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La Stampa Rassegna Stampa
20.10.2010 Va on line il catalogo delle razzie naziste agli ebrei
Gran parte dei beni non sono ancora stati resi ai legittimi proprietari e ai loro eredi

Testata: La Stampa
Data: 20 ottobre 2010
Pagina: 17
Autore: Alessandro Alviani
Titolo: «Va on line il catalogo dei furti nazisti agli ebrei»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/10/2010, a pag. 17, l'articolo di Alessandro Alviani dal titolo " Va on line il catalogo dei furti nazisti agli ebrei ".


Ebrei prigionieri in un campo         Un dipinto di Egon Schiele
di sterminio nazista

Settant’anni dopo la morte di Walter Benjamin un antiquario è riuscito a ricostruire, dopo oltre trent'anni di ricerca, la sua biblioteca: 2.500 libri, che vanno dal dramma di Goethe «Stella» fino a un’edizione francese del libro per bambini «Babar l'elefante». Non sono i libri di Benjamin, ma edizioni dell’epoca. La biblioteca è in mostra a Solingen, nell’ambito di una mostra su Goya, Benjamin e Havel. Nella sua fuga dai nazisti Benjamin perse due volte la sua biblioteca, una volta a Berlino, l’altra a Parigi.
Se venissero esposti tutti nello stesso edificio formerebbero probabilmente uno dei più ricchi e prestigiosi musei del mondo: un autoritratto di Van Gogh, una composizione geometrica di Picasso, il ritratto di una donna senza veli di Rembrandt, un villaggio russo immerso nella neve firmato da Chagall. Le loro tracce, però, si sono perse da decenni: potrebbero marcire in uno scantinato nei territori dell'ex Unione sovietica, abbellire la villa di qualche privato o essere appesi alle pareti di un ignaro gallerista. Nessuno, del resto, sa esattamente a chi appartengano.
Adesso oltre 20 mila opere d'arte rubate dai nazisti ai loro proprietari ebrei durante l'occupazione della Francia e del Belgio sono state raccolte in una banca dati virtuale (http://www.errproject.org/jeudepaume/). «Restituted? No», è il laconico appunto che compare accanto a molti degli oggetti. La metà dei quadri, delle sculture e dei mobili antichi catalogati online non sono mai stati riconsegnati, lamenta la Claims Conference, l'organizzazione statunitense che ha lanciato il progetto in collaborazione con gli archivi nazionali di Germania, Francia e Stati Uniti. L'obiettivo è triplice: aiutare i musei a scoprire se nei loro depositi si nascondano opere d'arte depredate, ricostruire il destino dei quadri scomparsi e favorirne la restituzione agli eredi dei legittimi proprietari.
Non si tratta del primo registro digitale di questo tipo. In Germania negli ultimi anni sono stati lanciati tre progetti simili: la banca dati ufficiale tedesca sull’arte depredata dai nazisti, chiamata «Lost Art»; un progetto della Freie Universität di Berlino che si occupa dei quadri degli artisti «degenerati»; un catalogo online del Museo di storia tedesca che raggruppa le opere d'arte che i nazisti avrebbero voluto esporre dal 1950 nel «Museo del Führer» a Linz.
Diversa, invece, la storia delle 20 mila opere d'arte mostrate ora dalla Claims Conference. La loro sciagura inizia nel 1940, quando Alfred Rosenberg, uno dei massimi ideologi del nazismo, dà vita all’«Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg», ERR, una task force che ha il compito di confiscare le opere d'arte nei territori europei occupati dalla Wehrmacht. In quattro anni Rosenberg si impossessa delle collezioni private di oltre 200 ebrei francesi e belgi. Intere famiglie, come i Rothschild, assistono inermi alla perdita di centinaia di preziosi capolavori.
I quadri finiscono prima nei locali dell'Ambasciata tedesca a Parigi, poi al Louvre e infine alla galleria del Jeu de Paume, dove vengono catalogati in modo meticoloso: autore, soggetto, dimensioni, proprietario, data d'arrivo a Parigi. Tutto scrupolosamente registrato su quelle schede ingiallite dal tempo ora mostrate online. Da Parigi le opere d'arte prendono innumerevoli strade: alcune vanno ad arricchire le collezioni private dei gerarchi nazisti, a partire da Hermann Göring; altre vengono spedite in Austria, altre ancora arrivano nei sotterranei del castello bavarese di Neuschwanstein. Un'odissea documentata online da impressionanti foto in bianco e nero: dipinti appoggiati l'uno all'altro nei depositi di Neuschwanstein, casse piene di preziose opere d'arte fatte scivolare su improvvisati binari.
Con la fine della guerra, grazie anche alla precisione maniacale con cui i nazisti registravano i loro furti, molte opere poterono essere riconsegnate ai loro proprietari. Ma non tutte: quel capitolo non è ancora chiuso.

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