Sapete l'ultima? L'ho appresa dai miei servizi segretissimi: Netanyahu la settimana scorsa ha deciso di prolungare il blocco delle costruzioni. Così, per fare un piacere a Obama. Due mesi, scadenza il 15 dicembre, inizio delle vacanze di Natale. Non l'ha detto a nessuno, per fare una sorpresa. Pensate come sarebbero stati contenti il papa e l'Unione Europea. Ma l'ha fatto sapere agli Usa e all'autorità palestinese. E poi che è successo? Be', niente. Per un po' i palestinesi non si sono fatti trovare. Il loro presidente Muhammed Abbas era ininterrottamente dal commercialista in riunione, per controllare gli investimenti; il capo negoziatore Erkat era andato a vedere gli allenamenti di football americano in California, il premer Fayyad faceva finta di essere il centralinista. Dopo qualche giorno è arrivato un appuntamento per Capodanno. A patto, naturalmente, che il blocco fosse rinnovato. Allora il buon Netanyahu si è appellato a Obama che ha mandato un paio di marines a prendere Abbas per la collottola. E lui ha detto che sì, andava bene, poteva trovare un buco per fine novembre. "Ma per parlare di che?" " Be', della pace," ha risposto Netanyahu. "Voi vi impegnate ad abbandonare le armi, stabiliamo i confini, accettate che noi siamo lo stato del popolo ebraico e ci promettiamo di stare in pace." "Io promesse non ne faccio," ha replicato Abbas. "Voi date subito il passaporto a quei sedici milioni di arabi che – vi assicuro io - hanno almeno un prozio che qualche volta è passato da quelle parti. E poi torniamo ai confini del 1915. A questa condizioni sono disposto a trattare, per esempio dei risarcimenti che dovete darci." "Sedici milioni?" "Sì, non un vecchietto in meno" "Ma non ci sarebbe più il nostro stato..." "Appunto. Nel 1915 non c'era nessuno stato di Israele, solo Impero Ottomano, cioè Turchia." Guarda un po', il blocco non è stato rinnovato. E le trattative sono ferme. Bene o male?