Da Unesco a CCI: questo sì che è un progresso
Cari amici, lo sapete, no? L'Unesco è quella gloriosa agenzia dell'Onu
che ha il compito di tutelare i beni culturali, stabilendo che certe
cose sono - nientepopodimenoche – "patrimonio dell'umanità".
Organizza inoltre convegni, pubblica riviste, concede patrocini. Cose
bellissime, lodevoli, indispensabili. E per far questo dà da mangiare
pane e caviale ad alcune migliaia di funzionari sparsi per il mondo,
il cui livello culturale è per lo più, com'è giusto, inversamente
proporzionale alla correttezza politica. A spese dei paesi membri,
dunque anche delle nostre tasse. Che agenzia entusiasmante! L'anno
scorso fu lì lì per eleggere come direttore generale il ministro
egiziano della cultura, uno che dichiarava che se avesse trovato in
una delle biblioteche egiziane un testo ebraico l'avrebbe
immediatamente bruciato: parole sante, la cultura dev'essere attiva,
prendere parte. E i beni culturali devono scaldare non solo i cuori ma
anche i corpi della gente. Del resto c'era quel grande precedente
della nobile Germania, che aveva fatto rogo, circa settant'anni fa di
tutti i libri di autore ebraico o comunque "degenerati". Bellissima
pratica, che poi, chissà perché, hanno smesso dopo la guerra. Forse
nel frattempo avevano capito che bruciare la gente è più divertente.
Poi purtroppo li hanno fatti smettere con le cattive maniere e la
gente non si brucia più, al massimo si lapida o si fa esplodere. Fatto
sta che poi per una congiura occidentale non elessero l'egiziano, ma credo una
bulgara.
L'Unesco però non è cambiata e conserva il compito di preservare i
beni culturali – naturalmente nella loro giusta dimensione, che
diamine, non per un uso qualsiasi. Sicché ha giustamente protestato
per l'inserzione di due monumenti funebri, le tombe dei patriarchi a
Hebron e quella di Rachele fuori Betlemme, nella lista israeliana dei
beni da preservare e
restaurare(http://www.jpost.com/Israel/Article.aspx?id=193278) .
Perché l'Unesco si è mobilitato? Forse perché non vuole che questi
beni culturali siano salvati? Non proprio. Gli dà fastidio –
giustamente, lo ripeto - che se ne occupino gli ebrei. Sono moschee,
dice l'Unesco e Israele deve starsene lontano. Certo, anche i
diversamente colti dell'Unesco hanno sentito dire che nella Bibbia è
scritto che Abramo comprò a caro prezzo una tomba per la moglie Sara
nella grotta di Machpelah vicino a Hebron (Genesi, (23:2-16), dove
poi fu seppellito lui stesso con Isacco e Rebecca, Giacobbe e Lea. E
che "sulla strada del ritorno" dopo il soggiorno da Labano, Giuseppe
seppellì Rachele morta di parto (35:19-20). Ma si sa che la Torah e la
Bibbia sono state falsificate da ebrei e cristiani e che solo il
Corano è vero; dunque questa testimonianza e le tracce di una
venerazione ebraica ininterrotta da venti o trenta secoli non contano.
Si tratta di moschee, punto e basta. Quando qualcosa diventa una
moschea, è per sempre una moschea. E non vorrete mica sostenere che
Abramo sia più antico della conquista islamica di Eretz Israel? E non
conta nemmeno che la tomba di Rachele sia stata semidistrutta dai
palestinesi quando l'hanno avuta in mano, o che alla grotta dei
patriarchi,quando c'erano loro, funzionava solo la moschea, mentre da
quarant'anni Israele abbia organizzato una condivisione fra una
sinagoga e una moschea. Come per il Monte del Tempio, questi luoghi
santi adesso, sotto il controllo israeliano sono aperti a tutti,
mentre sotto l'occupazione giordana, alla faccia di tutte le
risoluzioni internazionali, non c'era modo per un ebreo di accedervi.
In realtà il problema è più generale. La grande moschea di Damasco era
una cattedrale cristiana; così Aghia Sofia a Istanbul, ora museo ma
per 500 anni trasformata in moschea; così accadde a suo tempo anche al
Santo Sepolcro, alla cattedrale di Cordova che ancora gli islamici
rivendicano, ai templi induisti del Nord'Est dell'India: praticamente
a tutti i luoghi santi di altre religioni sotto dominio islamico. Dove
gli altri pregavano, quando arrivano loro mettono su una moschea:
così, tanto per chiarire chi comanda. I predicatori islamisti spiegano
che presto avverrà anche con San Pietro a Roma. E' naturale, no? L'uso
migliore scaccia quello peggiore, la religione più progredita elimina
quelle invecchiate. Fa bene dunque l'Unesco a occuparsi non banalmente
della preservazione di beni culturali, ma del loro miglioramento, del
progresso dell'umanità, insomma dell'avanzata dell'Islam. Ho un solo
rimpianto, però, che per ragioni di timidezza o forse di opportunità
politica, l'Unesco esiti ad assumere il suo vero nome, insomma non
cambi la sua sigla in CCI, conferenza culturale islamica.
Ugo Volli