L'Iran non è entrato in 'Un Women', ma l'Arabia Saudita sì. C'è differenza fra i due ? Commenti di Fiamma Nirenstein, redazione del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 12 novembre 2010 Pagina: 1 Autore: Fiamma Nirenstein - La redazione del Foglio Titolo: «Continuano paradossi con Arabia Saudita nell'Agenzia per i diritti delle donne - Perché Un Women si meritava l’Iran»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/11/2010, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Perché Un Women si meritava l’Iran ", preceduto da una dichiarazione di Fiamma Nirenstein dal titolo "Continuano paradossi con Arabia Saudita nell'Agenzia per i diritti delle donne".
Fiamma Nirenstein - " Continuano paradossi con Arabia Saudita nell'Agenzia per i diritti delle donne"
Fiamma Nirenstein
"Grazie alla pressione internazionale, l'Iran non ha potuto ieri ottenere un seggio che avrebbe messo in ridicolo la nuova Agenzia Onu per le Donne (UN Women), dato che l'Iran è un paese in cui le donne vivono in una condizione di discriminazionew assoluta, nonché di pericolo a causa di leggi che puniscono l'adulterio con la lapidazione, e questo è solo il picco di un'altra quantità di leggi discriminatorie. Tuttavia, le consuete contraddizioni dell'Onu restano aperte: da ieri siede infatti nel direttivo di UN Women l'Arabia Saudita, che a sua volta applica leggi sulla famiglia poligamica e che mantiene la donna in uno stato di totale suddittanza al maschio. Rischiamo che anche questa nuova Agenzia dell'Onu diventi ostaggio di una mentalità che, pretendendo di difendere i diritti umani, di fatto li affossa". www.fiammanirenstein.com
Il FOGLIO - " Perché Un Women si meritava l’Iran "
Ali Khamenei
Alla fine l’Iran non entrerà nel direttivo di Un Women, l’agenzia Onu alla quale, dallo scorso luglio, è stato affidato il coordinamento di tutte le attività finalizzate alla “parità di genere”, prima frammentate tra quattro diverse sigle. L’autocandidatura dell’Iran alla superagenzia onusiana per i diritti delle donne aveva provocato notevole sconcerto, se non altro per la coincidenza temporale con le notizie sulla condanna alla lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani. La delegazione degli Stati Uniti alle Nazioni Unite aveva manifestato da subito una netta opposizione, e altre l’avevano seguita (in Italia, trenta donne parlamentari avevano chiesto all’Alto commissario per i Diritti umani di considerare la poca credibilità iraniana per quell’incarico). Gran sospiro di sollievo, quindi, ora che non l’Iran ma l’Arabia Saudita è stata accolta nel direttivo di quarantuno paesi di Un Women (e peccato se, come ha scritto Fiamma Nirenstein, “a sua volta applica leggi sulla famiglia poligamica e mantiene la donna in uno stato di totale sudditanza”). Altro sospiro di sollievo perché, tra i quarantuno, c’è naturalmente la Cina, molto titolata a difendere tutti i diritti, soprattutto quelli delle donne. Tranne quello a nascere, se si è femmine, visto che l’aborto delle bambine è pratica incoraggiata e spesso forzata (anche all’ottavo mese, come è stato più volte documentato, l’ultima volta poche settimane fa). Sarà che non ci aspettiamo molto da un’agenzia che avrà a capo l’ex presidente cilena Michelle Bachelet, dal curriculum più che adeguato a una linea – quella dell’Onu – che quando parla di diritti delle donne pensa soprattutto ai “diritti riproduttivi”: aborto, contraccezione e sterilizzazione. E proprio perché non ci aspettiamo molto, la candidatura dell’Iran non ci sembrava così inopportuna. Sul piano del family planning, alfa e omega della libertà femminile secondo l’United Nations Population Fund, il paese degli ayatollah ha dato ottime e zelanti prove. A cominciare dalla fatwa di Khomeini per promuovere la contraccezione, sotto il benevolo controllo dell’Unpfa, in Iran trionfano i diritti riproduttivi e scompaiono tutti gli altri.
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