Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Quella scritta all'Aeroclub di Treviso Ignoranza ? Cattivo gusto ? troppo facile, è molto più grave
Testata: Corriere della Sera Data: 20 novembre 2010 Pagina: 31 Autore: Paolo Di Stefano Titolo: «Il motto sul cancello che cita Auschwitz tra gli aerei di Treviso»
Non ci vengano a dire che si tratta di 'cattivo gusto' o di 'ignoranza'. La scritta fatta erigere dal presidente dell'Aeroclub di Treviso Francesco Montagner è il sintomo di un passato che non solo torna, ma che comincia a radicarsi con sempre maggior frequenza. Qui non si tratta di giovani neonazi fanatizzati, nè di svastiche tatuate sul braccio di qualche demente. Escludiamo che l'ingegner Montagner appartenga a queste categorie, per questo il suo comportamento è doppiamente grave. Non solo la scritta va rimossa e distrutta, ma il suddetto ingegnere sarà bene che venga avviato a qualche servizio sociale affinchè apprenda cosa quella scritta ha rappresentato. Dalle sue dichiarazioni si direbbe che lo sa, in questo caso il fatto è ancora più grave. Riprendiamo la cronaca di Paolo Di Stefano dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/11/2010, a pag.31, con il titolo " Il motto sul cancello che cita Auschwitz tra gli aerei di Treviso ".
TREVISO — Una protesta di pessimo gusto, come le buone cose di Gozzano? Chiamiamola una protesta di pessimo gusto. I fatti sono presto detti: il direttore dell’aeroporto di Treviso Gianni Antonio Carrer a fine ottobre decide, per motivi di sicurezza, di far recintare lo spazio dell’hangar destinato all’Aeroclub, sede tra l’altro della scuola di aviazione, impedendo l’abituale accesso diretto. Dal 3 novembre meccanici, impiegati, allievi e soci-piloti non possono parcheggiare l’auto nel posteggio antistante, devono aggirare la recinzione e per di più devono munirsi di un pass. La decisione avviene dopo un invito a voce, niente di ufficiale. Nel frattempo, sostiene il presidente dell’Aeroclub Francesco Montagner, sono diminuite del 25 per cento le iscrizioni ai corsi con un notevole danno economico. Dunque, qual è la contestazione? Vedendosi «prigionieri come in un Lager», Montagner e adepti pensano bene di costruire una copia in plastica del lugubre motto che sovrasta il campo di sterminio di Auschwitz: non «Arbeit macht frei» (il lavoro rende liberi) bensì «Fliegen macht frei» (il volo rende liberi). All’ingresso del lager La scritta «Il lavoro rende liberi» che i nazisti montarono all’ingresso del lager di Auschwitz, oggi in Polonia La frase L’insegna montata sul cancello dall’aeroclub di Treviso. La frase, come l’originale al quale si ispira, è in lingua tedesca: Fliegen Macht Frei, ovvero «Il volo rende liberi», macabra citazione di Arbeit macht frei, «Il lavoro rende liberi» (foto Balanza)
La scritta, tenuta insieme con lo scotch, è destinata al lato dell’Aeroclub che guarda le piste, dunque pochissimo visibile dal cittadino comune. Tanto che la protesta avrebbe finito per passare inosservata se lo stesso Montagner non avesse fotografato l’insegna (eretta mercoledì) informando qualche giornale locale. Così, La Tribuna di Treviso ieri si è aggiudicata lo scoop. Le reazioni, come si voleva, non si sono fatte attendere, a cominciare da quella del rabbino capo di Venezia che giudica l’iniziativa un’offesa deliberata alla memoria della Shoah. Non solo, Montagner è stato invitato a rimuovere il manufatto dal direttore dell’Enac, Valerio Bonato, e dal direttore di gestione dell’aeroporto cittadino, Carrer. Il quale a chi gli chiede il suo pensiero sulla protesta, taglia corto dicendo tassativamente: «Io non penso».
«Una cosina artigianale, ma fatta bene», la definisce Montagner, seduto sulla sua poltrona dell’Aeroclub. Pentito? «Assolutamente no». Non potrebbe essere diversamente, visto l’aspetto da cowboy incavolato, blue jeans e giubbotto scamosciato. Incavolato con chi? Con l’Enac, che «continua con le sue vessazioni contro l’aviazione di diporto». Il sospetto di Montagner è che l’Ente nazionale voglia far sloggiare l’Aeroclub per favorire le compagnie di linea. Ma per il momento si tratta di far sloggiare soltanto l’insegna: «E se non verrà tolta, interverrà la magistratura per cancellare una simile onta», avverte il procuratore capo Antonio Fojadelli. Che aggiunge: «Sono esterrefatto: si sta facendo di tutto per dare un’immagine assurda di questa città, che non se lo merita». Il procuratore allude, forse, alla recentissima condanna alla fucilazione contro gli sciacalli dell’alluvione, decretata dal presidente della Provincia Leonardo Muraro. Ma Montagner non si dissocia né da sé né, tanto meno, da Muraro: «È stata una boutade condivisa dal 99 per cento della popolazione, anche se alcuni "bigotti" non hanno il coraggio di ammetterlo». Quanto alla sua iniziativa, mentre cerca di giustificarla, rincara la dose e come si dice a Roma si «intorcina» in improbabili elucubrazioni: «La coreografia dell’Aeroclub, con il filo spinato, suggerisce un collegamento con i Lager nazisti». Avventurandosi in una personalissima valutazione storica: «La simbologia offensiva di quella scritta non deve essere un monopolio ebraico, ma riguarda tanti altri internati: omosessuali, rom e prigionieri politici compresi. Comunque, noi non volevamo offendere nessuno: volevamo dire che se qualcuno, nel ’38 o nel ’39, avesse cominciato a ribellarsi subito alle persecuzioni, le vittime sarebbero state molto meno. Invece la comunità ebraica ha accettato le vessazioni». Vessazioni che oggi l’eroico partigiano Frank (come lo chiamano gli amici), visibilmente, non intende accettare dal Reich-Enac, che peraltro, precisa, ha alti dirigenti «di razza ebraica» (sic!). Comunque: «Oggi i perseguitati siamo noi. Questo era il solo modo per accendere i riflettori sulla nostra situazione e io l’insegna non la rimuovo: tanto sta già cadendo giù a pezzi...».
I soci, secondo il presidente, sono tutti con lui. Ma uno dei tre consiglieri, Danilo Saccoman, era all’oscuro dell’iniziativa e si limita a commentare che «forse si poteva pensare ad altre modalità di protesta». Mentre l’ingegner Stefano Vandelli, socio-pilota modenese, non esita a dissociarsi: «Quella di Montagner è una decisione molto grave e un incidente diplomatico». E c’è chi dice che il 28 prossimo, nell’assemblea straordinaria, il Consiglio chiederà le dimissioni del partigiano Frank.
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.