con gli anni precedenti, non ci sono stati incidenti gravi, né attacchi terroristici, né dimostrazioni politiche. Eppure non va proprio tutto bene. All’apertura delle cerimonie un comunicato ufficiale ha informato i Sauditi che il loro re, Abdullah bin Abdul Aziz, il primo figlio ancora in vita del famoso Re Saud, è malato. L’anziano monarca (nato nel 1924) ha dovuto rimanere a letto per un’ernia vertebrale. Perciò il ministro degli interni Naef bin Abdul Aziz, già secondo vice-Primo Ministro ( il re è formalmente il Primo Ministro), è stato incaricato della gestione del pellegrinaggio ed ha fatto le veci del Re al tradizionale ricevimento per i capi delle delegazioni di pellegrini.
Il principe Naef è soltanto quinto nell’ordine della successione; l’incarico sarebbe spettato al fratello, il principe ereditario Sultan, primo vice- Primo Ministro. Ma da due anni Sultan, che ha 83 anni ed è stato operato di cancro, vive in un palazzo in Marocco.
E’ chiaro che occorre in qualche modo ringiovanire la dirigenza del paese, per affrontare problemi pressanti come l’ammodernamento dell’amministrazione e dell’economia, la lotta all’islamismo radicale ispirato ad al Queda e il confronto con un Iran nucleare. Per la prima volta nella storia dell’Arabia Saudita nè il Re nè il suo successore sono in grado di gestire il potere.
Sotto il controllo di Naef il pellegrinaggio non ha avuto intoppi e i Sauditi ne possono andar fieri. Gestire quasi 3 milioni di pellegrini che rimangono da 7a 10 giorni non è facile. I pellegrini si spostano insieme dalla Grande Moschea de la Mecca agli altri tre luoghi cerimoniali: il monte Arafat, Muzdalifah e Mina, diverse miglia a nord-ovest della città. Sul monte Arafat, dove Maometto tenne il suo ultimo sermone, i fedeli pregano e proclamano la propria fede in Allah. A Muzdalifah raccolgono le pietre da gettare il giorno successivo a Mina contro il pilastro che rappresenta Satana.
Sui 2,8 milioni di pellegrini di quest’anno 1,8 milioni venivano da 108 paesi diversi, gli altri dall’Arabia Saudita stessa, per lo più stranieri residenti nel Regno. Alcuni pellegrini sono morti per il calore e la fatica e un cuoco sbadato ha provocato un incendio, ma il resto è andato bene. Negli anni scorsi morivano a migliaia per epidemie, crolli di edifici, o perché schiacciati nella ressa. Nel 1990 morirono 1400 persone per il crollo di un ponte, nel 1997 ne morirono 300 a Mina per l’incendio di un campeggio. L’incidente peggiore avvenne nel 1979. Un gruppo di Sauditi armati, guidati da un auto-proclamato mahdi (profeta o redentore che verrà prima del giudizio universale) invase la Grande Moschea de la Mecca. Occorsero settimane di combattimenti sanguinosi e centinaia di morti da entrambi i lati per debellarli. In anni più recenti pellegrini inviati da Teheran per creare subbuglio tennero dimostrazioni al grido di ‘Morte all’America’ e ‘Morte a Israele’. I Sauditi li condannarono a morte senza esitazione.
I sovrani sauditi sono ben consci di avere un compito difficile. Portano orgogliosamente il titolo di ‘guardiani dei due luoghi sacri dell’Islam ‘(Mecca e Medina) e dai primi anni ’70 lavorano allo sviluppo delle infrastrutture necessarie per il pellegrinaggio annuale. Le due grandi moschee sono state restaurate e lo spazio ampliato per contenere la folla che compie sette volte il percorso attorno alla Kaaba, la pietra nera al centro della moschea di la Mecca, o che prega sulla tomba del Profeta alla moschea di Medina.
Nuove strade moderne di recente costruzione smaltiscono il traffico degli autobus dei pellegrini. Migliaia di luoghi di ristoro lungo il percorso offrono riposo e cibo. Un ponte a più piani a Mina permette il rito del lancio delle pietre senza il rischio di schiacciare altri pellegrini, che in passato morivano a migliaia nella ressa. Una nuova linea ferroviaria, costruita dai Cinesi per 1,8 miliardi di dollari e inaugurata poco prima del pellegrinaggio, collega la Mecca alle tre città vicine. Decine di migliaia di pellegrini hanno così potuto viaggiar comodi, fuori dalle strade affollate.
Per proteggere i visitatori da al Queda, che aveva minacciato attacchi, il governo saudita ha rafforzato le forze di polizia, ha adottato misure di sicurezza e ha messo 100 000 agenti in campo. Al-Quaeda ha risposto dicendo di non voler far male ai pellegrini. Il principe Naef non ha abbassato la guardia e gli agenti sono riusciti a smontare alcuni tentativi di attentato che avrebbero potuto creare scompiglio nel pellegrinaggio e mettere in difficoltà la monarchia.
Il governatore della Mecca, il principe Khalid al-Faisal bin Abdel Aziz, ha espresso la soddisfazione del Re e della corte per il pacifico svolgersi dei riti, lodando sia l’organizzazione nel suo insieme sia le specifiche misure di sicurezza.
Benché importante, il successo del pellegrinaggio è stato soltanto un intermezzo nella battaglia in corso per la successione. La salute del re causa sempre più preoccupazioni e di intrighi. Re Abdullah è salito al trono nel 2005, a 80 anni. La sua salute era già precaria. L’ernia vertebrale aggiunge altra preoccupazione. La situazione deve essere molto seria, perchè insieme all’annuncio che il re andrà a farsi operare negli USA è stata data la notizia imprevista che il Principe Sultan, benché gravemente ammalato, è in arrivo dal Marocco per assumere l’interim. Ma non è in grado di reggere il governo. Occorre nominare un nuovo principe ereditario in grado di assumere il potere.
Lo stesso Abdullah è ben cosciente della situazione e nel 2006 ha istituito, con l’accordo dei fratelli, un Comitato per il riconoscimento di sudditanza, che ha il potere di designare l’erede al trono, e persino di esercitare la reggenza ad interim.
In base alla legge costitutiva promulgata da Re Fahd nel 1972 il paese deve essere retto dai discendenti di re Abdel Aziz Al Saud basandosi sulla legge islamica, e il Corano è la costituzione del Regno. Il Comitato di riconoscimento di sudditanza , composto dai figli e dai nipoti di Abdel Aziz ibn Saud, non si è mai riunito per evitare di rendere pubbliche le divergenze di opinione in seno alla famiglia. Gli altri figli del re, per lo più governatori delle grandi province, si ritengono autorizzati dall’età e dalla prossimità al re ad esercitare il potere, e sono scontenti dell’emergere di Naef.
Naef è un buon amministratore ed ha dato prova di saper governare; è stato molto apprezzato il suo modo di reagire alle minacce di al Qaeda. Ma si avvicina anche lui agli 80 anni. Accanto a lui scalpitano i discendenti più giovani: il figlio del re Mited, nominato la scorsa settimana capo della Guardia Nazionale, responsabile della sicurezza interna. E il figlio di Naef, incaricato dal padre della lotta ai terroristi.
I sudditi aspettano con ansia gli eventi. L’interim a Naef è a termine, scadrà al ritorno del principe Sultan. Se ci dovesse essere una crisi grave per la sicurezza o per l’economia, che cosa succederebbe? Chi potrebbe prendere decisioni urgenti e importanti? Il re avrebbe potuto nominare Naef suo successore, o avrebbe potuto riunire il Comitato per nominare qualcuno ben accetto all’intera famiglia, ma non l’ha fatto.
(Zvi Mazel, già Ambasciatore israeliano in Romania, Svezia ed Egitto, è
membro del Jerusalem Centre for Pubblic Affairs and State)