Una fatwa ci spiega qual è l'utilizzo migliore di Bibbia e Torah 08/11/2010
Una fatwa ci spiega qual è l'utilizzo migliore di Bibbia e Torah
Cari amici, chi conosce un po' la storia e la geografia delle religioni sa che l'islam, come succede per altri versi all'ebraismo, è soprattutto una cultura giuridica, che i suoi religiosi sono innanzitutto giurisperiti e le sue decisioni sentenze basate sulla legge. Le decisioni religiose fondamentali non sono dunque le belle affermazioni teologiche che colpiscono i cristiani, ma le sentenze concrete, le cosiddette fatwa. Era una decisione di questo tipo quella che condannò Salman Rushdie per blasfemia, avendo introdotto in un suo romanzo un personaggio che ricordava il Profeta, e lo stesso sono quelle contro gli autori dei fumetti danesi che ironizzano sullo stesso profeta. Sono fatwe di morte, naturalmente: che diamine, l'onore è una delle categorie fondamentali della cultura araba e non vorremo mica transigere sull'onore del fondatore religioso, no?
Oggi però vorrei raccontarvi un'altra sentenza, la fatwa N° 40378 della Enciclopedia delle Fatwe (Arabo: Mawsu'at al-Fatawi). E’ interessante notare che la fatwa N° 40378 non compare più nella Enciclopedia delle Fatwe; sulla vecchia pagina, un annuncio di basso profilo avverte che “Non esiste alcuna Fatwa con questo numero”. Ma se andate sul sito di Daniel Pipes, la trovate riprodotta (http://www.danielpipes.org/pics/new/1280.jpg). Sembra che la fatwa 40378 sia stata rimossa solo alla fine del 2009, a causa della polemica sollevata da Dena Milany, una donna tedesca, che la tradusse e la pubblicò e per questo fu condannata a morte. Si deve anche aggiungere che, nonostante la sua rimozione dal sito, la fatwa 40378 resta valida. Toglierla dal sito internet non la cancella; ciò richiederebbe che l’istituzione che l’ha promulgata la dichiari formalmente illegittima, il che non è accaduto.
Ma qual è il contenuto di questa importante fatwa? Be' è semplice. Si stabilisce che è possibile usare la Bibbia cristiana e la Torah ebraica per un adempimento rituale importante che precede la preghiera islamica, il cui nome è "al istinya". Tutto bene, no? segno di quell'apertura multiculturale che molti eurarabi politicamente corretti amano riconoscere all'Islam. Aspettate un attimo a giudicare. Perché l'adempimento in questione, senza dubbio lodevole, consiste nel pulirsi con attenzione il sedere prima della preghiera. A questo compito, cioè "per la pulizia dell’ano dopo aver defecato", secondo il Comitato per le Fatwe dell’Università al-Azhar, massimo centro islamico sunnita, sono adatte la Bibbia cristiane e la Torah ebraica, non "libri rispettabili" come "quelli degli hadith e quelli di fiqh" (i detti del profeta e la giurispudenza islamica), anzi "chiunque lo fa (cioè insultare i libri), sapendo bene quello che fa e con la volontà di farlo, dovrebbe essere considerato un apostata e si guadagnerebbe il disprezzo di Dio" mentre si prestano benissimo "libri non rispettabili come quelli di filosofia, la Torah e il Nuovo Testamento, la cui corruzione è ben nota e che non contengono nomi eccelsi". Infatti – e solo qui troviamo una dichiarazione teologica che colpisce gli occidentali, "la Torah e il Nuovo Testamento non contengono nulla di eccelso. Sappiamo che sono stati corrotti, così non c’è nessun problema nel disprezzarli".
Ho tratto tutte queste informazioni da questo sito: http://hurricane_53.ilcannocchiale.it/2010/11/01/lislam_e_la_cacca_esatto_cacca.html, dove potete leggere anche il testo integrale della fatwa e trovare i link relativi. Lascio a voi giudicare il grado di rispetto per le altre cultura e di tolleranza che questa sentenza (emessa tre anni fa, non nel medioevo; nel moderato Egitto, non in Somalia o in Afghanistan, dalla massima autorità religiosa sunnita, non da un piccolo pastore di provincia come quel mattacchione che in Florida voleva bruciare il Corano due mesi fa).