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Facciamo finta che sia vero 27/10/2010
In principio era il verbo: la differenza è nel linguaggio.
Churchill usa un linguaggio politico militare: noi abbiamo ragione, il nemico ha torto e questo è tutto, that’all. Il nemico ha torto e per avere torto deve essere in grado di esprimere un’opinione, cioè essere un adulto.
Se il nemico smette di avere torto, perché cambia idea o si arrende, noi ci fermiamo e smettiamo di combattere.
Hitler, il nazismo, ma anche Lenin nel Che fare, Ataturk usano sempre un linguaggio igienico sanitario, mai politico militare. Il nemico è l’infezione, il parassita.
Nel caso degli ebrei Hitler usa il termine corpo estraneo. I parassiti, gli stafilococchi, i ratti si sterminano fino all’ultimo perché sono un danno a prescindere. Il linguaggio igienico sanitario è il linguaggio del genocidio. Facciamo finta un momento che tutte le idiozie latrate su Israele siano vere. Facciamo finta che gli israeliani siano una popolazione estranea che ha acquisito un territorio con un’occupazione arbitraria, come per esempio i musulmani hanno acquisito il Kossovo, pochi decenni fa, un luogo dove non erano mai stati prima, un luogo che non li aveva mai visti prima, in tutta la sua storia precedente.
Se anche fosse vero, (è falso, ma facciamo finta), un linguaggio come quello dei vescovi del Sinodo sarebbe una criminale follia.
Se anche la presenza israeliana fosse arbitraria, se anche per un istante fingiamo di credere alla possibile buona fede di chi pensa che la città di Re Davide possa essere altro che non una città ebrea, che Gerusalemme, Betlemme, Tel Aviv e Eilath e Haifa non siano nomi ebraici, il compito di un prelato cristiano dovrebbe essere la conciliazione tra esseri umani.
Sono venuti da un’ altra parte del mondo, con la forza ( non è vero, sia chiaro, stiamo facendo finta), ma ora sono qui e deve nascere la convivenza e la pace. L’unica terapia, quindi, per il corpo estraneo, è quella chirurgica, dolorosamente chirurgica, che potrebbe essere evitata però se gli ebrei israeliani improvvisamente rinsavissero, facessero i bagagli e se ne andassero.
Dove?
Possono tornare nella Polonia dei Pogrom che ha ospitato Aushwitz?
Nella Russia che sotto Stalin ne ha avviato dieci milioni verso i gulag?
Nell’Italia che osanna Dario Fo, combattente della Repubblica di Salò, uno che ha personalmente e fisicamente contribuito a mettere i bambini sui treni? Tornano a Roma, da cui gli Ebrei sono stati deportati un giorno di ottobre per ritornare in 16, o tornano nei paesi arabi da cui sono stati espulsi da un giorno all’altro nel ’67?
Qual è il luogo degli ebrei? Se Gerusalemme, la città di Re Davide non è un luogo ebraico, qual è il luogo degli ebrei? Il fumo dei camini.
I palestinesi, nella figura del Gran Mufti, nel 41 ( la soluzione finale è del febbraio 42) sono coloro che hanno chiesto di non avere il corpo estraneo. Il nazismo ha due anime, tedesca e islamica Adolf Hitler, Berlino 22 novembre 1942. Il cambio di una Fatwa che ha schierato al suo fianco palestinesi, egiziani, iracheni e siriani Hitler mutò il progetto iniziale di espulsione ( avrebbe aumentato le dimensioni del corpo estraneo) in sterminio.
Uno sterminio maledettamente antieconomico che ha indebolito la Germania causandone la caduta. È stato calcolato che se non avessero tolto soldati, treni elettricità e filo spinato dal fronte i tedeschi i Russi li avrebbero fermati. Non a Stalingrado, certo, e nemmeno sulla frontiera russa, ma su quella tedesca A Berlino, a violentare le loro donne, tutte fino all’ultima, non li avrebbero fatti arrivare.
Per distruggere gli Ebrei la Germania si è suicidata, ha pagato il prezzo di sé stessa. La stessa scelta la sta facendo l’Europa. Gli appartenenti alla sedicente società civile ( Orwell for president) hanno per decenni giustificato quando non beatificato il terrorismo contro gli israeliani (ma il piccolo Stefano ucciso a due anni davanti alla sinagoga di Roma non era nemmeno israeliano, ma semplicemente ebreo) .
Il risultato è che ora sono i nostri stessi figli a morire nelle metropolitane, negli aerei, nei treni o nei grattacieli. A meno che l’Europa si svegli e non esca dalla cultura di morte del terrorismo. E si sta svegliando, con buona pace dei suoi intellettuali e dei suoi vescovi.
Silvana De Mari

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