Vorrei dirvi la mia sulla polemica della fiction su Pio XII
Pio XII Agostino Gemelli
Cari amici, vorrei dirvi la mia sulla polemica della fiction su Pio XII,
non perché io sia uno storico, ma perché siamo amici, abbiamo
confidenza, e vi posso forse spiegare la reazione di un ebreo a questa
storia. Premessa: a me delle santificazioni della Chiesa non importa
nulla. Non credo in Gesù e nella Madonna, figuratevi che mi importa se
questo o quel personaggio viene nominato santo. A dire il vero, anche
l'idea di un'istituzione che dopo un regolare processo decide chi sia
o non sia santo mi sembra piuttosto buffa: tendo a pensare che tutta
quest'idea di "santificare" sia un'usurpazione delle prerogative del
Signore, ammesso che Gli piaccia dare gradi a questo e quello.
Comunque se la Chiesa vuol nominare santo Attila o Napoleone III o
Mussolini o Papa Pacelli, a me non interessa niente. Naturalmente,
come per ogni forma di pubblica onoranza posso dire il mio parere
laico e civile: sarei contrario a una piazza Pol Pot (a proposito,
sapete che un mattacchione dalle parti di Pavia ha messo una targa sul
cortile di casa sua definendolo "Largo Adolf Hitler?). E dal punto di
vista civile sono anche contrario a una Via Pacelli.
Se il maresciallo Radetzki in privato faceva i miracoli ed era un
cattolico esemplare, lo facciano santo, sono problemi loro. Però non
devono dire che lo santificano perché è stato molto buono con gli
italiani del Risorgimento, non lo è stato. Se Benito Mussolini
dev'essere fatto santo per ragioni religiose cattoliche, va benissimo;
ma non dicano per favore che è un difensore della democrazia e delle
libere elezioni. Ora Pio XII sarà stato un esemplare difensore della
teologia cristiana, un mistico, un ottimo diplomatico in tempi
difficili quel che vi pare; ma certo non ha aiutato gli ebrei. Alcuni
cattolici italiani, preti e fedeli comuni, hanno dato rifugio a ebrei
in difficoltà durante i due anni fra l'8 settembre e il 25 aprile; ma
il Papa come tale non ha agito; non è intervenuto quando le
deportazioni naziste avvenivano sotto le sue finestre, non ha firmato
la dichiarazione alleata del '43 sul genocidio, non ha condannato le
persecuzioni neppure dopo la caduta del nazismo, quando nessuna
considerazione di opportunità valeva più, anzi ha fatto far pressione
sul governo perché le leggi razziali non fossero abrogate (salvo la
parte di interesse cattolico su convertiti e coppie miste). Avete
letto bene: dopo la guerra il Vaticano di Pio XII non voleva che le
leggi razziali fossero eliminate. E dovremmo essergli grati?
Questo però ci chiedono, gratitudine per chi ci ha lasciato
tranquillamente andare per la nostra strada verso Auschwitz. Anzi,
dicono, lo facciamo santo perché è stato così buono con gli ebrei.
Capirete che ce n'è più che abbastanza per arrabbiarsi. Ma non basta,
questa storia del merito di essere stati buoni con gli ebrei si è
diffusa. A me è accaduta più di una volta che qualcuno abbia
rivendicato in relazioni private e di lavoro che suo padre, suo zio,
suo nonno era stato buono con gli ebrei (ammesso che sia vero, come se
opporsi alla persecuzione di un gruppo di concittadini innocenti non
fosse un elementare dovere civico).
Il colmo è stato raggiunto da un giovanotto, che di mestiere fa il
ricercatore universitario in Storia Medievale e per hobby
l'editorialista cattolico del "Riformista" (giornale del PD...). O
viceversa. Sul numero di oggi del quotidiano, a proposito della
posizione vaticana e della polemica di cui stiamo parlando, ha
scritto: "La posizione della Santa Sede, per altro, è stata
inequivocabilmente e sempre di totale ostilità al nazismo. Non era
necessario un pronunciamento ufficiale del Papa, che sarebbe stato
addirittura inopportuno e controproducente in quel frangente, perché
vi era una comune solidarietà sentita e condivisa del popolo cristiano
verso gli ebrei, vissuta e praticata a tutti i livelli. Una prova
lampante è il fatto che perfino padre Agostino Gemelli, il quale aveva
per il regime fascista ben più che una simpatia, aveva fatto rifugiare
di nascosto molte persone dentro l'Università Cattolica di Milano."
Questo brano è un capolavoro di ipocrisia. Se c'è un antisemita nella
cultura cattolica italiana del Novecento questo è proprio Gemelli, il
fondatore dell'Università cattolica. Leggete cosa scriveva nel '39, in
epoca di leggi razziali e di Lager in Germania: « Tragica senza
dubbio, e dolorosa la situazione di coloro che non possono far parte,
e per il loro sangue e per la loro religione, di questa magnifica
patria; tragica situazione in cui vediamo una volta di più, come molte
altre nei secoli, attuarsi quella terribile sentenza che il popolo
deicida ha chiesto su di sé e per la quale va ramingo per il mondo,
incapace di trovare la pace di una patria, mentre le conseguenze
dell'orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni tempo. »
(Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo,
Torino, Einaudi, 1993, p. 325) E, più o meno nello stesso periodo: «
L'accusa che l'Università Cattolica accetti studenti ebrei deve essere
una voce messa in giro da malevoli interessati. Noi non abbiamo alcun
ebreo, né non battezzato, né battezzato. Io, come saprà, osservo
lealmente e fedelmente tutte le leggi dello Stato, anche quelle che
non mi sembrano giuste; come sarebbe il caso dei battezzati. » (Emma
Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini, Einaudi, Torino, 2007).
Bello, no? Ma non aiutò nel momento del bisogno una cinquantina di
ebrei a rifugiarsi all'Università cattolica? Be' no, è una vecchia
bufala, così vecchia che è finita anche su Wikipedia
(http://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Gemelli). Leggete: "In difesa
di Agostino Gemelli intervenne il sacerdote cattolico Francesco
Olgiati con un memoriale redatto nel 1945. Stretto collaboratore di
Gemelli, Olgiati condivideva pienamente le scelte ideologiche del
rettore francescano[...] Olgiati affermò nel suo memoriale che il
rettore francescano prestò soccorso ai perseguitati politici, fra i
quali numerosi ebrei; secondo Olgiati «alcuni furono dal Rettore
stesso aiutati a recarsi in Svizzera», mentre altri furono nascosti in
Milano. Tuttavia questa versione è stata smentita dalla storica Susan
Zuccotti con una ricostruzione dei fatti maggiormente dettagliata
[Susan Zuccotti, Il Vaticano e l'Olocausto in Italia, Mondadori,
Milano, 2001, pp. 281-283]. I profughi (una cinquantina di ebrei, un
centinaio di prigionieri di guerra e varie centinaia di ex militari
italiani), sono stati favoriti nella fuga, non dal Gemelli, ma da
giovani laureati provenienti dall'Università Cattolica che fungevano
da guide, assieme al padre cappuccino Carlo Varischi. [... il quale]
testimoniò di avere personalmente provveduto a procurare ai fuggiaschi
documenti falsi e denaro, oltre a rifugi sicuri lungo il viaggio.
Circostanze confermate anche da Ezio Franceschini in un articolo nel
quale si afferma, a proposito dei fuggiaschi, che «Parecchi di essi,
un centinaio circa, raggiunsero la salvezza anche per merito ed opera
di Padre Carlo da Milano, [...] il cui ufficio è stato il primo centro
di attività clandestina nel nostro Ateneo». L'unico merito di padre
Gemelli fu quello di aver avvisato padre Varischi di essere ricercato
dalla polizia fascista, permettendogli di trovare rifugio sui monti."
E però secondo Ippolito anche Agostino Gemelli, come Pio XII, benché
un po' troppo tenero coi fascisti, sarebbe stato un generoso aiuto per
gli ebrei, e dunque in fondo dovremmo essergli grati. Io ripeto:
facciano Gemelli cavaliere, se credono, e Pio XII santo. Non ci
importa. Ma sappiano che noi non siamo d'accordo per onorare questi
signori. E per favore non cerchino ad ogni costo di trovare qualche
ebreo che per amor di pace gli dia soddisfazione, come stanno facendo
anche in questi giorni. E' umiliante per loro e anche per noi.
Ugo Volli