Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

Considerazioni sul mondo arabo 27/10/2010

Aproposito dell'articolo di Zvi Mazel sul mondo arabo:

L'articolo non coglie con sufficiente chiarezza il fatto che la lega araba sia lungi da avere una politica comune e, sopratutto dal consenso unanime alla leadership ideologica di Gheddafi, nonstante costui stia cercando di imporla da vario tempo, a cominciare dalla superproliferazione di organi comunitari e di cartello dietro i quali c'è la sua idea egemonica, coltivata su una scena libica interna praticamente priva di opposizione, con una economia poco più che pastorale e la formazione di una leadership di affaristi legati a lui, agenti delle sue operazioni finanziarie internazionali di volume impressionante.

A cominiciare dalla monarchia saudita, tutti gli stati moderati delia lega araba diffidano di questo individuo e non ne sopportano la volontà egemonica, avendone presente il passato coinvolgimento in affari come Lockerbie che costituiscono ancora oggi motivo di scepsi e diffida nei suoi confronti da parte di magnati sauditi e altri leaders assolutamente estranei a questa dimensione.

Il mondo arabo non è in crisi in senso economico o perlomeno la recessione internazionale colpisce in forma ponderata un cartello di stati che, in certi casi, ha reddito odierno superiore a quello del passato, stanti le enormi plusvalenze patrimoniali ricavate dai loro investimenti internazionali: la crisi è di leadership politica.

Al loro interno la questione iraniana viene posta con una preoccupazione superiore a quella con cui se la pone la casa bianca o Tel aviv, perchè il principale obiettivo reale e non propagandistico della leadership di Teheran, resta l'espansione egemonica verso i paesi arabi ricchi, la stessa identica politica di Saddam e cioè la vera vocazione islamica di fondo a camuffare con propaganda apparentemente panaraba e antisionista, la volontà di costituire un cartello di aggregazione a stati di finanze e risorse enormi. L'antisionismo è sempre servito a questo.

La funzione di questo Amadinejad è esattamente questa: il cursore, il fantoccio, il vettore loquace di una emergente formazione di alleanze strategiche fra paesi con economie disastrosei (Turchia, Siria, Iran) attive per ricostituire uno scacchiere mediorientale che, così com'è, fa comodo a paesi in  equilibrio come Arabia Saudita e Kuwait, ma è insufficiente per paesi come la Turchia che, fallita la politica di integrazione europeista, deve per forza di cose rafforzare con nuove alleanze una bilancia dei pagamenti e un debito interno per il quale è sfumata l'occasione di trasferirne gli oneri finanziari su unioni comunitarie continuamente censurate da divieti tedeschi e francesi alla integrazione musulmana oggi probabilmente anche slava e mediterranea, perchè l'economia comunitaria europea è vicina al tracollo e prima sarà, meglio sarà, essendo questa la condizione di ritorno alle economie nazionali libere, le sole che reggono.

Certo, l'ostilità ad Israele è sempre il biglietto di ingresso da pagare per le nuove alleanze fra questi trafficanti, ma oggi ne è ormai evidente la ridondanza ideologica, la smaccata affettata scoperta e non più simulabile retorica di copertura; la questione reale è un'altra ed è la nuova alleanza filoiraniana, della quale più teme la lega araba che ogni altro paese al mondo.

Sono queste considerazioni che hanno fatto dire a vari osservatori, soprattutto economici più che militari, che se da una delle sue tante trasferte estere Amadinejad non tornasse, i festeggiamenti li farebbero loro non noi, i suoi "alleati" panarabi e per le stesse ragioni per le quali festeggiarono la caduta e la morte di Saddam: sono consapevoli che ricorre nella ideologia politica delI'Islam il rischio ciclico di avventure militari espansioniste che, benchè veicolate da criminali squinternati, nondimeno rispondono a congiunture inevitabili in contesti economici amministrati da classi dirigenti feudali e con politiche di sviluppo pressochè demenziali, come l'oppio afghano, l'atomica iraniana, il militarismo turco, la guerra santa per l'esproprio dei "crociati".

Il lavoro febbrile della intelligence internazionale per il colpo di stato in Iran o il deep strike contro la leadership attuale, oggi occupa più i nuclei remoti e decisivi della lega araba che non i servizi e le leadership militari occidentali; è cioè assai probabile che finiranno per pensarci loro.

Risparmiandoci un bel pensiero.

Israele siamo noi.

 Vitaliano Bacchi


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui