Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/11/2010, a pag. 19, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Un lucchetto sulla casa di Lazzaro. Le orfane? Abbandonate di nuovo ". Battistini lo spiega con la mancanza di fondi, non fa cenno però all'ipotesi che la chiusura possa essere anche motivata dal fatto che era un orfanatrofio cristiano.

Abu Mazen
BETANIA (Cisgiordania) — «Non c’è più nessuno!». Nunu che al mondo aveva solo una mamma prostituta. Leila che era stata cacciata dalla famiglia beduina, perché nella tribù volevano solo maschi. Sujud, la più piccola, che era stata trovata in mezzo a una strada nuda e coi capelli strappati. Nabila che era arrivata con le orecchie mozzate, sdentata, piaghe e pus, perché stava in una grotta incatenata come un animale. «Non c’è più nessuno!»: un mezzogiorno di metà settembre alla Lazarus Home, la Casa di Lazzaro che da tredici anni accoglieva le senzafamiglia, le abbandonate, le violentate, tutte le femmine che nessuno in Cisgiordania vuole mai, un brutto mezzogiorno all’orfanotrofio di Betania è arrivata la polizia palestinese. Moto, sirene, furgoni. Trenta agenti. «Sono entrati in modo volgare, immorale, disumano». Hanno preso le ventitré bimbe. Le hanno portate via. Poi hanno buttato fuori sedie e tavoli, hanno cacciato le cinque lavoranti. Sprangato tutto, un lucchetto al cancello, un cartello sulla porta: «Istituto di proprietà dell’Autorità palestinese». E a Samar Sahhar, 49 anni, l’araba cristiana che la Lazarus Home l’aveva fondata, hanno consegnato un foglio di via: l’ordine di lasciare i Territori, l’invito a nominarsi un avvocato.
«Erano figlie, per me... Adesso non c’è più nessuno!»: Samar piange, mentre racconta che non s’è potuta prendere nemmeno un vestito, «mi hanno sequestrato il cellulare, hanno rovistato fra le email». Al suo paese, la Betania evangelica dove Gesù resuscitò Lazzaro, è una donna morta: «Hanno sparso la voce che sto in prigione». È ospite delle suore a Gerusalemme, invece. E la settimana scorsa è stata interrogata per un giorno di fila. Accuse su accuse: d’avere commesso irregolarità amministrative e inflitto maltrattamenti alle bambine, d’averle malnutrite, d’avere speculato sul traffico di pellegrini e perfino ospitato israeliani... «Abbiamo fatto controlli su molti istituti — spiega Anwar Hamam, dirigente del welfare palestinese —, qui c’era una signora che si faceva pagare per un’attività di puro volontariato». Lei si difende, adombrando una persecuzione religiosa: «Al ministero è arrivata gente nuova che non può vedere i cristiani. Vogliono cancellarmi, perché la mia famiglia si occupa di orfani dal ’71. Qualcuno mi diceva sempre: ma perché le musulmane dovrebbero venire in un orfanotrofio cristiano? Io rispondevo: in che lingua piange una bambina?». Consacrata, già Memores Domini, Samar ama citare don Giussani ed è stata a lungo un punto di riferimento in Italia, in Gran Bretagna, in Giappone: pullman di pellegrini, trasmissioni tv, un sindaco (Valmontone, Roma) che l’ha fatta cittadina onoraria. Per le adozioni a distanza, alla sua Lazarus Home si sono sempre appoggiati i cattolici dell’Avsi. Mai nulla da ridire: «C’è un motivo anche ideologico, in questa chiusura — spiegano all’Avsi —. Lì non s’insegnava il cristianesimo, le educatrici erano musulmane, ma può essere che Samar abbia dato fastidio». Non solo fede: le indagini, guarda un po’, sono coincise con la lite sulla gestione d’una clinica nuova di zecca. Finanziata dagl’italiani e dagl’inglesi, succulenta per i palestinesi: «Quando Samar è entrata nel progetto, di colpo hanno cominciato a indagare. Possibile che migliaia di visitatori, in tanti anni, non si siano accorti di tutti quegli abusi?».
Le ragazzine sono state portate in un istituto appena costruito. Un centro giovanile, più che una casa famiglia. Ben tenuto, ma blindato. Telecamere e cancelli automatici, vietato parlare inglese e avere contatti con le vecchie educatrici: «Le bambine sono disperate», dice Samar: «C'è chi stava con me da dieci anni». Non resteranno lì a lungo: quattro sorelle, figlie d’una donna che ha ucciso il marito, verranno trasferite a Ramallah «e rischiano d’essere uccise dalla famiglia del padre, che si vuole vendicare su di loro»; un’altra, una quindicenne che aveva trovato un fidanzato sgradito ai parenti, è stata riportata a casa e costretta a sposarsi secondo tradizione. C’è una torta da spartire, nel frattempo: le offerte, decine di migliaia di euro che ogni mese piovono da tutto il mondo sull’orfanotrofio. L’Autorità di Ramallah le vorrebbe per il mantenimento delle ragazzine, l’Avsi ha risposto che non se ne parla. Sabato, i palestinesi hanno nominato un nuovo consiglio d’amministrazione. Gente di fiducia, scelta dal ministero dell’Interno. La Lazarus Home riaprirà, forse. Ma senza Samar: «Io gliel’ho detto: se non rispettate neanche i bambini, e chi li aiuta, che ce ne facciamo d’uno Stato palestinese?».
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