Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/11/2010, a pag. 53, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo "Il miraggio della ripresa economica motore del compromesso iraqeno".

Nuri al Maliki
Ancora in Iraq non c’è governo, ma ieri è stato perlomeno annunciato l’accordo di principio per la sua formazione. Un risultato scarno, più dettato dalla necessità di superare lo stallo e lanciare un segnale rassicurante di fronte al ritorno del terrorismo, che conseguenza di un solido compromesso politico. In sintesi: a quasi 8 mesi dalle elezioni del 7 marzo, il premier sciita Nuri al Maliki e il rappresentante del fronte sunnita, Yiad Allawi, dovevano in qualche modo compiere un passo avanti. Specie dopo i gravissimi attacchi contro la comunità cristiana degli ultimi giorni, non potevano più permettersi di litigare dietro le quinte sulle condizioni per la formazione di un governo di unità nazionale. Il risultato è la ripetizione, ma questa volta pubblica, di formule in discussione già da molti mesi. Maliki resta premier: è il suo secondo mandato dal voto del 2005. Il blocco curdo mantiene il controllo della presidenza del Paese, ma perde il dicastero degli Esteri, che va ai sunniti.
Punto delicato, e ancora tutto da definire, è però il ruolo di Allawi. Sin dall’inizio dell’estate è prospettata la sua nomina alla guida di un non meglio chiarito Consiglio per le Politiche Strategiche. Si tratta ora di capire se Allawi avrà davvero diritto di veto sul gabinetto. Il suo ufficio sarebbe altrimenti privo di potere reale. «Se entro un mese non saranno definite le prerogative di Allawi sul governo romperemo l’alleanza con Maliki», minacciavano ieri sera i suoi sostenitori.
Non occorre ripetere dunque quanto fragili siano le intese raggiunte nelle ultime ore. Va però sottolineata la forza trascinante di una coalizione funzionante in Iraq. Si potrebbe finalmente rimettere in moto la macchina produttiva, firmare i contratti pendenti con le compagnie straniere per l’estrazione dagli immensi giacimenti di greggio, dare avvio alla ricostruzione. E proprio il miraggio della ripresa economica potrebbe costituire il motore primo del compromesso politico.
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