Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 01/10/2010, a pag. 13, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Hamas trasferisce Shalit dopo l'arresto di Dababish ".
Gilad Shalit, Dimitri Buffa
Mohammed Dababish è un “operative senior” di Hamas che molto probabilmente sa dove sia tenuto prigioniero il caporale dell’Idf Gilad Shalit che da oltre quattro anni langue in una qualche prigione dell’organizzazione terroristica. Pochi giorni orsono Dababish è stato arrestato in Egitto e subito, secondo le informazioni raccolte da “Yedioth Aronoth”, i suoi complici a Gaza hanno cambiato la prigione di Gilad, per la terza volta negli ultimi due anni. Dopo pochi giorni Dababish è stato rilasciato dalle autorità egiziane anche se in Europa questa notizia è stata lasciata cadere nel nulla.
Eppure non vi è chi non veda le terribili implicazioni della cosa: l’Egitto non ama Hamas e tantomeno la situazione che si è determinata a Gaza con le elezioni del 2006 e il colpo di Stato del 2007. Tanto che ha eretto un muro dalla parte del proprio confine, analogo alla barriera difensiva anti terrorismo israeliana. Anche di questo muro non parla mai nessuno o quasi. Ora se l’Egitto arresta un “operative senior” come Dababish e dopo pochi giorni lo rilascia questo può accadere per due soli motivi: o se l’è cantata, e quindi i servizi di Mubarak sanno tutto su chi gestisce la storia di Shalit, e forse anche dove si trova, oppure gli egiziani fanno il doppio gioco tra Israele e Hamas sulla pelle dell’ostaggio. Tertium non datur.
C’è però un altro problema: da fonti del Cairo “Yedioth Aronoth” è in grado di affermare che l’arresto di Dababish è stato reso possibile da un’informazione del Mossad. E allora perché dopo lo hanno rilasciato? Insomma il sospetto neanche tanto larvato è che l’Egitto, sia pure a livello occulto, si sia intromesso nelle trattative per liberare Shalit mettendo a rischio la vita dell’ostaggio.
Perché l’Egitto si comporta così? Elementare Watson, Il Cairo ha sempre tenuto un profilo molto basso nelle relazioni con Israele. Ha concluso una “pace fredda”. E ora, stante le difficoltà del governo Netanyahu a portare avanti le trattative di pace con Abu Mazen, anche a causa della propria alleanza con “Israel Beithenu”, cioè con il partito di Avigdor Lieberman, che non ha alcuna intenzione di proseguire nella moratoria della costruzione degli insediamenti, l’Egitto si gioca le proprie carte diplomatiche per diventare l’arbitro della situazione e l’ago della bilancia.
E anche per fare una bella figura con Obama, costringendo da una parte Israele a fare la voce grossa con i cosiddetti coloni e dall’altra Hamas a liberare Shalit. Dal loro punto di vista sarebbe un grosso colpo, anche in vista delle elezioni politiche interne. Naturalmente questo gioco spregiudicato si scontra con un’unica drammatica variabile: la vita di Shalit qualora Hamas non accettasse di essere messa all’angolo da Mubarak. Ma gli egiziani, da Nasser in poi, sono specialisti a rischiare sulla pelle degli altri.
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