Da Robespierre a Bin Laden, il pessimismo ci salverà Giulio Meotti recensisce ' The uses of pessimism and the danger of false hope' di Roger Scruton
Testata: Il Foglio Data: 27 novembre 2010 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Da Robespierre a Bin Laden, il pessimismo ci salverà. Il libro di Scruton»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 27/11/2010, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Da Robespierre a Bin Laden, il pessimismo ci salverà. Il libro di Scruton".
The uses of pessimism and the danger of false hope, Roger Scruton, Giulio Meotti
Un grande scienziato e umanista, Erwin Chargaff, diceva che “soltanto i pessimisti scrivono bene”. L’ultimo libro di Roger Scruton, “The uses of pessimism and the danger of false hope” (Oxford University Press), è un elogio del pessimismo contro l’idealismo, il razionalismo e l’utopismo. Giudicato dal New Yorker come “uno dei più influenti filosofi al mondo”, nel libro Scruton attacca gli “ottimisti senza scrupoli” e ne enumera le tragedie: la liquidazione staliniana dei kulaki, l’eugenetica nazista, il maoismo, lo scientismo, l’eurocrazia, l’islam politico, il modernismo architettonico, tutti effetti o prodotti della fallace certezza ottimistica. “Il risultato è il più demoralizzato dei mondi che abbiamo mai conosciuto”, spiega Scruton. “Il pessimismo è necessario non per neutralizzare la fiducia nell’unicità dell’uomo, ma per proteggerla”. Il pessimismo è diverso dal “nichilismo misantropo”, perché questo afferma una visione secondo cui “noi siamo ‘soltanto’ animali, senza distinguerci da ratti e vermi, senza diritto ai privilegi che ci spettano in quanto esseri morali che perseguono il bene”. L’autore non risparmia critiche alla “psicologia evoluzionistica”, che attraverso l’adattamento “pretende di spiegare l’altruismo, la fedeltà sessuale, l’amore per la bellezza”. Scruton attacca anche il multiculturalismo, “la risposta degli ottimisti ai problemi posti dall’immigrazione di massa” e il cui errore consiste nel pensare che “ogni cultura è buona di per sé”. Scruton accosta in modo irriverente i nomi di Robespierre, Lenin, Hitler, Sartre, Mao e Bin Laden. Perché se “il terrorismo ha una naturale affinità con l’utopismo fallace”, allora “l’ottimismo senz’anima dei transumanisti ci ricorda che dobbiamo essere sospettosi, perché la nostra felicità dipende da questo”. Il libro celebra la cultura dell’ironia contro quella dominante del sentimentalismo e del sarcasmo, cupe forme di risentimento. “Sono un figlio degli anni Sessanta e ho visto tutto questo accadere: una società nata dall’abbondanza di baby boomers che distrugge tutto quello che l’aveva resa possibile. Un ottimo esempio di speranza che proviene dal nulla”. Scruton porta un esempio per spiegare come l’ottimismo possa implodere. Mohamed Atta, quando lanciò il volo 11 dell’American Airlines contro la torre nord del World Trade Center, l’11 settembre 2001, stava esprimendo tutto il suo risentimento verso quanto l’edificio simbolizzava: il trionfo del materialismo, il successo e la ricchezza dell’America, lo strapotere dell’alta finanza, l’arroganza della città moderna. Stava dichiarando un vecchio rancore nei confronti del modernismo in architettura, contro cui Atta si era già espresso nella sua tesi per il master alla facoltà di architettura di Amburgo. La tesi trattava dell’antica città di Aleppo, devastata dal presidente siriano Hafez al Assad durante la sua lotta contro la Fratellanza Musulmana, ma ancora più devastata dai grattacieli che prendono il posto delle antiche strade e superano in altezza le sottili dita imploranti delle moschee. Questo modernismo distruttivo era, per Mohammed Atta, un simbolo dell’empietà del mondo moderno e del brutale disprezzo verso la città islamica.
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