Il bambino senza nome Mark Kurzem
Traduzione di Franca Genta Bonelli
Piemme Euro 11,50
Un oggetto semplice come una valigia può trasformarsi in uno scrigno prezioso di ricordi, frammenti di una vita precedente che a volte sono così gravidi di dolore da non poter far altro che rimuoverli per non soccombere.
Al centro del racconto di Mark Kurzem, professore di antropologia ad Oxford, c’è proprio una logora valigia che il padre Alex ha sempre custodito gelosamente e dalla quale ogni tanto - quasi fosse un cilindro magico - traeva storie incredibili sulla sua infanzia che affascinavano Mark e i suoi fratelli e che raccontava con piglio avventuroso nella loro casa di Melbourne in Australia.
In realtà quella valigia contiene i brandelli di un angoscioso segreto, la verità sul suo passato, che il padre dello scrittore ha cercato di seppellire nell’oblio per proteggere la propria famiglia. Consapevole che una volta venuta alla luce quella verità avrebbe diviso vittime e carnefici Alex ha atteso molti anni prima di bussare alla porta del figlio Mark ad Oxford e raccontargli i ricordi evanescenti e imprecisi della sua vita che lo hanno ossessionato per settant’anni.
Quella di Alex è l’epopea tragica e assurda ma drammaticamente reale di un bambino bielorusso ebreo di cinque anni che voleva vivere e quando una sera sente la madre dire: “Domani saremo tutti morti” si alza di notte e fugge dalla sua abitazione. Dalla cima di una collina assiste impotente al massacro della madre e dei fratellini: uno spettacolo di orrore che lo segna nel profondo e lo porta a cercare rifugio nella foresta, dormendo sugli alberi di notte, cibandosi di frutti selvatici e scaldandosi con il cappotto sottratto ad un soldato morto.
Catturato da uno spietato contadino viene consegnato ai soldati del 18° battaglione lettone e sta per essere fucilato insieme ad altri ebrei quando con infantile innocenza urla rivolto al comandante: “Prima di morire datemi del pane”. Una frase che intenerisce il sergente Kulis fino a indurlo a salvare la vita del piccolo ebreo ma raccomandandogli sempre di non far sapere a nessuno che è stato circonciso.
Alex diventa la mascotte del battaglione: gli vengono dati un nome, Uldis Kurzemnieks, una data di nascita e il comandante del battaglione, responsabile di efferati eccidi, gli insegna a ripetere la storia alterata del suo ritrovamento. Per lui vengono confezionate apposite divise, ha il compito di tenere alto il morale dei soldati, è costretto ad assistere a massacri e violenze (vede rinchiudere un gruppo di ebrei in una sinagoga e assiste con angoscia mentre i soldati appiccano il fuoco) oltre ad essere usato per la più bassa propaganda. Tutto questo prima di essere affidato alla famiglia dell’industriale collaborazionista Dzenis che vive a Riga e dopo la guerra lo porterà insieme alla sua famiglia in Australia ma dalla quale il bimbo rifiuterà sempre di essere adottato, quasi consapevole di non appartenere a quella gente e anzi allontanandosene non appena possibile.
Questa è solo una parte della tragica vicenda di Alex che del passato ricorda solamente i nomi di Koidanov e Panok. Da lì comincia la lunga e dolorosa ricerca che padre e figlio intraprendono assieme: un cammino faticoso per Mark che deve fare i conti con un padre che ha sempre creduto di conoscere ma che in realtà nasconde segreti sconvolgenti, capaci persino di incrinare gli affetti più solidi.
Dopo alcuni contatti con un esperto di genealogia ebraica e uno storico dell’Olocausto, rivelatisi più o meno infruttuosi, Mark accompagna il padre in Bielorussia e in Lettonia dove molte domande troveranno una risposta e soprattutto scoprirà il suo vero nome: Ilya Galperin oltre ad un'altra rivelazione sconvolgente che non sveliamo ai lettori.
L’autore che ha ridato al padre la sua vera identità in questo drammatico viaggio alla ricerca di sé ci fa scoprire quanto la crudeltà dei nazisti non si limiti alle carneficine compiute ma giunga a rubare l’identità di un individuo, a manipolare la sua vita, privando della sua identità culturale lui e tutti i suoi discendenti.
Quella raccontata da Mark Kurzem è una storia sconvolgente che angoscia anche per il rimorso di un uomo che pensa di non aver fatto nulla per salvare altre vite umane, seppur all’epoca era soltanto un bimbo di cinque anni.
Il libro di Kurzem, pur rivelando uno stile narrativo poco brillante e una scrittura dai toni monocordi, è un altro tassello di memoria che si aggiunge a quanto è già stato scritto sull’Olocausto e al di là del racconto di una vicenda individuale, fa luce su un periodo infausto della storia Lituania complice del nazismo, ancora oggi poco nota al pubblico italiano.
Giorgia Greco