Ebrea per finta pur di dare addosso a Israele Il giornalista tedesco Henryk M. Broder smaschera la truffa di Edith Lutz
Testata: Il Foglio Data: 06 ottobre 2010 Pagina: 6 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «La strana storia della pacifista ebrea tedesca partita per Gaza, che però forse bluffa un po’»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 06/10/2010, a pag. I, l'articolo dal titolo "La strana storia della pacifista ebrea tedesca partita per Gaza, che però forse bluffa un po’". Noi averemmo titolato ' bluffa di brutto', altro che un po'.
Edith Lutz, Henryk M. Broder
Milano. Lo scrittore e giornalista tedesco Henryk M. Broder in patria gode della nomea di gran rompiscatole. Fama che non pare turbarlo più di tanto, certo non lo trattiene dal ficcare il naso in ogni cosa che non gli quadra. Così è stato anche nel caso della nave di pacifisti ebrei Irene, battente bandiera britannica e salpata con un gruppo di attivisti in settembre alla volta di Gaza e, come tutte quelle precedenti, costretta poi dagli israeliani ad attraccare nel porto di Ashdod. Non è però il fatto che sulla nave ci fossero pacifisti ebrei a far drizzare le antenne di Broder. A lui interessa, come raccontava ieri sul Tagesspiegel, una persona in particolare che si trova a bordo. E cioè Edith Lutz, una signora tedesca di mezza età. Lo scorso 17 giugno, il magazine d’attualità Monitor della prima rete televisiva tedesca Ard manda infatti in onda un servizio nel quale si parla di una campagna di aiuti a favore della popolazione della Striscia di Gaza, organizzata non da qualche gruppo di sinistra, ma – era questa la notizia – da ebrei tedeschi. In loro rappresentanza era stata invitata da Monitor la signora Lutz. Scelta motivata dal fatto che, aveva precisato la conduttrice, non solo era ebrea ma aveva conseguito pure un dottorato in giudaismo. “Più competente di così”, scrive Broder. “Eppure, per quanto impressionato, la cosa non mi convinceva del tutto”. Per questo inizia a fare ricerche, telefona alla comunità ebraica di Colonia, da dove proviene Lutz. Nessuno ne aveva sentito parlare. Da Google, Broder apprende invece che la signora aveva già forzato, con successo, due anni fa il blocco navale di Gaza e che è anche autrice del libro (non più in commercio) “Heinrich Heine e l’associazione culturale e scientifica per gli ebrei”. “Mica male da Heinrich Heine a Gaza, c’è gente che in tutta la sua vita non arriva nemmeno da Bacharach a Königswinter (due città della Renania distanti 130 chilometri, ndr)”, ragiona Broder. Ma poi decide di lasciar perdere. Almeno fino al 12 luglio scorso, quando gli casca l’occhio su un articolo della Taz che parla di nuovo della signora Lutz. La foto che accompagna il pezzo mostra i beni nel frattempo raccolti, centinaia di zaini “ma anche un topo di peluche, un girocollo e un libro per bambini in tedesco. Tutte cose che i piccoli di Gaza non vedono l’ora di ricevere”. Ma a farlo tornare sulla questione è il fatto che la signora fosse ancora a casa: in tv non aveva detto che sarebbero salpati a metà giugno? Broder fiuta il bruciato – “Questa faccenda è kosher quanto uno stinco di maiale” – e torna a fare il segugio. Chiama quelli di Monitor e chiede da dove avessero appreso che la signora era ebrea. Gli viene risposto a stretto giro di mail: “Nel suo curriculum aveva indicato di essersi convertita anni fa alla religione ebraica, che non appartiene ad alcuna comunità, ma nel dubbio è sicuramente liberale e inoltre possiede un dottorato in giudaismo”. Poi c’è il professor Rolf Verleger – di professione psichiatra e per un certo periodo rappresentante della comunità ebraica regionale nel direttivo nazionale degli ebrei – ad averlo confermato. A Broder non basta, sollecita quelli di Monitor di andare più a fondo, a chiedere alla signora da quale rabbino fosse andata, quale rabbinato capo avesse confermato la conversione. Tutto il resto sono frottole. Loro lo fanno, ma la signora Lutz si appella alla privacy. Broder allora scrive allo psichiatra che risponde tempestivo: “Inizialmente non avevo alcun motivo evidente di dubitare. Solo dopo una nuova richiesta del canale televisivo di accertarmi su come stessero veramente le cose, ho espresso alla signora Lutz il mio dubbio che si fosse convertita solo con il cuore e mai ufficialmente. La signora Lutz non ha sgomberato il campo da questi sospetti. Questo è lo stato delle cose…”. L’articolo, come ogni articolo di Broder, ha scatenato i lettori dell’online. “Rashidaboukar” scrive: “Ebreo o goy, Broder coltiva negli ultimi tempi un bisogno spasmodico di negare il diritto di appartenenza alla comunità religiosa ebraica a qualsiasi ebreo osi esprimersi in modo critico verso Israele”; “neville” risponde: “Ci sono criteri incontrovertibili che definiscono chi è ebreo: o si è nati tali oppure ci si è convertiti davanti a un rabbinato capo. Se così non è la persona non può definirsi ebrea”. Partire per Gaza vale?
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