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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Libero Rassegna Stampa
21.10.2010 Obama finanzia l'Arabia Saudita nella speranza che risolva il problema Iran
Cronaca di Glauco Maggi

Testata: Libero
Data: 21 ottobre 2010
Pagina: 23
Autore: Glauco Maggi
Titolo: «Obama arma l’Arabia contro l’Iran»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 21/10/2010, a pag. 23, l'articolo di Glauco Maggi dal titolo " Obama arma l’Arabia contro l’Iran ".


Obama s'inchina al re saudita Abdullah

Bush voleva “armare” con lo scudo missilistico la Polonia e la RepubblicaCe- ca per contrastare possibili attacchi dall’Iran, ma Obama ha accettato una vol- ta eletto di bloccare l’idea e di annacquare l’accordo con i due governi ex comunisti, che avevano accettato di rafforzare le pro- prie difese non solo contro Teheran, ma anche implicitamenete contro le mai so- pite ambizioni espansioniste del Kremli- no. Oggi tocca a Obama e al Congresso a maggioranza Democratica dire di sì ad un’altra operazione di “diplomazia” e di fornitura militare, che ha sempre l’Iran sullo sfondo ma non coinvolge l’Est Euro- pa bensì il mondo arabo.
L’Arabia Saudita ed altri Stati del Golfo hanno ordinato re- centemente armi americane per un totale di 123 miliardi di dollari. Di questi, la fetta maggiore sono i 60 richiesti dall’Arabia Saudita, che vuole 84 caccia nuovi di pac- ca e 70 riammodernati, in larga misura prodotti dalla Boeing, oltre a 70 elicotteri Apache, 72 Black Hawks e 36 Little Birds. Una bella flottiglia destinata ad un regime islamico più che autoritario, che finanzia madrase in mezzo mondo, e che non dà la patente di guida per le auto alle sue suddi- te in patria, anche se è il primo paese pro- duttore di petrolio al mondo. Dalle madrase estremiste appoggiate dai sunniti dell’Arabia Saudita, si sa, esco- no frotte di potenziali terroristi. Ma il regi- me di re Abdullah, lo stesso di fronte al quale il presidente Obama neo eletto fece la gaffe dell’inchino al loro primo meeting internazionale, è anche nemicissimo di Teheran.
E l’Iran èunarepubblica islami- ca sciita radicale che è ancora peggio, di questi tempi, poiché il suo leader Ahma- dinejad vuole spazzare Israele dalla faccia della terra e farsi la bomba nucleare alla faccia dei patti che ha sottoscritto di non proliferazione e delle sanzioni dell’ONU. È naturale chiedersi, allora: ha senso per l’America fornire una tale batteria di guerra all’Arabia Saudita, per un obiettivo legato alla stretta attualità del pericolo ira- niano?Nonè un’azione azzardata strate- gicamente? E non ha insegnato nulla l’esperienza dell’Afghanistan, dove Washington armò la resistenza islamica anti- russa per ritrovarsi qualche decenniodo- po ripagata dall’attacco di Al Qaeda del’11 settembre? Nei rapporti internazionali la “real politik” ha sempre i suoi rischi. Per decenni, il metro di giudizio delle allean- ze, per i governi americani, era stata la di- stanza o la vicinanza da Mosca di un certo regime. La Guerra Fredda era una faccenda glo- bale, e il comunismo era “il” pericolo. In questa ottica, aver aiutato gli afgani a di- sfarsi del controllo imperialista del Kremlino è stata una decisione dalle implica- zioni positive per risolvere quella che allora era, per usare la classificazione di Mao, la “contraddizione principale”, l’ostacolo maggiore all’obiettivo dello sviluppo democratico del mondo. Sappiamo oggi co- me è andata con l’ex amico Osama Bin Laden e con i talebani, ma sul piatto della bilancia storica vanno messi i vantaggi della fine del comunismo a cui la disfatta in Afghanistan ha certo contribuito.
Dunque, per tornare ai patemi di Oba- ma sul via libera alla commessa, noi che nonsiamo tenericonil presidente sutan- te questioni, sul sì all’Arabia Saudita pen- siamo sia la cosa giusta da fare per l’Ame - rica. Dividere i nemici è una tattica non male, e se i regimi islamici illiberali si guardano in cagnesco, facciano pure. Se l’Arabia pensa che Teheran sia un tale ri- schio per la propria sicurezza da richiede- re centinaia di aerei da guerra, questo è un elemento che dovrebbe semmai rafforza- re la vigilanza e le misure di contenimento contro Ahmadinejad di tutto il mondo li- bero, più di quanto già non si faccia. Poi c’è il fattore puramente economico.
Gli Usa rifiutano l’affare? Il mercato delle ar- mi è mondiale: la Russia, l’Europa o ma- gari la Corea del Nordola Cina sarebbero ben lieti di subentrare. I dubbi sulla fornitura dei 60 miliardi di velivoli da guerra all’Arabia sono stati al centro di un dibattito presso il CFR, Coun- cil on Foreign Relations di New York qual- che giorno fa. Dei quattro esperti di politi- ca internazionale intervenuti, tre hanno detto che è una buona idea, e solo il quar- to, William Hartung, ha usato un tono cauto mettendo in guarda contro il ri- schio di favorire così una “corsa agli ar- mamenti”nella regione.

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