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La Repubblica - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
29.10.2010 E' il nucleare iraniano la minaccia maggiore per l'Occidente
A sostenerlo sono i servizi segreti britannici. Obama continuerà con la mano tesa ancora a lungo ?

Testata:La Repubblica - Il Sole 24 Ore
Autore: Enrico Franceschini - Nicol Degli Innocenti
Titolo: «Meglio un attentato che usare la tortura - Capo degli 007: Teheran minaccia più dei terroristi»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 29/10/2010, a pag. 18, l'articolo di Enrico Franceschini dal titolo " Meglio un attentato che usare la tortura ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 13, l'articolo di Nicol Degli Innocenti dal titolo " Capo degli 007: Teheran minaccia più dei terroristi ".

E' curioso come le due cronache dello stesso discorso di John Sawers, capo dei servizi segreti britannici, siano discrepanti fra loro. Quella di Enrico Franceschini mette l'accento sulle dichiarazioni di Sawers contrario all'utilizzo della tortura per prevenire attacchi terroristici, quella di Degli Innocenti, invece, mette in rilievo il fatto che Sawers abbia riconosciuto nell'Iran la maggiore minaccia per l'occidente.

Ora che anche la Gran Bretagna sostiene che il nucleare iraniano è un pericolo, chissà che Obama non decida di modificare la propria strategia inefficace con la teocrazia iraniana...
Ecco i due pezzi:

Il SOLE 24 ORE - Nicol Degli Innocenti : " Capo degli 007: Teheran minaccia più dei terroristi "


John Sawers

La proliferazione nucleare da parte dell'Iran è un pericolo più grave e dalle conseguenze potenzialmente più devastanti del terrorismo internazionale: questo quanto ha affermato ieri Sir John Sawers, capo dei servizi segreti britannici, nel primo discorso in pubblico mai tenuto dal leader di MI6 negli oltre cento anni di storia dell'organizzazione.

«Il terrorismo è difficile e, nonostante i nostri sforzi comuni, un attacco potrebbe materializzarsi. Il costo umano sarebbe immenso. Ma il nostro paese, il nostro sistema democratico, non sarebbe distrutto da un tipico attacco terroristico - ha detto Sawers in un discorso alla Society of Editors a Londra -. I pericoli della proliferazione di armi nucleari e di armi chimiche e biologiche sono di più ampia portata. Può cambiare completamente l'equilibrio di potere in una regione».

In questo contesto l'attività dei servizi segreti è più essenziale che mai, secondo il capo di MI6: «La proliferazione nucleare non può essere fermata solo con la diplomazia convenzionale. Abbiamo bisogno di operazioni guidate dall'intelligence che rendano più difficile per Paesi come l'Iran mettere a punto armi nucleari». L'esempio più recente sono le rivelazioni dei servizi sullo stabilimento per l'arricchimento di uranio a Qom che sono state un grande successo, dato che hanno portato a maggiori pressioni sull'Iran e a sanzioni più dure. «Ogni mossa che rallenta l'acquisizione di tecnologia per le armi nucleari da parte dell'Iran regala più tempo alla ricerca di una soluzione politica», ha detto Sawers, un ex diplomatico che nel suo precedente incarico di ambasciatore britannico presso le Nazioni Unite aveva giocato un ruolo cruciale nell'imposizione di sanzioni contro l'Iran nel 2008.

Le pressioni per una sempre maggiore trasparenza sono comprensibili e giustificate in molti casi e la rapida evoluzione dei servizi dimostra che hanno saputo stare al passo con i tempi. L'esistenza stessa di MI6 è stata ammessa ufficialmente solo nel 1994 e ieri il capo è apparso in diretta televisiva. È importante però non superare certi limiti: i servizi segreti devono restare tali, ha detto Sawers, perché gli agenti possono ostacolare la minaccia del terrorismo solo se le loro identità sono protette e le loro attività tutelate. «Le organizzazioni segrete devono restare segrete, anche se ogni tanto presentano il loro volto in pubblico, come sto facendo io oggi. Se le nostre operazioni e i nostri metodi diventano pubblici, non possono funzionare». L'intelligence viene ottenuta da agenti segreti, quasi tutti stranieri, che si assumono dei rischi e sono «i veri eroi del nostro lavoro» mostrando «straordinario coraggio e idealismo» ma se non possono fidarsi non passeranno le informazioni riservate che riescono a scoprire. Per questo «i nostri partner stranieri devono avere la certezza che quello che ci dicono resterà segreto sempre». La segretezza, ha detto il capo di MI6, «non è una brutta parola» e ha sempre «giocato un ruolo cruciale nel mantenere sicura la Gran Bretagna».

Dopo le rivelazioni di Wikileaks e la polemica sul coinvolgimento della Gran Bretagna, Sawers ha anche affrontato la spinosa questione delle torture inflitte a prigionieri per ottenere informazioni. L'utilizzo della tortura è «illegale e ripugnante in ogni circostanza», ha detto, ma «non sempre è facile» assicurarsi che tutti i duecento partner stranieri, solo alcuni dei quali sono democrazie, rispettino i diritti umani. La posizione etica e teorica è più semplice del lavoro pratico di tutti i giorni, ha sottolineato il capo di MI6: «Se non utilizziamo delle informazioni per il timore che una persona sospettata di terrorismo possa essere maltrattata, rischiamo di perdere molte vite innocenti che avremmo potuto salvare. Queste non sono questioni astratte per corsi di filosofia o per editoriali penetranti, ma reali e costanti dilemmi operativi che gli uomini dei servizi devono affrontare in continuazione per evitare di utilizzare intelligence ottenuta mediante l'uso di tortura». In sintesi, il messaggio di Sawers è: per il vostro bene, lasciateci lavorare.

La REPUBBLICA - Enrico Franceschini : " Meglio un attentato che usare la tortura "


Enrico Franceschini

LONDRA - Una volta, quando c´era ancora la guerra fredda, il capo dell´MI6, il servizio segreto britannico, non aveva nome né volto. Sui giornali e nei dibattiti in parlamento veniva identificato solo con una lettera: C. Un nome in codice, proprio come nei film di James Bond. Poi, quando nell´era di internet è sembrato ingenuo insistere su una segretezza un po´ romanzesca, la censura sul nome è caduta: e i giornali hanno potuto scrivere come si chiamava mister C. Il quale però si asteneva dal parlare in pubblico. I suoi nemici potevano conoscere il suo nome, ma non vedere il suo volto, se non in qualche vecchia foto di archivio.
Ieri è caduto anche questo retaggio degli anni d´oro dello spionaggio: C, come continua a essere chiamato nei documenti ufficiali anche se il suo nome è John Sawers, ha parlato non solo in pubblico, ma pure davanti alle telecamere della Bbc. E ha usato la prima apparizione dal vivo per dire cose forti, poco diplomatiche, sulla tortura, sulla segretezza, sul terrorismo. La prima è «inaccettabile», in qualunque circostanza: meglio subire un attentato, ha detto in sostanza Sawers, che torturare un sospetto per cercare di impedirlo. Sul terrorismo, ha ammonito che per estirparlo bisogna democratizzare i governi dei paesi in cui prospera, ma non si può farlo troppo «bruscamente», altrimenti si rischia di aumentare il problema anziché risolverlo: quasi una critica implicita alle guerre in Iraq e in Afghanistan. E sulla segretezza ha chiarito che la sua uscita pubblica è un´eccezione: i servizi segreti devono restare segreti.
«L´uso della tortura è illegale e ripugnante», ha detto Sawers. «Noi affrontiamo costanti dilemmi, per non utilizzare informazioni ottenute attraverso la tortura. Ma sono la legge britannica e quella internazionale a vietarlo, anche a costo di lasciare che le attività terroristiche proseguano. Qualcuno può giudicare discutibile tale scelta, ma noi pensiamo che sia giusta e ciò ci sprona a trovare modi diversi, in linea con il rispetto dei diritti umani». Quanto alla segretezza, «non è una brutta parola, non significa insabbiamento. Se le nostre operazioni e i nostri metodi diventassero pubblici, non funzioneremmo e i nostri agenti andrebbero incontro a rischi». Infine, ecco il suo pensiero sulle radici del terrorismo e su come estirparle: «Il fenomeno del terrorismo non ha una singola, chiara motivazione. C´è chi parla di questioni politiche, altri citano motivi economici, oppure le distorsioni della fede islamica. Nel tempo, ciò che potrà aiutare a vincerlo è un più aperto sistema di governo nei paesi in cui prospera. Tuttavia, se chiediamo a quei paesi un cambiamento brusco verso il pluralismo di cui godiamo in Occidente, potremmo minare i controlli attuali e dare ai terroristi nuove opportunità».

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