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Fischer e Tremonti, una lezione 14/10/2010

Fa piacere leggere che Tremonti, di fronte alla tecnica della macromanovra di Fischer, sia rimasto sbigottito e cerchi per quanto possibile di riprodurla o almeno di trarne spunti importanti, anche se inutili perchè la manovra di Fischer, soprattutto quella monetaria, è tecnicamente possibile in un sistema economico libero, non vincolato a politiche comunitarie ed a divieti propri di una economia integrata in un metasistema internazionale che ne impone le regole di funzione.
Il sostegno delle esportazioni, per esempio, con forti acquisti di valuta estera allo scopo di ponderare il rapporto della moneta nazionale con quella estera è una tipica classica e scontata manovra di politica monetaria possibile tuttavia solo in condizioni di piena libertà di manovra quali solo può garantire il sistema libero per eccellenza, il capitalismo, inteso come libertà di impresa e di manovra e sottratto quindi alla icona mefitica che ne ha dato il marxismo.
La superiorità economica del capitalismo e cioè della forma scientifica dell'economia non aveva bisogno della lezione di Fischer, ma la tecnica raffinata e intelligente di questo professore colpisce per la traduzione della intelligenza d'Israele in campo finanziario (in altri campi scientifici non ne servono esempi) e lo straordinario effetto ottenuto con la sottrazione della economia israeliana alla crisi mondiale della bolla speculativa  conferma ulteriormente la superiorità del modello capitalistico integrale.
Vale a dire informato da sole equazioni di equilibrio e compatibilità e non da penose metafore organiciste come i modelli di Samuelson o la simulazione per agenti in swarm degli economisti di "Sistemi intelligenti" la rivista bolognese della equipe di Prodi , che rispetto alla lezione di Fischer fanno veramente ridere, come insegna il primo economista italiano, il prof. Ricossa, che ha bollato ogni modello economico non puramente  e semplicemente capitalistico come "scienza inesistente".
Mi sono laureato il 4 dicembre 1979 in Scienza delle finanze a Parma relatore il prof. Tremonti (provider: prof. Francesco Banchini) sull'accertamento tributario ed i suoi effetti sulla finanza di impresa e mi auguro che oggi il nostro amato ministro, oltre a contemplare la tecnica di Fischer sugli effetti macroeconomici della alterazione ponderata dei flussi di risorse finanziarie e monetarie nella costruzione nelle equazioni di equilibrio, ricordi anche contributi più modesti ma convergenti.
Quelli che cioè individuavano nella pressione fiscale la variabile depressiva del ciclo economico, vale a dire la incompatibilità fra sviluppo capitalistico e manovra fiscale borbonica, cioè italiana e comunitaria, cioè greca, spagnola, albanese e di tutti gli altri stati che hanno aderito alla disgraziata avventura comunitaria europea caldeggiata dagli insegnanti di ragioneria Prodi, Andreatta eccettera, la cui destrezza nella formazione di equazioni delì'equilibrio si declina in funzione della loro laurea in giurisprudenza, del corpus iustinianeus e delle masse blumhiane ratae et perpensae in eadem ratione ecclesiae et missa finita est.

Non è importante che Tremonti si batta per l'ingresso di israele nella UE; è importante che si batta per l'uscita dell'Italia da tale cartello, perchè la storia ha dimostrato e Fischer ne è la prova che la sola manovra risolutiva della crisi ciclica è la manovra capitalistica libera, svincolata dai parametri della giostra comunitaria, il che nelle condizioni attuali è impossibile.

Vale quindi l'assioma o capitalismo o fame, traducibile nelle proposizioni derivate: o capitalismo o albania, o grecia o meridione d'italia, e quindi propensione fatale alle economie islamiche di Gheddafi e del mediterraneo berbero.

Che questa ennesima lezione potesse pervenire solo dalla esperienza e dall'intelligenza della civiltà d'Israele fa parte del paradigma; nelle università italiane si dovrebbe istituire un corso di studi autonomo: teoria israeliana dell'economia. Avremmo qualche studente musulmano in meno e qualche manager come Fischer in più. E l'Italia ha certamente bisogno del secondo. Israele siamo sempre noi.

 Vitaliano Bacchi


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