Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/10/2010, a pag. 13, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Raid della Cia in Pakistan. Uccisi 8 jihadisti tedeschi ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 15, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "I kamikaze reclutati ad Amburgo ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 9, l'articolo di Christian Rocca dal titolo " Obama è entrato nella fase 2: più leadership globale ". Ecco gli articoli:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Raid della Cia in Pakistan. Uccisi 8 jihadisti tedeschi "
Maurizio Molinari
Con un blitz di droni la Cia ha eliminato nel Waziristan del Nord otto jihadisti tedeschi in coincidenza con le rivelazioni giunte da Amburgo sulla cellula che era stata creata da Al Qaeda per lanciare un attacco contro l’Europa sul modello dell’11 settembre.
I droni della Cia hanno colpito nell’area di Mir Ali, distruggendo un edificio nel quale si trovavano otto jihadisti di nazionalità tedesca secondo quanto reso noto dal governo di Islamabad. L’attacco segue di pochi giorni la visita in Pakistan del capo della Cia, Leon Panetta, che ha discusso con il presidente Asif Ali Zardari i risultati delle indagini dei servizi di intelligence occidentali che hanno portato a sventare il piano di Al Qaeda per un attacco multiplo contro l’Europa. Proprio tali indagini hanno consentito di identificare una similitudine con il piano di Al Qaeda che generò l’attacco all’America l’11 settembre 2001: la cellula che doveva infatti assaltare l’Europa era stata reclutata nei locali della moschea Taiba di Amburgo proprio come avvenne per quella messa assieme da Mohammed Atta. A coordinare il gruppo di futuri kamikaze in questo caso è stato un algerino di nazionalità francese, Naamen Meziche, 40 anni di età, che frequentando la Taiba identificò almeno dieci potenziali jihadisti, facendo attenzione a selezionare coloro che possedevano un passaporto europeo o americano.
Proprio come fatto in precedenza da Atta con l’Afghanistan, Meziche li inviò in campi di addestramento di Al Qaeda, questa volta basati in Pakistan, facendoli arrivare a destinazione nel 2009 attraverso rotte diverse. A consentire di ricostruire il piano dei jihadisti è stato uno di loro, Ahmed Sidiqi, afghano con nazionalità tedesca, dopo essere stato arrestato in Afghanistan in luglio e sottoposto a lunghi interrogatori nella base americana di Bagram, nei pressi di Kabul.
Grazie alla sua testimonianza è stato possibile ricostruire il ruolo di Meziche, ora latitante, come di un afghano di nome Asabullah, residente anch’egli ad Amburgo, che si occupò dei viaggi in Pakistan. Del gruppo dei futuri kamikaze facevano parte anche Rami Makanesi, siriano con passaporto tedesco di 25 anni, Shahab Dashti, iraniano con passaporto tedesco, e altri jihadisti di origine araba che una volta arrivati nelle aree tribali del Pakistan furono addestrati dai jihadisti del «Movimento islamico dell’Uzbekistan», emanazione di Al Qaeda. Sono stati ritrovati dei video nei quali Makanesi e Dashti, assieme ad altri terroristi tedeschi, si vedono adoperare armi e incitare al martirio. L’imam della moschea sunnita Taiba di Amburgo è Mamoun Darkazanli, siriano naturalizzato tedesco, accusato da Stati Uniti e Spagna di legami con i finanziatori di Al Qaeda .
Il blitz dei droni Cia in Nord Waziristan coincide con le tensioni fra Nato e Pakistan dovute agli attacchi messi a segno dai taleban che da giovedì bersagliano i convogli di rifornimenti destinati alle truppe in Afghanistan. Ieri sono state distrutte 22 cisterne di benzina e il portavoce dei taleban Azam Tariq ha assicurato che «continueremo fino al completo blocco dei rifornimenti». Per John Kerry, capo della commissione Esteri del Senato Usa, «bisogna colpire i taleban e Al Qaeda nei loro santuari in Pakistan».
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " I kamikaze reclutati ad Amburgo "
Guido Olimpio
WASHINGTON — Si fanno chiamare «talebani tedeschi». Hanno lasciato il loro Paese a decine per unirsi a gruppi estremisti in Pakistan e sarebbero al centro del complotto per colpire l’Europa. Sono la nuova cellula di Amburgo: gran parte di loro, infatti, sono stati reclutati in un luogo simbolo del neoterrorismo, la moschea Taiba. La stessa frequentata da Mohammed Atta, il capo del commando dell’11 settembre.
L’intelligence ha potuto ricostruire molti dei movimenti grazie alle confessioni di Ahmad Sidiqui, un tedesco di origine afghana catturato in estate. Nello stile qaedista, i pianificatori hanno lavorato sul lungo periodo. Senza fretta. Al centro della rete Naamen Meziche, 40 anni, francese di origini algerine, e amico di Atta. Dal 2007 — o forse prima — l’estremista recluta giovani tedeschi di origine mediorientale e asiatica. Li «carica», li indottrina e poi offre loro la possibilità di andare nell’area tribale pachistana. La logistica del viaggio è affidata ad un complice, tale Asadullah, 52 anni, che organizza viaggi tortuosi ma sicuri per i mujahedin. Una volta in Pakistan — come abbiamo anticipato nei giorni scorsi — i tedeschi entrano nel Movimento uzbeko, fazione che opera con Al Qaeda e con Ilyas Kashmiri, il capo dell’Esercito delle Ombre. I due gruppi sono protetti dal clan Haqqani.
La particolarità di queste entità eversive (molto legate) è che, oltre ai locali, impiegano militanti occidentali. Perché grazie ai loro documenti possono tornare nei loro rispettivi Paesi senza troppi problemi. Inoltre sono in grado di agganciare nuovi elementi. Usando questa filiera Meziche e Said Bahaji — altro personaggio legato alla cellula di Amburgo — mettono insieme dozzine di volontari. I tedeschi censiti dagli 007 sarebbero quasi 200, ai quali si uniscono britannici, francesi, ceceni e uiguri. Tra questi sono stati scelti i migliori, ai quali hanno poi affidato la missione. Il tutto — sostengono fonti di intelligence — coordinato con il vertice di Al Qaeda, compreso Osama Bin Laden e alcuni «quadri», responsabili delle operazioni esterne. Insieme alla preparazione militare, Meziche — come Ilyas Kashmiri — hanno curato l’ideologia. A metà aprile è comparso un documento in tedesco — 30 pagine — che giustifica il «martirio» e le azioni suicide. E’ una sorta di testamento riservato ai «talebani» venuti dalla Germania. Alcuni di loro la morte l’hanno incontrata prima del previsto. Morendo da kamikaze in Afghanistan o uccisi dai raid dei droni della Cia. Almeno undici sono inceneriti dai razzi: Bekkay Harrach (ma non c’è conferma) in agosto, Dannis R. alias «Elias», un ex giocatore di calcio, quindi un terzo. Poi, ieri, altri cinque terroristi tedeschi spazzati via. Una conferma della tesi che la Cia ha intensificato gli attacchi per sventare il complotto organizzato dalla nuova cellula di Amburgo in collaborazione con le «ombre» di Kashmiri. I prossimi giorni diranno se i robot volanti hanno fermato le macchine da guerra umane.
Il SOLE 24 ORE - Christian Rocca : "Obama è entrato nella fase 2: più leadership globale "
Christian Rocca
La politica estera di Barack Obama sta entrando nella fase 2, scrive Robert Kagan sul Washington Post. La fase 1 cercava di ricostruire l'immagine dell'America, dopo gli anni di George W. Bush. La fase 2 è quella in cui Washington riprende ad esercitare influenza nel mondo. La breve era del mondo post americano è finita, scrive l'intellettuale neoconservatore ora approdato al centro studi liberal Brookings Institution. Obama e Hillary Clinton hanno ripreso a parlare di guida americana, di leadership globale, di potenza necessaria con toni ed enfasi che non si erano mai sentiti prima. Confrontate i discorsi di un anno fa con quelli di adesso. La diffusione della libertà è diventata una "necessità pragmatica". La promozione della democrazia è tornata di moda, dopo l'indebita appropriazione bushiana. Obama ne ha parlato all'Onu. Hillary al Council on foreign relations.
L'epoca della grande cooperazione internazionale, della condivisione dei poteri con le nuove potenze emergenti, del collettivo G-20 sta per essere messa da parte. La fase 2 è costruita intorno all'alleanza con le nazioni democratiche, partner più affidabili per gli interessi americani. Secondo Kagan sono due le ragioni che spingono Obama verso la fase 2: l'immagine americana è stata restaurata e la realtà globale dimostra che l'Iran non è interessato è dialogare, che la Cina si comporta da potenza avversaria, che la Russia gioca una partita solitaria.
Il passaggio alla fase 2 non è solo retorico. In Asia, Obama e Clinton hanno ricominciato a rassicurare gli alleati che l'America li difenderà dalla crescente pressione militare cinese. Le critiche all'autoritarismo russo sono tornate. I rapporti con il Giappone, la Corea del sud, l'India, la Geogria e la Polonia sono di nuovo solidi.
C'è poi la questione pakistana, la più urgente per la Casa Bianca. Ogni giorno i quotidiani americani raccontano nuove indiscrezioni sulle operazioni militari in Pakistan. I lanci di missili aumentano a ritmi record. I raid con elicotteri sono diventati routine. Le forze speciali sono pronte a intervenire. Soltanto a settembre gli attacchi missilistici americani sono stati 22. A ottobre sono già 2 in 4 giorni. Nel suo nuovo libro Obama's war, il giornalista del Watergate Bob Woodward ha svelato che il gabinetto di guerra di Obama era diviso tra chi voleva intervenire in Pakistan a piacimento, senza chiedere l'autorizzazione del governo di Islamabad, e chi suggeriva una scelta più cauta, di comune accordo con i pakistani.
Obama ha preferito questa seconda strada. Rispetto a Bush, Obama ha messo il Pakistan al centro della sua politica estera afghana, coniando la sigla Af-Pak, rinnovando la partnership con il governo di Asif Ali Zardari e colpendo le zone di confine con l'Afghanistan dove si rifugiano i talebani e i militanti arabi e di al-Qaeda. Qualcosa, però, è cambiato. L'aumento dei bombardamenti con i droni e le notizie di ulteriori operazioni militari lo dimostrano. Il governo di Islamabad ha risposto con la chiusura delle rotte di passaggio di beni vitali per le truppe Nato di stanza in Afghanistan e ha messo il veto ad altre iniziative americane.
Difficile che Obama si fermi. L'America torna a guidare il mondo, a dettare l'agenda, a far squadra con gli alleati democratici di sempre. Kagan la chiama "fase 2". Ma in fondo è la vecchia, tradizionale e affidabile politica estera americana.
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