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Il Foglio Rassegna Stampa
09.10.2010 Israele dà una mano a Abu Mazen
Ma lui invece di dire grazie critica

Testata: Il Foglio
Data: 09 ottobre 2010
Pagina: 3
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «L'esercito di israele chiude la grande caccia al 'siriano' di Hamas»

Illuminante l'articolo uscito oggi, 09/10/2010, sul FOGLIO, a pag.3, dal titolo "L'esercito di Israele chiude la grande caccia al 'siriano' di Hamas", Importante, perchè fa capire quanto sia indispensabile l'azione difensiva di Israele non soltanto per quanto si riferisce allo Stato ebraico, ma anche nei confronti dell'Autorità palestinese. Che ha sì collaborato con gli arresti degli uomini di Hamas, ma che nei comunicati ufficiali continua a criticare Israele. Se Abu Mazen crede che questa sia la politica migliore per arrivare a costruire lo Stato palestinese si sbaglia. Dubitiamo però che abbia la forza di cambiare.
Ecco l'articolo:

 
Guerriglieri di Hamas

Gerusalemme. Due terroristi di Hamas sono rimasti uccisi in un’operazione dell’esercito israeliano a Hebron. Nel raid è stata sgominata la cellula responsabile dell’uccisione di quattro civili. Il leader del gruppo, Nashat al Karmi, era chiamato “il siriano”: era nato a Hebron, aveva ricevuto addestramento a Damasco, dove si era trasferito, e tornava in Cisgiordania soltanto per portare a termine gli attacchi contro obiettivi israeliani. Poco prima dell’alba di venerdì, i soldati di Tsahal hanno circondato la casa in cui i ricercati si nascondevano, intimando loro di arrendersi. Ne è nata una sparatoria finita con la morte di due uomini di Hamas, l’arresto di altri sei e la confisca di un arsenale di armi. Per i servizi di sicurezza israeliani, ma anche secondo i media di Hamas, Nasat al Karmi e il suo vice, Mamun Natashe, erano gli autori dell’imboscata tesa il 31 agosto contro un’auto di civili israeliani vicino alla città della Cisgiordania. Dopo aver crivellato di colpi la macchina, i due si sono avvicinati e hanno sparato a bruciapelo ai quattro passeggeri – tra loro c’era anche una donna incinta. L’attentato avrebbe dovuto creare problemi all’Autorità nazionale palestinese e destabilizzare i colloqui di pace con Israele lanciati a Washington. Al Karmi e Natashe avevano già scontato diverse condanne per terrorismo, un particolare al quale i media israeliani hanno dato grande risalto. La minaccia costituta dai terroristi liberati dalle carceri è sempre un argomento sensibile a Gerusalemme: una parte dei negoziati con l’Anp riguarda proprio il rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi in cambio del soldato israeliano Gilad Shalit, rapito da Hamas e tenuto in ostaggio dal 2006. Hamas ha giurato vendetta per l’uccisione dei suoi due militanti. Il portavoce dell’organizzazione, Abu Obeida, ha attaccato le trattative fra Israele e l’Anp, affermando che l’operazione è “uno schiaffo a tutti coloro che continuano a scommettere sulle relazioni con l’occupante e a negoziare con esso”. Anche se, ufficialmente, l’Anp ha condannato il raid di Tsahal, l’operazione non è uno schiaffo alla leadership di Abu Mazen, bensì il coronamento di una caccia all’uomo durata più di un mese in cui gli apparati di sicurezza di Ramallah hanno lavorato con gli israeliani per stanare i responsabili dell’attentato. Se i negoziati di pace sono in stallo mentre si discute ancora di un rinnovo della moratoria sulla costruzione negli insediamenti israeliani in Cisgiordania, la collaborazione tra le due parti nella guerra ai fondamentalisti di Hamas si fa sempre più stretta. Ad assediare il rifugio di al-Karmi e Natashe c’erano gli uomini di Tsahal e dello Shin Bet, ma nelle ultime settimane sono state le forze di sicurezza di Abu Mazen ad arrestare mille e quattrocento militanti di Hamas e a fermarne altri duemila in almeno quaranta raid in Cisgiordania. Pochi giorni fa, Hamas ha minacciato di colpire i leader del partito di Abu Mazen, al Fatah, se l’Anp non metterà fine all’ondata di arresti. Per lo Shin Bet, è proprio dagli interrogatori degli arrestati che sono uscite le informazioni necessarie all’operazione di venerdì. “Loro ci danno le informazioni e noi facciamo il lavoro sporco”, dice al Foglio Mordechai Kedar, ricercatore del Centro di studi strategici presso l’Università Bar Ilan. Da quando, nel 2007, Hamas si è impadronita della Striscia di Gaza, l’Anp cerca l’appoggio israeliano per evitare che lo stesso accada in Cisgiordania. “Temono Hamas più di quanto temano noi, perché con noi possono negoziare – spiega Kedar – Le due parti capiscono che Hamas è il nemico e continueranno a collaborare per sconfiggerlo”.

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lettere@ilfoglio.it

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