Un amore perfetto Howard Jacobson
Cargo Euro 20
“Erano le quattro di un pomeriggio ancora tiepido. Passeggiavo con mia moglie per il quartiere di Marylebone, a Londra. Fuori dai ristoranti i camerieri fumavano aspettando il turno della cena. In quell’ora in bilico tra la notte e il giorno, che è la più sensuale, ho avuto l’idea di scrivere di gelosia e passione”. Howard Jacobson, 67 anni, candidato al Man Booker Prize, racconta così la genesi di “Un amore perfetto”, diario della raffinata ossessione erotica di Felix Quinn, librario antiquario londinese, per la consorte Marisa, borghese affascinante con una mente da filosofa. Ossessionato dall’idea di perderla, Felix la spinge tra le braccia del giovane Marius. “Ama qualcuno con sufficiente intensità e avrai accesso a tutto il dolore che si possa desiderare” è il suo credo. E straordinaria è la capacità di Jacobson di portarlo alle estreme conseguenze.
Il rarefatto scenario borghese di questo libro è lontano dal “piccolo mondo ebraico” di altre sue storie.
In “Un amore perfetto” non c’è alcun riferimento all’ebraismo, tuttavia è forse il più ebraico dei miei romanzi, basato com’è sul legame sofisticato tra sesso, humour e letteratura.
E’ intessuto di riferimenti alla “letteratura della gelosia”. Ma oggi non è cambiato tutto, in questo campo?
Da Shakesperare a Dostojevski a Tolstoj, non si può negare che il tradimento sia il motore dell’arte. Ma è il tradimento reale, o meglio ancora l’avventura mentale del tradimento. Non certo la clandestinità “virtuale” su facebook e nelle chat, dove si sa di non mettere in gioco nulla. Quello è un aspetto che non conosco, e che non mi interessa.
Lara Crinò
La Repubblica delle donne