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Informazione Corretta Rassegna Stampa
22.11.2010 In Iraq,la caccia ai gay è aperta
Ma la notizia non fa notizia per i media occidentali

Testata: Informazione Corretta
Data: 22 novembre 2010
Pagina: 1
Autore: Blaise Gauquelin
Titolo: «In Iraq,la caccia ai gay è aperta»

"In Iraq,la caccia ai gay è aperta", è il titolo di questo reportage del giornalista Blaise Gauquelin da Baghdad. Caccia aperta e benedetta dall'ayatollah Sistani.  Anche questo è l'Iraq del dopo Saddam, il che ci fa riflettere sulle possibilità di riforma presenti nell'islam

(nella foto a destra, esecuzione di omosessuali nelle strade)

 Ecco il drammatico racconto di Ali Hili.
l'articolo è apparso in francese sul sito:
http://www.rue89.com/2007/11/01/en-irak-la-chasse-aux-gays-est-ouverte

(traduzione di Jocelyne Cohen Mosseri)

 
il grande ayatollah Ali Sistani, dopo la sua fatwa, le milizie sciite braccano gli omosessuali che vivono nascosti.

 Con i suoi occhiali di tendenza e la sua barba ben curata, Ali Hili potrebbe sembrare un gay di Londra trendy. Lo è. Ma non solo. Perché gli piace incontrare i sui amici nei bar alla moda di notte; ma quando è giorno, la sua vita si fa piú militante e meno glamour. In effetti, Ali Hili, 34 anni, è fuggito dall'Iraq nel 2002. All'epoca, viveva a Bagdad con un diplomatico straniero e la sua relazione era nota. Il regime di Saddam ha quindi voluto servirsi di lui come spia, per ottenere informazioni. Dopo essere passato dalla Giordania, Dubai, la Turchia e i Paesi Bassi, è arrivato a Londra, dove la sua domanda d'asilo è stata respinta piú volte. Oggi, la sua pratica è in fase di appello, ma lui non si fa illusioni.
"Prima, c'erano i night-clubs gay a Bagdad" Nel 2005, traumatizzato dagli assassini a catena dei suoi amici rimasti al paese, ha fondato un'associazione. Da allora, l'Iraqi LGBT aiuta le minoranze sessuali a nascondersi per sfuggire alle retate delle milizie sciite e a fuggire a all'estero, per richiedere come lui asilo politico.
La sua voce è calma e l'uomo ha imparato a parlare a bassa voce: "Dall'invasione anglo-americana, la vita delle minoranze sessuali è diventata impossibile a Bagdad. Prima, sotto Saddam Hussein, lo stato era laico e, difficile a credersi, era possibile avere una vita omosessuale; esistevano i nights gay. Oggi, il caos ha permesso al terrore islamico sciita di impiantarsi e i gay sono perseguitati." Per gli amici di Ali, l'orrore è cominciato dopo che il grande ayatollah Ali Al-Sistani aveva lanciato una fatwa (decreto religioso) sul suo sito Internet. In marzo 2006, il capo spirituale degli sciiti in Iraq chiamava i fedeli ad uccidere gli omosessuali "nel peggior modo possibile". Nel frattempo, la pagina è stata ritirata, ma non la fatwa. E sulle pagine in francese del sito, tuttora, l'ayatollah risponde ancora senza remore alle domande degli internauti sciiti francofoni in materia di sodomia. "Da quando Al-Sistani ha lanciato quest'appello, gli attacchi, le minacce, le torture e gli omicidi omofobi si sono moltiplicati. I fondamentalisti vogliono ripulire l'Iraq dai suoi omosessuali. C'è una milizia, l'esercito del Mahdi, diretto da Moqtada Al Sadr, leader degli sciiti radicali. Questa milizia terrorizza i gay. E i suoi legami con il ministero dell'interno sono risaputi." Sul suo blog, Ali Hili tiene meticolosamente aggiornato il conteggio delle vittime della caccia agli impuri, e ha costretto, nel dicembre 2006 e marzo 2007, l'ONU e il Dipartimento di Stato americano a condannare l'inazione del governo iracheno. Ciò non è stato fatto a cuor leggero, visto che i repubblicani sono così riluttanti a criticare il gabinetto già precario del primo ministro Nouri Al-Maliki. A gennaio, quest'ultimo, tramite il suo porta-voce, Ali al-Dabbagh, ha rimproverato la comunità internazionale di occuparsi di un soggetto tabú per gli Iracheni. "Il rapporto dell'ONU parla del fenomeno dell'omosessualità e dà loro dei diritti. Tali posizioni non sono sopportabili per la società irachena. E' rigettato. [Le Nazioni Unite] devono rispettare i valori e le tradizioni, qui, in Iraq." "Parecchi nostri membri sono già morti dopo aver parlato con i media" Da questa presa di posizione, non si è mosso niente e la situazione si sta impantanando. Ali Hili lo deplora. "Siamo tutta una rete, ma purtroppo sono l'unico a svelare la mia faccia e a dare interviste, perché parecchi nostri membri sono già morti dopo aver parlato con i media. Perciò non mostriamo i nostri progetti alla stampa e la conseguenza è terribile: nessuno parla di noi". Il tono è un po' amaro perché l'Associazione Iraqi LGBT, che ha fondato con l'aiuto del veterano inglese per la liberazione omosessuale, Peter Tatchell, non ha più i mezzi finanziari per pagare le medicine alle persone sieropositive né di mantenere le case anonime adibite a rifugio degli omosessuali minacciati di morte. Mercoledì, due di queste hanno chiuso i battenti. Tramite un militante sul terreno, dopo aver dato la parola d'ordine, è possibile discutere al telefono, in un inglese approssimativo, con alcuni di questi omosessuali braccati, terrorizzati tra cui alcuni non sanno dove andare. Nessuno doveva sapere dove si trovavano queste case. Coloro che ci vivevano sono scampati a retate, hanno ricevuto minacce oppure sono famigliari di gente assassinata. Non possono più lavorare, non riescono a lasciare il paese. La loro omosessualità è nota agli islamisti. Uno di loro racconta – naturalmente, senza che sia possibile verificare la sua storia: "Il proprietario si è ripreso le chiavi mercoledì. Non ce la facevamo più a pagare l'affitto e le spese ammontavano a 2000 dollari al mese, se calcoliamo lo stipendio delle due guardie che ci proteggevano. Eravamo una dozzina di omosessuali a vivere qui e oggi, non so dove andare. Dormo da un amico, le milizie ci troveranno." Egli racconta come è sfuggito alla morte quest'estate: "Membri delle milizie si sono spacciati per omosessuali sul web e mi hanno dato appuntamento. Era in luglio. Mi hanno sequestrato e torturato. Volevano che facessi il nome di altri gay. Poi, mi hanno portato nel deserto, dicendo che mi avrebbero ucciso. Poi, hanno ricevuto una telefonata e sono partiti precipitosamente. Sono ancora allibito di essere sempre in vita." Le testimonianze di questo genere sono molto numerose. Di fronte a queste, Ali Hili deplora la sua impotenza: "Sono disperato e provo un po' di vergogna. Perché non posso più promettere cose che non posso offrire. Anch'io, non ho il diritto di fare nulla poiché ho richiesto asilo. Né di lavorare, né di viaggiare. Sono in sopravvivenza. Iraqi LGBT, l'unica associazione al mondo che viene in aiuto ai gay iracheni non riceve alcun sussidio da parte del governo britannico. Eppure, è utile e seria. Noi lavoriamo con Human Right Watch e Amnesty International."


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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