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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.10.2010 Si può definire 'ricerca storiografica' il negazionismo ?
Solo Sergio Romano ci riesce

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 ottobre 2010
Pagina: 35
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Una legge sul negazionismo non risolve il problema»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/10/2010, a pag. 35, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Una legge sul negazionismo non risolve il problema ".


Sergio Romano            Claudio Moffa

Sergio Romano è contrario a una legge che condanni il negazionismo e scrive : " un’opinione non è un reato e le ricerche storiografiche si combattono con altre ricerche, non con le sentenze dei tribunali ". Un'opinione non è un reato, ma il negazionismo può essere considerato solo un'opinione o una menzogna? Sergio Romano sostiene anche che il modo migliore di combattere il negazionismo è la ricerca storiografica. Il negazionismo non ha nulla a che vedere con la ricerca storica, le 'ricerche' dei revisionisti non possono essere messe sullo stesso piano di quelle degli storici.
Chi sostiene che le camere a gas, i forni crematori, i campi di sterminio sono una montatura non fa ricerca storica, ma nega la realtà. L'antisemitismo non si combatte discutendo con chi lo diffonde, ma condannandolo per legge. E' vergognoso e insultante nei confronti delle vittime della Shoah che, per una deriva del concetto di democrazia, sia permesso a negazionisti come Claudio Moffa di avere una cattedra dalla quale diffondere  menzogne antisemite.
Ecco l'articolo:

Dopo il clamoroso caso del docente negazionista dell'università di Teramo e la richiesta di intervento legislativo del capo della Comunità ebraica romana, saluto con favore l'intento del sottosegretario Gianni Letta e dei presidenti delle Camere di lavorare per una legge che punisca il negazionismo o il riduzionismo della Shoah, in linea con altre legislazioni europee e — aggiungo — in continuità con la legge Scelba del 1952, che sanziona penalmente l'apologia del fascismo. Per raggiungere lo scopo, forse basterebbe integrare il secondo comma dell'articolo 4 della legge Scelba con le espressioni di seguito riportate in carattere neretto: «Alla stessa pena di cui al primo comma (nota: reclusione da 6 mesi a 2 anni e multa) soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo o del nazismo, oppure le loro finalità antidemocratiche, nonché chi pubblicamente nega o minimizza o pone in dubbio lo sterminio di massa nazista a danno delle popolazioni ebraiche o gitane o slave, o a danno di minoranze religiose o di persone discriminate per orientamento sessuale» (infatti, oltre ai 6.000.000 di ebrei, furono massacrati sistematicamente da nazisti - e complici centinaia di migliaia di zingari, omosessuali, slavi, Testimoni di Geova). Certo, una legge non risolve in radice un problema che è anzitutto culturale. Però, una severa nonna sarebbe utile almeno per impedire ai cattivi maestri di salire in cattedra e fare scempio della storia e della Memoria.

José Mottola
avvmottola@libero.it

Caro Mottola,

Nel 2005 un gruppo di storici francesi promosse la creazione di «Liberté pour l ’ histoire » , un’associazione che fu presieduta, agli inizi, da René Remond, uno dei maggiori studiosi cattolici della seconda metà del Novecento. Erano preoccupati dal modo in cui i Parlamenti si pronunciavano con crescente frequenza sulla valutazione degli avvenimenti del passato, e dalle azioni giudiziarie contro storici e filosofi. Queste preoccupazioni divennero ancora maggiori quando, nel 2007, il Consiglio europeo propose che tutti gli Stati membri dell’Ue punissero chiunque avesse «grossolanamente minimizzato» un evento che era stato definito genocidio, crimine contro l’umanità o crimine di guerra. A Blois, nel 2008, fu deciso di lanciare un appello in cui è detto, tra l’altro: «La storia non deve essere schiava dell’attualità e non deve essere dettata agli storici da memorie concorrenti. In uno Stato libero, non spetta ad alcuna autorità politica definire la verità storica e restringere la libertà dello storico sotto la minaccia di sanzioni penali».

Quando Pierre Nora, lo storico che aveva lanciato l’appello, mi chiese se volessi firmarlo, lo sottoscrissi senza esitare. Il suo testo diceva esattamente quello che pensavo e scrivevo da molti anni. Sono queste le ragioni, caro Mottola, per cui non posso essere d’accordo con la sua proposta. Ho sempre pensato che la negazione o minimizzazione del genocidio ebraico della Seconda guerra mondiale fosse un esercizio assurdo, privo di qualsiasi fondamento reale. Ma un’opinione non è un reato e le ricerche storiografiche si combattono con altre ricerche, non con le sentenze dei tribunali. Aggiungo che la legge Scelba, da lei ricordata, appartiene al novero di quelle grida che finiscono per essere difficilmente applicabili e che è inutile, quindi, promulgare. Se una teoria suscita, in un particolare momento, forti reazioni ed emozioni, la questione, se mai, è d’ordine pubblico, vale a dire un problema per cui bastano i prefetti e i questori.

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