Riportiamo da PANORAMA n°45 del 05/11/2010, a pag. 57, l'intervista di Giulio Meotti a Daniel Goldhagen dal titolo " I genocidi sono la mia fissazione e con i miei libri cerco di spiegare come fermare i carnefici. Per questo ho tanti nemici".
Giulio Meotti, Daniel Goldhagen, Peggio della guerra
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Cosa l'ha spinta a scrivere «Peggio della guerra»?
Ho studiato il genocidio per molti anni mentre lavoravo a I volenterosi carnefici di Hitler e ho sempre pensato che fosse stato mal interpretato, come l'Olocausto. Così ho deciso di andare a fondo del fenomeno e di occuparmi di aspetti del genocidio da sempre tralasciati. Se la gente sapesse che lo sterminio può essere fermato o prevenuto, sarebbe più esigente nel chiedere di agire ai propri leader politici.
In che senso il genocidio è parte della modernità e del XX secolo? Perché la nostra era è diventata emblematica dello sterminio di massa?
La gente non sa (mentre tutti coloro che si occupano di politica e del mondo dovrebbero saperlo) che dall'inizio del XX secolo sono morte più persone per mano di assassini genocidi che nelle guerre convenzionali militari. Per questo il genocidio, come annuncia il titolo del libro, è peggio della guerra. La nostra epoca è stata letale per svariate ragioni. Il grande potere di trasformazione del nostro tempo, il fatto che gli stati possano alterare le società dall'alto verso il basso hanno spinto leader visionari a produrre ideologie che volevano trasformarle e per farlo dovevano eliminare gruppi della popolazione che loro pensavano fossero d'intralcio. Da qui i leader hanno «risolto» preventivamente i propri problemi eliminando i potenziali concorrenti. E i leader politici hanno scoperto dai precedenti genocidi che la comunità internazionale non avrebbe fatto nulla se avessero deciso di massacrare coloro verso cui avevano pregiudizi e grande odio. Dal Ruanda a Srebrenica, abbiamo assistito negli anni al fallimento della legalità internazionale nel perseguire una politica umanitaria. Come giudica questa bancarotta?
Dobbiamo fare i conti con la spiacevole circostanza che la comunità internazionale non ha fatto nulla mentre questi regimi sterminavano le popolazioni. Non è mai stata invocata la convenzione delle Nazioni Unite perla prevenzione e la punizione del genocidio. L'Onu, proteggendo la sovranità, è stata più un facilitatore del genocidio che una forza contro di esso. La comunità e la legge internazionali dicono che nel caso in cui uno stato elimini la propria gente all'interno dei propri confini, potremmo dire al leader che è una persona malvagia e che la Corte penale internazionale, senza capacità di azione, potrebbe processarlo. Ma a parte questo, i killer genocidi godono di una effettiva impunità. Nel documentario che ho preparato per il libro mi confronto con una di queste menti genocide, l'ex dittatore del Guatemala Jose Efrain Rioss Monti, che vive ancora felicemente in Guatemala. Tutto questo è un grido in nome della deterrenza di cui abbiamo bisogno; può funzionare soltanto se siamo d'accordo sul fatto che, quando i leader genocidi iniziano a uccidere, saranno loro a perdere.
Quali sono gli strumenti prediletti del genocidio?
Nel libro riconcettualizzo il fenomeno del genocidio in due modi. Primo: il genocidio è politico, nel senso che si tratta di stati con un programma politico di potere e vantaggio personale o che adempiono a un programma millenaristico o trasformati-vo. Secondo: il genocidio è la manifestazione dell'eliminazionismo, ovvero della politica che pensa che un certo gruppo debba sparire, se i fini politici lo richiedono. Gli strumenti eliminazionisti sono: prevenire la riproduzione di un gruppo; forzare la loro trasformazione (le conversioni religiose violente); espulsione; sterminio di massa, il più vasto assalto sterminazionista che noi chiamiamo genocidio.
Che cosa si può fare?
È questa politica, qualunque forma o dimensione assuma (espellere o uccidere «solo» 10 mila persone dovrebbe essere più che sufficiente per smuovere la comunità internazionale), che dobbiamo combattere. Il linguaggio, ovvero la disumanizzazione e la demonizzazione di questi gruppi, è il mezzo che consente alle persone di pensare che questi gruppi vadano eliminati. I pianificatori del genocidio e coloro che realizzano i piani sono animati da grande odio e pregiudizi, che li portano a pensare che l'uccisione di questi gruppi sia giusta e necessaria. Chi dissemina queste tesi, siano leader, giornalisti o persone ordinarie, piantano il seme da cui il genocidio può iniziare.
In che modo questo libro si inserisce nel suo cammino culturale e intellettuale? I miei libri in comune hanno il fatto di vedere ciascuno nella piena umanità, quindi anche nella capacità umana di fare del male. Ho insistito, e I volenterosi carnefici di Hitler lo ha fatto contro tutta la schiera degli accademici, nel riconoscere la natura dei carnefici, ovvero persone che possono fare il bene o il male. I miei libri inoltre condividono una volontà di porre domande che altri non fanno. In Una questione morale ho trattato della Chiesa cattolica durante e dopo l'Olocausto. E adesso Peggio della guerra cerca di riscrivere quello che pensiamo del genocidio e dell'eliminazionismo, e come possiamo porvi fine. Negli ultimi giorni in Italia si è parlato della possibilità di sanzionare penalmente il negazionismo dell'Olocausto, una norma già presente in Franda. Cosa ne pensa?
La costituzione degli Stati Uniti d'America proibisce ogni virtuale limitazione alla libertà di parola. Molti paesi europei, con sistemi costituzionali differenti, hanno ritenuto che certi tipi di affermazioni fossero così pericolose da doverle criminalizzare Al di là di quale norma si voglia adottare, dobbiamo condividere il fatto che quando le persone, in particolare i leader politici, usano il linguaggio dell'eliminazione e dello sterminio, questo è enormemente pericoloso. La sequenza storica, che illustro nel libro, dimostra che coloro che aizzano lasciano ad altri il compito di immobilizzare le vittime dietro le quinte. Così dobbiamo prendere seriamente le affermazioni eliminazionaliste di Mahmoud Ahmadinejad contro gli ebrei, e fare ciò che possiamo per evitare che le porti a termine.
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