Presidente Obama, bombardi i siti nucleari iraniani
di Piera Prister
Piera Prister
Il 2 novembre, 2010 il Jerusalem Post ha pubblicato un breve editoriale in cui la redazione fa un esame attento, per numeri e percentuali, dei risultati delle recenti votazioni americane di midterm, nelle quali gli elettori hanno clamorosamente respinto la politica interna ed estera del presidente Obama che non era con loro piu’ in sintonia (out of touch).
Vi si legge inoltre, come i sondaggi abbiano mostrato consistentemente che gli Americani vogliono che il loro presidente sia a favore di Israele, e che accompagni costruttivamente le sanzioni contro l’Iran con una minaccia militare. (Polls have consistently shown that Americans want their president to be pro-Israel…) Poi, nello stesso articolo si fa riferimento ad una grande virtu’ degli Israeliani che, hanno raggiunto un grande successo in hi-tech-industry, perche’ hanno sempre imparato dai loro stessi errori. Lo stesso potrebbe fare il presidente americano.
L’articolo in questione ce ne ricorda un altro, scritto da Daniel Pipes il 2 febbraio, 2010 su National Review: “How to save the Obama presidency: Bomb Iran” –come salvare la presidenza di Obama, bombardare l’Iran- da lui ripreso, nella sua conferenza di maggio a Dallas, quando ha dichiarato che se l’Iran ultimasse la bomba si aprirebbero scenari di distruzione di massa e di morte in Medio Oriente e potrebbero essere lanciati impulsi elettromagnetici devastanti anche contro gli Stati Uniti. Con la distruzione degli arsenali nucleari iraniani, Obama manderebbe un segnale ai suoi nemici e ai suoi amici e indebolirebbe Hamas ed Hezbollah. Daniel Pipes - ex consigliere di George Bush e di Rudy Giuliani, e direttore di Middle East Forum- a conoscerlo di persona, ci e’ sembrato un uomo deciso, schivo e di poche parole che, anche in quell’ occasione ha ribadito che la pace e’ pragmaticamente raggiungibile solo con la vittoria, dopo un intervento militare, come aveva gia’ fatto gloriosamente Israele in passato, distruggendo i siti nucleari di Saddam Hussein e di Bashar al-Assad di Siria.
Infatti, la grande opportunita’ di Obama di rifarsi, dopo l’ eclatante bocciatura alle urne e’ quella che gli si offre ora, in politica estera. Potrebbe dopo la caduta, rialzarsi e ripresentarsi al vaglio degli elettori americani dopo aver prestato attenzione a quello che essi vogliono, non solo in fatto di economia, occupazione, tasse e salute; ma soprattutto in materia di sicurezza visto che la riconquistata maggioranza dei conservatori nel Congresso auspica un ritorno degli Stati Uniti a fianco di Israele. Cosi’ potrebbe recuperare la popolarita’ perduta e riproporsi per un secondo termine alla Casa Bianca se solo lo volesse.
Altrimenti la Storia non gli perdonera’ mai che, grazie alla sua inettitudine, l’Iran diventera’ in breve una potenza nucleare.
Anche i presidenti imparano dai loro errori, anche quelli che sembrano i piu’ refrattari, e lo stesso Obama nei suoi due primi anni di presidenza, e’ apparso molto restio a prendere atto del pericolo del terrorismo islamista, anche quando era palese, e anche quando tutto il paese gli puntava contro l’indice accusatorio. Aveva minimizzato il sanguinoso attacco terroristico del maggiore Nidal Hasan a Fort Hood, nel novembre 2009 cosi’ come aveva sottovalutato il rischio presentato dal nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab gia’ segnalato dall’intelligence britannica, che nascondeva nelle mutande una bomba che stava per denotare, sul volo di Natale dell’anno scorso, Amsterdam-Detroit. Inoltre subito dopo -grande errore- aveva rilasciato 46 terroristi da Guantanamo che avevano raggiunto in breve altre cellule jihadiste. A maggio di quest’anno era stato sventato, per caso, un altro attentato, quello a Time Square ad opera di Faisal Shahzad.
Che dire poi dei recenti pacchi- bomba che sono sfuggiti ai controlli e volavano indisturbati, diretti dallo Yemen alle due sinagoghe di Chicago! Proprio perche’ provenivano dallo Yemen erano pericolosi e avrebbero dovuto allertare di piu’ le autorita. Infatti tutte le piste indiziarie conducono in Yemen perche’ tutti i terroristi succitati scambiavano da tempo e-mails con Anwar al-Awlaki, un pericolosissimo reclutatore di jihadisti su internet, residente in Yemen.
Ma pochi sanno pero’che su di lui, che e’ un cittadino americano, pende un mandato di morte senza appello, firmato dal presidente Obama.
E’ accaduto per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un paese che da sempre ha riconosciuto al presunto reo, il diritto di appellarsi ad una Corte di Giustizia per aver un regolare processo. Ma e’ anche vero che siamo in guerra con Al-Qaeda e tutte le sue affiliazioni.
Quale sara’ la prossima mossa di Obama?