Cari amici, fra elezioni americane, sceneggiati papali e teologie sinodali ci siamo un po' dimenticati di quel che accade sul campo mediorientale. Che, ve l'assicuro, è ottimo. Ha esternato ancora il buon medico Zahar, cofondatore di Hamas e ancora suo "ministro degli esteri", di cui vi ho riportato qualche cartolina fa le parole di stima nei confronti degli Europei (grosso modo: Non potete impicciarvi nel nostro comportamento con le donne, voi non siete esseri umani, siete peggio degli animali, tant'è vero che ammettete l'omosessualità, e non sapete mai di chi siano i vostri figli, perché le vostre donne hanno un marito e mille amanti – cose così che testimoniano della sua altissima moralità). Volete sapere che cosa ha detto: buone notizie. Ecco: "Gli ebrei [notate, gli ebrei, non gli israeliani] saranno presto espulsi dalla Palestina, come lo furono già dalla francia, dalla gran Bretagna, dal Belgio dalla russia e dalla Germania [chissà perché non nomina la Spagna, forse perché dovrebbe dire El Andalus? ...] La sola nazione che ricevette gli ebrei così espulsi fu quella islamica, ma ora loro non hanno posto fra noi, a causa dei loro crimini. Saranno presto espulsi e noi pregheremo a Gerusalemme." (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=194259)
Non siete felici di questo straordinario contributo alla pace da parte di quei palestinesi "resistenti" che piacciono così tanto ai vescovi cattolici del Medio Oriente. Eccovi un'altra voce altrettanto pacifica. Sentite Ramafan Shallah, leader della Jihad Islamica: "i negoziati sono finiti e non vi è alternativa al jihad e alla resistenza. La Palestina è tutta nostra e non rinunceremo a un pollice del suo territorio. Non parteciperemo o accetteremo a nessun accordo che si limiti ai confini del '67. L'attuale dirigenza dell'Autorità Palestinese non è autorizzata a negoziare per conto del popolo palestinese. Se Mahamud Abbas non è in grado di scegliere l'alternativa della resistenza armata che fu di Arafat, noi gli raccomandiamo un'altra scelta. Si dimetta e vada a casa" (oltre al link precedente, http://www.presstv.ir/detail/141015.html ).
Chiedere le dimissioni al presidente palestinese, però, è come portare vasi a Samo o nottole ad Atene. Nell'anno e mezzo fra marzo 2008 e dicembre 2009, qualcuno ha contato (http://elderofziyon.blogspot.com/2010/09/abbas-does-what-he-does-best-he.html) Abbas ha minacciato quindici volte di dimettersi. Da allora a oggi ci saranno state altrettante occasioni. Ma poi, chissà perché resta sempre lì, presidente ieri, presidente domani, anche se il suo mandato è scaduto circa due anni fa. Che volete, anche questa è una buona notizia. Perché in Medio Oriente solo quei pazzi di israeliani fanno elezioni democratiche. E anche questo dimostra, come dice Zahar, che debbono proprio andarsene. Il problema è dove. Magari all'inferno, come disse una volta quella giornalista americana Helen Thomas così onorata da tutti, cui il museo degli arabi americani ha dedicato una statua...