La liberazione di Aung San Suu Kyi, viene raccontata da Carlo Panella oggi su LIBERO, a pag.19, con il titolo " Libera la dissidente Suu Kyi, la Birmania torna a sperare".
La giunta dei generali “so - cialisti” (cioè, comunisti) della Birmaniaha cedutoalle pressioni internazionali e ieri ha liberato Aung San Suu Kyi, la leader ghandiana dell’opposizione detenuta agli arresti domiciliari da quasi 15 anni. Bellissima, come sempre, raggiante e commossa, San Suu Kyi si è affacciata all'ingresso della sua casa di Rangoon, circondata da migliaia di simpatizzanti (la notizia era nell’aria da giorni) e li ha salutati: «Ora dobbiamo lavorare tutti insieme di comune accordo ». Poi, con una bellissima citazione biblica, ha aggiunto: «C’è iltempodel silenzioequello della parola, le personedevonolavorare all'unisono: solo così si potranno raggiungere i nostri obiettivi». Sempre col sorriso sul volto, sempre capace di infondere serenità e forza, sempre tesa a impedire qualsiasi confronto violento in un Paese che vive sotto il tallone di ferro di una giunta militare dal 1962, con qualche breve intervallo, la cui ferocia è stata vista da tutto il mondo nel settembre del 2007, quando ha represso con violenza sanguinaria le manifestazioni dei monaci buddisti, scesi nelle strade a chiedere democrazia. Nella biografia di San Suu Kyi è racchiusa tutta la recente storia della Birmania. Suo padre, il generale Aung San, eroe della lotta contro la feroce occupazione militare giapponese durante la seconda guerra mondiale, era il leader della componente nazionalista del partito comunista. Fu ucciso dai suoi stessi compagni, fedeli a Pechino, nel 1947, perché non era disposto a obbedire al “partito fratello” cinese. Il testimone del padre, fu allora preso dalla madre di Aung, Khin Kyi, che divenne uno dei leader del movimento democratico, che poi portò con se Aung in India, dove fu nominata ambasciatrice. Qui, Aung entrò in contatto con i circoli dirigenti indiani e si formò nella cultura politica nonviolenta del Mahatma Ghandi. Laureata ad Oxford e poi a New York, lavorò a lungo all’Onu e ritornò inpatria solo nel 1988, per prendere il posto e la leadership della madre. Il prestigio della famiglia (come spesso succede in Asia) e il suo straordinario carisma personale, la fecero diventare punto di riferimento per tutto il movimento democratico tanto che nel 1989 fu posta agli arresti domiciliari e le fu proposta la libertà, ma solo se avesse accettato l’esilio.Ma Aung Suu Kyi rifiutò, dimostrando una straordinaria tempera. Leader della Lega Nazionale per la Democrazia ottenne una vittoria schiacciante nelle elezioni che la Giunta militare fu costretta a indire nel 1990. La reazione della Giunta guidata dal generale Saw Maung fu feroce: Aung Suu Kyi fu infatti arrestata per la seconda volta e le elezioni furono invalidate. Nel 1991, le fu assegnato il Nobel per la Pace, a riconoscimento della sua straordinaria levatura personale e ideale, oltre che politica. Nel 1995 la Giunta revocò gli arresti domiciliari ma le impose forti limitazioni di movimento, le impedì persino di vedere non solo tutti i suoi familiari, ma anche il marito Michael Aris nei due anni in cui questi lottò col cancro che lo uccise nel 1999. Nel 2003, l’attentato organizzato dai Sevizi Segreti agli ordini della Giunta: la sua vettura fu colpita da sventagliate di mitra, e Aung si salvò per miracolo. Da allora è stata tenuta agli arresti domiciliari, nonostante i suoi gravissimi problemi di salute e nel 2009 è stata addirittura condannata ad altri 7 anni di reclusione, dopo che un mormone americano demente aveva raggiunto a nuoto la sua casa per incontrarla. Ora, finalmente, la Giunta, sottoposta a fortissime pressioni internazionali (anche economiche) è stata costretta a liberarla. Ma è solo un primo passo. È infatti ben difficile che i generali le permettano di tornare giocare un ruolo politico in una Birmania - ridenominata dalla Giunta Myanmar - che era uno dei più floridi e ricchi dell’Asia e che “l’economia socialista” im - posta dai generali, fortemente appoggiati dal PartitoComunista cinese, ha ridotto alla miseria e al sottosviluppo.
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