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La Stampa Rassegna Stampa
21.11.2010 Una leccatina a Fidel da chi indossa ancora l'eskimo verde
Cuba vista da Mimmo Càndito

Testata: La Stampa
Data: 21 novembre 2010
Pagina: 15
Autore: Mimmo Càndito
Titolo: «E Castro disse: viva il dissenso»

Per alcuni giornalisti Cuba rimane l'isola della rivoluzione, Fidel un eroe, e gli Stati Uniti il cattivo della storia. Fra questi Mimmo Càndito, che non  perde mai occasione per abbandonarsi alla nostalgia delle utopie che furono. Lo fa oggi, 21/11/2010, a pag. 15, sulla STAMPA con una colonna dal titolo " E Castro disse: viva il dissenso ", una tesi difficilmente credibile, ma che ben si adatta a chi indossa ancora, anche se solo mentalmente l' "eskimo verde" di rivoluzionaria memoria.
Ecco il pezzo:


a sin.il libro che racconta i giornali ai tempi dell'utopia rivoluzionaria
a destra, il risultato della rivoluzione, un dittatore spietato tuttora al potere

Da rivoluzione a transizione. Che succede a Cuba? Se non fosse che ormai vogliamo sempre «l’evento», l’atto spettacolare, il botto mediatico, come la rivolta di Praga o la ribellione di Bucarest contro Ceausescu, quanto sta accadendo senza grandi clamori in questi giorni a Cuba ci avrebbe già convinto che all’Avana si è però consumato un fatto storico: la Revoluciòn si ritira in un angolo, e comincia autenticamente la Transizione. L’annuncio del nuovo congresso del Partito comunista, e le 32 pagine della tesi congressuale distribuita in ogni angolo dell’isola, certificano che i piccoli gesti politici, più o meno simbolici, compiuti finora da Raùl hanno di fatto preparato la discontinuità dalle ortodossie che per metà secolo hanno retto il potere dell’isola. Non è soltanto l’apertura economica all’iniziativa privata, il licenziamento di un milione di dipendenti pubblici, la fine della «libreta», i barbieri e i parrucchieri in proprio, gli alberghi per stranieri accessibili anche ai cubani, i telefonini e la tanto agognata accozzaglia elettronica - no, ora c’è anche il dissenso. Il «Granma», quotidiano ufficiale del pcc, riportando del seminario che per quattro giorni ha inchiodato Raùl a confrontarsi con i più alti quadri del partito «per spiegare» le nuove misure, ha scritto una frase che vale un proclama: «Il Presidente ha detto che la vita si arricchisce quando vi sono discrepanze e diversità di vedute». Era cominciata con il riconoscimento di un ruolo ufficiale per la Chiesa, ch’era di fatto la rottura del monopolio dello spazio politico, da sempre appartenenza esclusiva del partito nei regimi comunisti. Ora si arriva al dissenso all’interno del partito. Non è questione di esercizio di cremlinologia; un tempo finisce. E per questo nell’isola ci si è chiesti se davvero sia così, se il ribaltone sia davvero sostenuto anche dal totem che sta nell’ombra; la risposta è arrivata con chiarezza (la chiarezza delle liturgie di regime) attraverso un discorso che Fidel ha tenuto all'Università: «Sono felice perché Cuba si muove, cambia, risponde alle sfide di oggi». Passeranno ancora mesi, e forse anche un anno, e una flessibilità di Washington sarà sempre più fondamentale ad evitare imbarbarimenti. Ma lo ha detto Raùl: «Non abbiamo alternative».

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