Amos Oz a Torino, un successo di pubblico straordinario, ma sui giornali oggi hanno avuto quasi più spazio gli otto cretinetti ignoranti che l'hanno contestato chiamandolo 'guerrafondaio'. Nutriti come sono di solo odio per Israele, non ne conoscono le idee e le posizioni politiche. Gli basta che sia israeliano per insultarlo.
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/11/2010, a pag. 16/16 cronache e commenti.
Raphael Zanotti: " Contestato a Torino lo scrittore Amos Oz"
All’interno del Teatro Regio di Torino, 1500 studenti venuti ad ascoltarlo come scrittore israeliano impegnato nel processo di pace in Medioriente. Fuori, una quindicina di attivisti di «Free Palestine» pronti a contestarlo come intellettuale «organico alla politica militare di Tel Aviv contro i palestinesi».
Strano destino quello di Amos Oz, giornalista e docente, premiato domenica scorsa ad Alba con il Premio Salone Internazionale del Libro di Torino. Considerato in patria quasi alla stregua di un traditore per il suo sostegno alla «soluzione dei due Stati», Oz sembra non trovare pace nemmeno in territorio straniero. Segno evidente di quanto la complessità della situazione mediorientale produca paradossi.
Ieri, ad accogliere l’autore di «Una storia di amore e di tenebra», c’erano due striscioni: sul primo la scritta «Free Palestine. Boicotta Israele»; sul secondo, l’elenco dei 1800 nomi di palestinesi morti durante l’operazione «Piombo Fuso», azione bellica condotta da Israele contro Hamas nel 2008 e condannata anche da un rapporto del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu.
«Un gesto antisemita da condannare duramente - ha dichiarato Gianni Vernetti, parlamentare Api e già sottosegretario agli Affari Esteri - Contestare un intellettuale solo perché israeliano ed ebreo è totalmente inaccettabile». «Raramente ho visto sciocchi come i militanti di “Free Palestine” - ha invece sostenuto il responsabile delle politiche europee del partito socialista Luca Cefisi - Oz è un sostenitore del partito Meretz, all’opposizione in Israele».
Ma gli attivisti di «Free Palestine», che in mattinata avevano distribuito volantini contro Amos Oz e i suoi scritti, non hanno mollato la presa e nel pomeriggio hanno organizzato una seconda contestazione davanti alla libreria Luxemburg di piazza Carignano dove lo scrittore ha presentato il suo libro «Contro il fanatismo» insieme a Elena Loewenthal, traduttrice dei suoi testi dall’ebraico all’italiano.
«Sono persone che si parlano addosso e che rifiutano ogni confronto - ha commentato fuori dalla libreria Angelo Pezzana, esponente della comunità ebraica torinese - Solo una persona accecata dall’odio per Israele e sordo a ogni richiamo al dialogo può dire, come è stato detto, che Oz è un guerrafondaio».
Ma «Free Palestine», che nel 2008 contestò la partecipazione al Salone del Libro proprio di Amos Oz, di David Grossman e di Abraham Yehoshua (perché considerati scrittori israeliani filo governativi) ha subito replicato alle critiche. «Solo chi non segue attentamente quel che succede in Medioriente può ritenere Amos Oz un pacifista - dichiara Dana Lauriola, di “Free Palestine” - La retorica dei due Stati che dovrebbero vivere da separati in casa sostenuta da Oz non ci convince. Oz, con i suoi scritti, ha promosso l’attacco di Israele contro il Libano e ha giustificato l’operazione “Piombo Fuso” come azione tesa a migliorare la sicurezza degli israeliani. Oz, quando gli si chiede come può sostenere la nascita di due Stati quando quello palestinese non ha continuità territoriale a causa degli insediamenti dei coloni ebrei, non risponde, non affronta le contraddizioni». Un’accusa che i sostenitori di Oz ribaltano sui manifestanti: «Non si rendono conto della violenza delle loro azioni. Che senso ha contestare, per giunta in quel modo, uno dei pochi intellettuali israeliani che ha parlato di nascita dello Stato palestinese quando ancora sembrava un’eresia?».
In serata lo scrittore ha cenato al ristorante del Cambio. Come per tutta la giornata, i suoi movimenti sono stati seguiti da una nutrita schiera di agenti di polizia che hanno impedito si verificassero incidenti.
Elena Loewenthal: " Ma a Teatro ho trovato una generazione di giovani promettenti "
Amos Oz scende dall’auto con tanto di scorta e con i suoi occhi profondi riserva uno sguardo stupito alla scena: un megafono, una bandiera, un gruppo di gente che parla di lui. Tutt’intorno, uno schieramento di polizia. Poi varca la soglia della libreria Luxembourg e si siede insieme ai suoi lettori. «Quando sono in Israele mi capita spesso di vedere scene del genere. Sono gli oltranzisti del fronte opposto a questo, che manifestano contro di me. Almeno così so di essere sulla strada giusta».
Dopo questa frase, torna il sorriso. E’ qui per parlare dei suoi libri, delle sue storie ma soprattutto della sua convincente teoria sul fanatismo. Ne ha discusso per tutta la settimana, con gli studenti del Piemonte.
«Ho trovato una generazione di giovani davvero promettente. Mi hanno fatto domande intelligenti, cioè difficili. E pensate, hanno ascoltato le mie risposte. Se questa è la gioventù italiana, e sono sicuro che lo sia, un roseo futuro attende il vostro bel paese. Sul presente, non mi pronuncio».
Amos Oz ha un modo tutto speciale di calibrare le parole, mettere i punti in fondo alle frasi. Sono sempre molto eloquenti, le sue pause. E spesso condite dal suo sorriso strabiliante, saggio e ironico, caldo e ricco.
«La curiosità è una virtù morale. La persona curiosa non sarà mai un fanatico. Perché la curiosità è quello che ti permette di entrare nei panni degli altri, immaginare fuori di se stessi. Cosa di cui non è capace il fanatico».
E quando qualcuno gli chiede se secondo lui anche in Italia ci sono fanatici, risponde brevemente, ma in modo significativo.
«I fanatici sono ovunque. Il fanatico è il vegetariano che ti mangerebbe vivo perché stai tagliando una bistecca. Il fanatico è quello che, di fronte alla tragedia del conflitto israelo palestinese, che è una tragedia perché è il confronto fra due diritti, pensa di trovarsi davanti a un film western, con tutti i cattivi da una parte e tutti i buoni dall’altra. Non è questo il modo di aiutarci, noi israeliani e palestinesi. E devo dire che sono contento di confrontarmi con i palestinesi, invece che con i filo palestinesi. Con i primi, me la intendo decisamente meglio».
redazionale: "La città che tradisce se stessa "
Mille e cinquecento ragazzi hanno ascoltato con viva attenzione la lezione che Amos Oz ha pronunciato ieri al teatro Regio e alla fine hanno posto domande intelligenti e pertinenti. Fuori dal teatro, e in serata davanti alla libreria Luxemburg, un gruppetto di fanatici lo ha contestato.
Cosa rimproveravano a uno scrittore che, come Yehoshua e Grossmann e molti altri, dal fronte di quel pezzo di mondo dove si misura ogni giorno il senso della vita, hanno sempre saputo distinguere le ragioni degli uni e quelle degli altri? Il fatto di essere israeliano. Torino, dopo le contestazioni avvenute durante la festa del Pd, si ritrova segnata da un virus di fanatismo che non le appartiene. Amos Oz, uno dei fondatori di «Peace now», convinto sostenitore del diritto dei palestinesi ad uno Stato, ha reagito con l’eleganza di chi è abituato a ben altro. Nel suo paese, ci ha detto, in genere sono i fanatici dell’altra parte a contestarlo. Ma noi che a Torino ci viviamo non possiamo accontentarci del garbo del nostro ospite e chiederci di nuovo dove si sono perdute le coordinate costitutive della città a cominciare dalla passione per il confronto, anche duro, ma sempre civile.
Tollerare gli intolleranti non è solo faticoso, è desolante. I ragazzi del Regio, ci ha detto Oz, fanno sperare per il futuro. Ma adesso?
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