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Il Foglio Rassegna Stampa
10.11.2010 Perchè Israele ha annunciato ora la costruzione di nuove case a Gerusalemme
Commento del Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 10 novembre 2010
Pagina: 3
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «Israele farà le case fra tre anni, ma la pressione su Obama è ora»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/11/2010, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Israele farà le case fra tre anni, ma la pressione su Obama è ora".


Bibi Netanyahu con Barack Obama

Gerusalemme. Benjamin Netanyahu visita gli Stati Uniti e puntuale da Israele si annuncia l’approvazione della costruzione di nuove case a Gerusalemme est e nella Cisgiordania. E’ diventata quasi una prassi stuzzicare la sensibilità americana sugli insediamenti, che Washington ha più volte definito un ostacolo alla pace, a ogni appuntamento del premier israeliano con la leadership della Casa Bianca. Netanyahu, in visita a New Orleans per partecipare all’assemblea delle organizzazioni ebraiche nordamericane, ha incontrato il vice presidente Joe Biden domenica e vedrà il segretario di stato Hillary Clinton giovedì a New York. Nel frattempo, le autorità locali in Israele hanno approvato piani edilizi in due delle aree più contese nel conflitto. A Gerusalemme est, che i palestinesi rivendicano come capitale di un loro futuro stato, sorgeranno ottocento nuove abitazioni nei quartieri di Ramot e Har Homa. Altre mille case saranno costruite ad Ariel, la più grande città israeliana nei territori, sorta nel cuore della West Bank. Passeranno almeno due o tre anni prima che le ruspe inizino davvero a lavorare, ma l’annuncio è bastato a far infuriare la Casa Bianca, che da mesi preme su Netanyahu per prolungare il congelamento degli insediamenti, scaduto a settembre e considerato necessario per favorire la ripresa dei negoziati con i palestinesi. Il presidente Barack Obama, in viaggio in Indonesia, ha parlato di una decisione “che non aiuta i negoziati” mentre il dipartimento di stato si è detto “profondamente deluso”. L’incidente sembra la fotocopia di quello avvenuto a marzo, quando durante una visita di Biden in Israele, il governo approvò dei piani edilizi a Gerusalemme est, scatenando una crisi diplomatica fra i due alleati. A seguito dei nuovi piani annunciati lunedì, si punta il dito contro Eli Yishai, l’influente ministro dell’Interno, membro del Partito ultraortodosso Shas e contrario al rinnovo della moratoria sugli insediamenti, uno dei punti principali dell’agenda del viaggio di Netanyahu negli Stati Uniti. Una fonte governativa ha dichiarato al quotidiano Yedioth Ahronot che secondo un accordo tra Yishai e il premier, l’annuncio delle nuove costruzioni sarebbe dovuto arrivare già il 20 ottobre, ma che “per ragioni non chiare” aveva subito un ritardo. L’impressione è di un sabotaggio da parte di Yishai per imbarazzare il premier mentre tenta di rinsaldare i fragili rapporti con Obama. Difficile credere però che Netanyahu sia talmente ostaggio dei suoi, pur riottosi, alleati di destra da non poter bloccare un ministro già uso a queste mosse. Dopo la gaffe durante la visita di Biden, Netanyahu aveva messo sotto il suo controllo ogni decisione sui progetti edilizi a Gerusalemme est, dimostrando di saper frenare i suoi alleati. In realtà, l’annuncio di lunedì capita a proposito per fare pressione su Washington in un momento in cui la Casa Bianca sembra distaccarsi dai grandi temi che preoccupano Israele; soprattutto il nucleare iraniano. Nell’incontro con Biden a New Orleans, Netanyahu aveva avvertito che per convincere Teheran a fermare la sua corsa verso l’atomica è necessario prospettare la possibilità di un attacco militare. Inaspettata è arrivata la risposta del segretario alla Difesa Robert Gates, che pur ripetendo il mantra secondo cui “tutte le opzioni sono sul tavolo” si è detto in disaccordo con Netanyahu, perché “una minaccia militare credibile non è l’unico modo” per convincere l’Iran. “E’ l’ennesima dichiarazione contraddittoria dell’Amministrazione Obama – dice al Foglio Eytan Gilboa, professore di scienze politiche all’Università Bar Ilan – Netanyahu era pronto a fare concessioni ai palestinesi finché pensava di poter ottenere di più sul fronte iraniano ma questo incentivo sembra ormai svanito”.

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