Vi allego una mia mail inviata alla Redazione di Repubblica.
Distinti saluti
Daniele Coppin
Gentile Redazione di Repubblica,
l’articolo di Piergiorgio Odifreddi pubblicato il 2 ottobre scorso, dal titolo “Il Premier si sente israeliano” sottolinea, giustamente, l’abuso di alcune frasi ed esempi (“le amicizie ebree”, “la visita ad Aushwitz”), spesso utilizzati per dimostrare sensibilità e amicizia nei confronti del popolo ebraico. Tuttavia, l’articolo di Odifreddi prosegue in modo quanto meno discutibile quando definisce “subdola confusione” l’accostamento, a suo parere, colpevolmente propagandato da media ed istituzioni, tra “giudaismo religioso della fonte biblica, semitismo culturale del popolo ebraico e il sionismo politico dello Stato d’Israele”. Infatti, i tre aspetti sono strettamente connessi tra loro. Il giudaismo religioso ed il semitismo culturale del popolo ebraico sono l’uno conseguenza diretta dell’altro, visto che qualunque religione deriva le sue prescrizioni e regole da abitudini consolidate presso il popolo in essa si sviluppa e, nel contempo, influenza l’evoluzione culturale del popolo stesso, come dimostra la stessa religione cristiana, la cui affermazione ha modificato sensibilmente l’etica dei popoli in cui essa si è diffusa. D’altra parte, il giudaismo religioso e l’ebraismo, inteso come cultura basata su un insieme di tradizioni condivise, sono stati l’unico “legante” per gli Ebrei della diaspora che, per duemila anni, hanno ripetuto ad ogni Pesach la frase “l’anno prossimo a Gerusalemme”, a testimoniare il legame del popolo ebraico con quel territorio di nome Giudea che, nel 135 d.C. l’imperatore Adriano fu ridenominato Palestina, in segno di sfregio verso i suoi abitanti, ebrei, colpevoli di aver osato ribellarsi per l’ennesima volta al potere i Roma.
Proprio in considerazione di questo legame, constatata l’impossibilità per gli Ebrei della Diaspora di vivere tranquillamente, Theodor Herzl, giornalista ebreo austriaco testimone del processo Dreyfus e contemporaneo dei pogrom in Russia e Ucraina, concepì, in un epoca in cui si assisteva alla nascita degli Stati nazionali, il sionismo, cioè l’idea di uno Stato ebraico come unica possibilità per la sopravvivenza e la sicurezza degli Ebrei. Circa cinquant’anni dopo, i campi di sterminio dimostrarono quanto fosse corretta quell’idea che, per ragioni pratiche, realizzava un ideale di duemila anni.
Ecco perché scrivere di “odioso antisemitismo” e “legittimo antisionismo” è preoccupante quanto un premier che si “sente” israeliano ma che racconta barzellette sugli Ebrei. Legittima è la critica della politica praticata dal governo di uno Stato, non la discutibilità dell’esistenza stessa di quello Stato, come l’attribuzione di legittimità dell’antisionismo operata da Odifreddi di fatto afferma.
Se poi l’autore dell’articolo ritiene discutibile il diritto all’esistenza di Israele, lo affermi esplicitamente invece di rimproverare il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per un’affermazione forte che ne dimostra, ove mai ce ne fosse stato bisogno, la profondità di pensiero del Capo dello Stato.
Distinti saluti
Daniele Coppin