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La Stampa Rassegna Stampa
10.11.2010 La Turchia non può entrare in Europa perchè non ne condivide i valori
Francia e Germania che c'entrano ?

Testata: La Stampa
Data: 10 novembre 2010
Pagina: 17
Autore: Marco Zatterin
Titolo: «Ue, la Turchia su un binario morto»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/11/2010, a pag. 17, l'articolo di Marco Zatterin dal titolo " Ue, la Turchia su un binario morto ".


Angela Merkel     Nicolas Sarkozy              Recep Erdogan

Zatterin scrive sull'eventualità dell'ingresso della Turchia in Europa : " qui le discussioni sono inchiodate. Il dialogo è in apparenza bloccato da questioni giuridiche e politiche, il caso curdo, le frizioni con Atene, i diritti umani, la discriminazione religiosa, la condizione della donna. La realtà è però che Francia e Germania non ne vogliono sentire parlare. ". Come se i vari motivi elencati non fossero sufficienti a destare perplessità in Francia e Germania, come se l'ingresso della Turchia in Europa fosse bloccato solo dai capricci di due Stati.
La Turchia non può entrare in Europa per i motivi che Zatterin ha scritto, anche se, purtroppo, sembra che siano solo Francia e Germania a rilevarlo.
Ecco l'articolo:

Il Montenegro prende finalmente il treno che porta all’Unione europea, convoglio affollato sul quale viaggiano già Croazia, Macedonia e Islanda. L’Albania dovrà invece attendere ancora, Bruxelles ritiene che «nonostante i progressi degli ultimi dodici mesi» sia presto per aprire la trattativa destinata a condurre Tirana fra le capitali dell’Ue.
La lista dei candidati ufficiali contiene anche la Turchia, ma qui le discussioni sono inchiodate. Il dialogo è in apparenza bloccato da questioni giuridiche e politiche, il caso curdo, le frizioni con Atene, i diritti umani, la discriminazione religiosa, la condizione della donna. La realtà è però che Francia e Germania non ne vogliono sentire parlare. E se loro frenano, nessuno può fare un gran che per rimettere il dossier della Sublime Porta sulla giusta via.
Ampliare i confini dell’Europa, dice il commissario Stefan Fule, «equivale a proiettare al di là delle frontiere il nostro sistema basato sui grandi valori fondamentali». Il suo rapporto annuale per il 2010 sull’allargamento, presentato ieri dall’esecutivo comunitario, dipinge un’Ue pronta ad abbracciare i Balcani, regione che potrebbe essere inglobata entro il decennio.
Zagabria, in coda dal 2003, dovrebbe essere la prima accolta nella casa a dodici stelle. Sono stati chiusi 25 capitoli sui 35 della trattativa croata e i negoziati di adesione sono entrati nella fase finale. Ora mancano alcuni parametri riguardo il sistema giudiziario e i diritti fondamentali. Il traguardo dovrebbe essere tagliato a metà 2012, il che porterebbe l’Ue a quota ventotto.
Per gli altri ci vorrà più tempo. La Commissione ribadisce la volontà di avanzare coi macedoni e conferma la prospettiva europea di Bosnia e Kosovo. L’Islanda dovrebbe fare in fretta, gran parte della sua legislazione è già allineata con quella dell’Ue. Bruxelles raccomanda di avviare negoziati di adesione con l’Albania, a condizione che si rilevino progressi in diversi settori fondamentali in settori chiave, quali la stabilità istituzionale, lo sviluppo della democrazia, il rispetto della legge e dell’ordine». Nel giro d’una decina d’anni l’Europa potrebbe essere un intricato affare da 35 capitali. Difficile, però, che si arrivi a trentasei. Ankara pare destinata a restare fuori a lungo, nonostante sia in lista d’attesa dal 1987.
«Nessuno può essere soddisfatto del ritmo dei negoziati», ammette il ceco Fule. Da buon tecnocrate, cerca di ripartire le colpe della procedura rallentata fra capitali europee e governo turco. Il match di adesione è cominciato nel 2005, si sono aperti 13 capitoli su 35, uno solo dei quali è stato chiuso. In sintesi, Bruxelles spiega che «per poter accelerare i negoziati il paese deve adempiere gli obblighi derivanti dall’unione doganale e progredire verso la normalizzazione delle relazioni con Cipro».
Certo, l’esecutivo ammette che il referendum costituzionale del 12 settembre ha «creato i presupposti per un avanzamento in numerose aree», dalla giudiziaria ai diritti fondamentali, con una positiva limitazione del potere delle autorità militari. Eppure si chiedono sforzi sui diritti fondamentali, il rispetto della libertà di stampa, il trattamento delle religioni non islamiche e di quella ebraica in particolare, visto che si registrano pulsioni all’antisemitismo. Pure l’apertura democratica ai curdi pare «aver prodotto risultati limitati». Bruxelles invoca allora il pieno rispetto del «protocollo di Ankara» sull’unione doganale. Se lo farà, potranno essere inaugurati altri otto capitoli di negoziato. Funzionerà? Mentre Parigi e Berlino tacciono, e Roma difende gli anatolici, il presidente turco Abdullah Gul appare irritato. «Non sta a noi fare un altro passo per rinvigorire il processo - ha affermato ieri -. Se non si può avere nulla in cambio, non ha alcun senso farlo». A essere onesti, è difficile dire che ha torto da vendere.
Il processo di adesione di Ankara all’Unione europea è «irreversibile» e un primo passo può essere rappresentato dalla liberalizzazione dei visti che deve avvenire «al più presto». Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, con il collega Ahmet Davutoglu, ha partecipato ieri al foro di dialogo italo-turco organizzato a Palazzo Barberini. Il titolare della Farnesina ha sottolineato che l’ingresso di Ankara «è nell’interesse sia dell’Unione Europea che della stessa Turchia» e «non si deve permettere che il Paese e la sua popolazione si facciano prendere dalla disaffezione». Frattini ha riferito che la Turchia è pronta a firmare le due proposte sul tavolo per la liberalizzazione dei visti e il rimpatrio dei migranti illegali. La Turchia è «un interlocutore essenziale per la stabilità politica del Medio Oriente», ha concluso.

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