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Ugo Volli
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Ecco i palestinesi buoni con cui bisognerebbe fare la pace 07/10/2010

Ecco i palestinesi  buoni con cui bisognerebbe fare la pace


Abu Mazen, Saeb Erekat, Abbas Zaki

Cari amici, a proposito di pace in Medio Oriente, di chi la vuole e di chi non la vuole, oggi invece di fare le solite chiacchiere mi permetto solo di allinearvi qualche piccola citazione, così, solo per capire:

1. "«Noi non abdicheremo a nessun principio cardine. Dal Consiglio Nazionale Palestinese di Algeri del 1988, col quale dichiarammo lo stato palestinese e riconoscemmo le risoluzioni Onu 242 e 338, quali sono le concessioni che avremmo fatto sui principi fondamentali? Abbiamo sempre insistito sulle linee del 1967, su Gerusalemme come nostra capitale e sul diritto al ritorno dei profughi secondo le risoluzioni dell’Onu, a cominciare dalla 194. Non una singola parola dei nostri documenti è stata cambiata da allora ad oggi. Non è accaduto e non accadrà» (Mahamud Abbas, presidente dell'Autorità Palestinese da: Al-Ayyam, Autorità Palestinese, 6.9.10). (http://www.israele.net/articolo,2942.htm )

2.«Abu Amar [Yasser Arafat] avrebbe potuto firmare un accordo sin dal primo giorno, e così non sarebbe stato assassinato [sic]. Anche Mahmoud Abbas (Abu Mazen) avrebbe potuto accettare ciò che gli venne offerto dopo il summit di Annapolis, vale a dire il 100% del territorio [tra ritiri e scambi territoriali]. Ma noi abbiamo assunto, e sempre assumeremo, una posizione fermissima: che la capitale dello stato palestinese sia a Gerusalemme, che il problema dei profughi venga risolto secondo la risoluzione 194, che lo stato palestinese sia sulle linee del 1967» (Saeb Erekat, capo negoziatore palestinese da: www.maannews.net , 4.9.10)

3. Abbas Zaki, ambasciatore dell'OLP in Libano: «A mio parare, con la soluzione a due stati Israele crollerà perché, quando se ne andranno da Gerusalemme, che cosa ne sarà di tutti i loro discorsi sulla terra promessa e sul popolo eletto? Cosa ne sarà di tutti i sacrifici che hanno fatto, solo per sentirsi poi dire di andar via? Loro considerano che Gerusalemme abbia uno status spirituale; gli ebrei considerano Giudea e Samaria [Cisgiordania] come il loro sogno storico. Se gli ebrei dovranno abbandonare questi luoghi, l’idea sionista inizierà a crollare. Regredirà con il loro stesso assenso. E poi noi andremo avanti» (da: TV ANB, 7.05.09). «Noi siamo totalmente convinti che il diritto al ritorno [all’interno di Israele] sia garantito dalla nostra volontà, dalle nostre armi e dalla nostra fede. L’Olp è l’unico legittimo rappresentante del popolo palestinese e non ha cambiato una virgola della sua piattaforma programmatica. Alla luce della debolezza della nazione araba e della carenza di valori, e alla luce del controllo americano su tutto il mondo, l’Olp ha deciso di procedere per fasi, ma senza cambiare il suo obiettivo strategico. Lasciatemi dire: quando l’ideologia di Israele inizierà a crollare e noi prenderemo perlomeno Gerusalemme, crollerà l’ideologia d’Israele nella sua interezza, e noi inizieremo a procedere con la nostra ideologia, ad Allah piacendo, e a buttarli fuori da tutta la terra di Palestina» (TV NBN, 9.04.08).

Come vedete, il problema per i palestinesi non sono in realtà gli insediamenti oltre la linea verde, un puro pretesto per non andare avanti nel negoziato, ma l'esistenza stessa di Israele. Notate che questi sono tutti Palestinesi buoni, quelli dell'Autorità Palestinese con cui bisognerebbe fare la pace, secondo Obama e i pacifisti. Vi meraviglia che secondo un recente sondaggio la maggioranza dei giovani nell'Autorità Palestinese (62,9 % contro 32,9%), rifiuti la soluzione delle frontiere del 1967 con scambi di territorio e ancor di più (78% contro 19,4) quella di Gerusalemme capitale di due stati?
A me no, per niente. Ma come è noto, io sono un miscredente (almeno nella religione della pace a tutti i costi).

Ugo Volli


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