Con il titolo " Il Premier si sente israeliano " Piergiorgio Odifreddi scrive nel suo blog sul sito di REPUBBLICA il testo che segue. Su Odifreddi non ci sarebbe nulla di nuovo da dire, chi lo conosce lo evita, ma essendo abile giocoliere, sa attrarre l'attenzione del pubblico, il suo baraccone è sempre affollato, quindi non poteva sfuggirgli la polemica sulle barzellette di Berlusconi, che il Premier gli ha offerto su un piatto d'argento. Ma che Odifreddi gli faccia le pulci su un tema come l'ebraismo e Israele, ci lascia per lo meno stupiti. Le posizioni politiche del nostro sono tali da non lasciare incertezze su da che parte sta. La sua indignazione viene smascherata per quello che è leggendo quanto scrive. E' contro Napolitano per l'equirazione fra antisemitismo e antisionismo, giudica buona cosa la critica allo 'Stato' di Israele, dove non si capisce quale possa essere, forse di esistere ? Ovvio che consigli d leggere Chomsky e Carter, due fonti fondamentali degli odiatori di professione. Che poi sia ospitato da REPUBBLICA, non fa che confermare quanto abbiamo scritto.
E adesso ci chiami pure 'fascisti', come è sua abitudine, l'accusa di chi non ha altri argomenti per controbattere seriamente. Troppo facile, egregio Odifreddi, ormai non ci casca più nessuno.
IC redazione
Piergiorgio Odifreddi
Nella sua replica di ieri al Senato, in risposta a una battuta sgraziata del senatore Ciarrapico, il premier Berlusconi ha dichiarato testualmente: “Da ragazzo ho avuto amici ebrei, che mi hanno raccontato le sofferenze delle loro famiglie. Ho abitato per molti anni, a Milano, proprio di fronte a una scuola israeliana: era anche generosità, perchè ho offerto spesso pranzi e cene. E la visita al campo di sterminio di Auschwitz, insieme all’orrore per la barbarie dell’olocausto, mi ha trasmesso un sentimento di solidarietà incancellabile. Da allora, l’ho detto e lo ripeto, anch’io mi sento israeliano”.
Ora, chiunque abbia amici ebrei dovrebbe sapere che le “amicizie ebree” sono da sempre un topos sospetto, nei discorsi sull’ebraismo. Non parliamo delle eleganti rivendicazioni di generosità, quali l’offerta di pranzi e cene. Ma quello che colpisce, in questa frase, è anzitutto la qualifica di “israeliana” per una scuola ebrea. E poi, il non sequitur tra l’impressione suscitata da una visita ai campi di sterminio, e la solidarietà con Israele.
Con le sue parole, e in una sola frase, il premier non ha fatto altro che reiterare la subdola confusione, propagandata da media e istituzioni, fra tre aspetti che sono molto diversi fra loro: il giudaismo religioso della fonte biblica, il semitismo culturale del popolo ebraico e il sionismo politico dello Stato d’Israele. Una confusione che viene spesso usata per stroncare sul nascere le critiche a Israele e alla sua politica in Palestina, tacciandole appunto di antisemitismo.
Purtroppo, questa confusione è bipartisan, e non ne sono vittime soltanto la destra e i suoi leader. Lo dimostra, ad esempio, questa dichiarazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alle celebrazioni per la Giornata della Memoria del 25 gennaio 2007, in cui tutti e tre gli aspetti sono di nuovo confusi fra loro in una sola frase: “Possiamo combattere con successo ogni indizio di razzismo, di violenza e di sopraffazione contro i diversi, e innanzi tutto ogni rigurgito di antisemitismo. Anche quando essa si travesta da antisionismo: perchè antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della sua sicurezza, oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele”.
Sono ormai rare e isolate le voci che si levano contro questo pensiero unico, che confonde ed equipara l’ingiusto odio razziale nei confronti del popolo ebraico e le giuste critiche politiche allo stato e al governo di Israele. E, più in generale, l’odioso antisemitismo e il legittimo antisionismo. Un pensiero unico che, come si vede, non esita comunque a definire gli ebrei “diversi”…
Per chi volesse ascoltare queste voci, consigliamo la lettura di Terrore infinito dell’ebreo Noam Chomsky (Dedalo, 2002). E di Palestina: pace, non apartheid (Simon & Schuster, 2006) di Jimmy Carter, ex presidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace. Un’opera, quest’ultima, neppure tradotta in Italia, a dimostrazione del fatto che la censura delle posizioni anticonformiste non si ferma di fronte a nessuno, per quanto titolato e moderato egli sia.
PS. Riporto, dal sito di Repubblica, questa barzelletta che il premier ha raccontato, fuori aula, nello stesso giorno in cui, in aula, ha dichiarato il suo “sentimento di solidarietà incancellabile” con gli ebrei e Israele.
”Un ebreo racconta a un suo familiare… Ai tempi dei campi di sterminio un nostro connazionale venne da noi e chiese alla nostra famiglia di nasconderlo, e noi lo accogliemmo. Lo mettemmo in cantina, lo abbiamo curato, però gli abbiamo fatto pagare una diaria… E quanto era, in moneta attuale? Tremila euro… Al mese? No al giorno… Ah, però… Bè, siamo ebrei, e poi ha pagato perché aveva i soldi, quindi lasciami in pace… Scusa un’ultima domanda… tu pensi che glielo dobbiamo dire che Hitler è morto e che la guerra è finita?… Carina eh?”
Molto. E, soprattutto, per niente antisemita. Come volevasi dimostrare
Per inviare a Repubblica la propri opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.