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Libero Rassegna Stampa
05.10.2010 Nosheen e sua madre, vittime della sharia islamica
Cronaca di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 05 ottobre 2010
Pagina: 1
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «È il re della moschea l’uomo che ha lapidato la moglie»

I quotidiani italiani continuano a trattare la notizia della ragazza pakistana quasi uccisa dal padre perchè rifiutava un matrimonio combinato. A lasciare perplessi è il commento di Isabella Bossi Fedrigotti sul CORRIERE della SERA, nel quale si legge, come se fosse una cosa tanto degna di nota, che nel caso degli immigrati islamici, le donne sono le prime a cercare di integrarsi.
E' un'ovvietà, dal momento che, per una donna come la madre di Nosheen, ammazzata a sassate dal marito per aver tentato di difendere la figlia, le democrazie occidentali offrono un'attrattiva non da poco, garantendole per legge tutti i diritti.
Non sono gli uomini, che perderebbero tutto il loro potere su moglie e figlie, ad essere entusiasti del sistema occidentale. Per le donne, invece, significa emancipazione e possesso definitivo ed esclusivo della propria persona, possibilità e diritto di poter scegliere per sè, senza dover rendere conto a un padrone.
Nosheen e sua madre, come le altre vittime di padri e mariti fondamentalisti islamici rappresentano questa situazione. Gli immigrati islamici arrivano in Europa e cercano di mantenere le loro abitudini, ma una volta che le donne riescono a vedere come la loro situazione potrebbe migliorare, tentano di ribellarsi e, per questo, punite dai mariti/parenti oppressori.

Riportiamo da LIBERO di oggi, 05/10/2010, a pag. 1-15, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " È il re della moschea l’uomo che ha lapidato la moglie".


Nosheen con le foto dei genitori

Nasce all’ombra di una moschea fai- da-te l’omicidio delladonnapachistana avvenuto domenica a Novi. Hamad Kahn Butt, l’operaio di 53 anni che ha sfondato il cranio della moglie Begm Shnez, è il proprietario del luogo di culto islamico dove si raduna la locale comu- nità pakistana. Cosa si predichi, nel comune più rosso del Modenese, è intuibile dalle azioni dell’uomo e del figlio Humair, di 19 anni, che intendevano imporre un matrimonio combinato alla ventenne Nosheen. La ragazza, ora in coma farmacologico, è ricoverata nel reparto di terapia intensiva del Nuovo Ospedale S. Agostino- Estense di Modena, dove era stata trasportata d’urgenza due giorni fa per le percosse subite. Suo padre e suo fratello sono in carcere, in attesa di essere interrogati dal giudice. Si interroga intanto anche la comunità che li ha accolti senza comprendere la tragedia che si stava consumando. «La settimana scorsa, l’amministra - zione comunale aveva istituito il registro delle unioni di fatto», ricorda polemicamente Isabella Bertolini, parlamentare modenese del PdL che da diverso tempo denuncia il fenomeno delle “moschee selvagge” nel territorio emiliano.
Del resto, la stessa Provincia rossa di Modena ha completato giusto ieri le nomine della locale commissione Pari opportunità. Credevano così di aver risolto il problema della convivenza. Non si erano accorti che l’elemento stonato era quel pachistano che, incurante del relativismo culturale, sfondava il cranio alla moglie e alla figlia.Pace, dialogo e fratellanza, lui e suo figlio li avevano messi da parte. Si esibiscono nelle occasioni pubbliche, quando si rivendica la libertà di culto e si recita la parte delle vittime dell’islamofobia. Così «da ieri Modena ha una nuova martire della libertà, una vittima dell’oscurantismo e dell'integralismo di matrice islamica. Come Hina Saleem e Sanaa, anche Begm Shnez è stata brutalmente uccisa soltanto perché libera. Siamo di fronte ad un caso inquietante, che conferma come il cancro dell’ideo - logia e del fanatismo, che nega libertà e dignità alle donne, sia diffuso e nascosto all'interno della nostra società e guida la mano anche di stranieri apparentemente integrati», commenta la Bertolini, che sulla questione ha presentato una interrogazione parlamentare.
C’è da discutere anche sui criteri per l’acquisizio - ne della cittadinanza perché l’omicida era «in Italia da più di dieci anni», aggiunge, ed «episodi del genere impongono anche una riflessione sulla necessità di modificare in senso restrittivo la legge sulla cittadinanza, per garantire questo status solamente a chi dimostra nei fatti di aderire ai valori civili e morali della nostra società. Infatti, per la sinistra, l'omicida di Novi avrebbe già la cittadinanza italiana e potrebbe votare alle elezioni amministrative. Per noi, invece, non solo va duramente condannato, ma anche cacciato dal Paese». Senza dimenticare che era «anche il proprietario della locale moschea», cosa che fa «riflettere sui danni del multiculturalismo teorizzato e applicato dalla sinistra». Ma in Emilia Romagna si è pronti a concedere tutto. Purché le associazioni culturali prevedano nel loro statuto una finalità di culto, le legge regionale consente di agire in deroga ai piani regolatori.
Mancano i parcheggi? Non fa nulla, si andrà a festeggiare la fine del Ramadan in autobus. La zona non è servita da mezzi pubblici? Pazienza, i cittadini dovranno sopportare l’intasamento delle strade e le auto in tripla fila. Senza le infrastrutture obbligatorie per una folla di persone, alcuni si ritrovano a utilizzare gli angoli delle strade come toilette? Beh, occorre saper comprendere gli usi e i costumi delle altre popolazioni. Sul fallimento dell’integrazione punta il dito anche Souad Sbai, parlamentare del PdL, che definisce l’aggressione «un rituale degno del più barbaro estremismo», come nei casi di Hina Saleem a Brescia o Sanaa Dafani a Pordenone. Ma la sua polemica è rivolta soprattutto contro gli alfieri dell’immi - grazionismo di destra: «Altro che generazione Balottelli! Questa è la generazione del massacro», commenta annunciando che Acmid Donna, l’asso - ciazione delle donne marocchine in Italia chiederà di essere ammessa come parte civile al processo per l’omicidio della 46enne pachistana.
Lo stesso farà Mara Carfagna, in qualità di ministro delle PariOpportunità. Alla luce di quanto emerge, appare inadeguato il commento dettato alle agenzie dalla vicepresidente dell’Ucoii, Patrizia Kadija Del Monte, di Reggio Emilia: «La tragedia avvenuta ieri a Modena sembra configurarsi drammaticamente nell’ambito di consuetudini purtroppo ancora presenti in molti paesi del mondo». Rifiuta sdegnata ogni collegamento con la propria religione: «Nessuna costrizione matrimoniale potrà mai essere giustificata come derivante dall’Islam. La più pura e corretta tradizione musulmana ci riferisce la più netta condanna di questa pratica tribale opposta dal profeta Muhammad ». L’esponente musulmana emiliana spiega inoltre che "la giurisprudenza islamica, dal canto suo ha stabilito che la libera scelta fosse condizione ineludibile fondante la legittimità del matrimoni».
Ricorda infine che «per opporsi a una pratica inumana e anti-islamica l’European Muslim Network sin dal 2007 ha avviato una campagna di sensibilizzazione verso quelle aree culturali potenzialmente più esposte al fenomeno, campagna che l’Ucoii ha fatto sua e inserita nel programma della nuova direzione eletta nel marzo di quest’anno». Finora, però, quegli argomenti non sono apparsi molto convincenti. Anche ammesso che li abbiano ripetuti davvero negli ultimi 1400 anni.

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