Riportiamo da LIBERO di oggi, 23/09/2010, a pag. 23, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Sassaiola a Gerusalemme e interviene l’esercito. Parlare di pace diventa difficile ".
Angelo Pezzana, il quartiere di Silwan
Gli ingredienti sono i soliti. Un funerale che di- venta occasione di disordini, mille persone che in- neggiano al defunto, poi dalle grida si passa alla vio- lenza: tre poliziotti e dieci civili feriti, tre autobus dati alle fiamme e macchine della polizia distrutte, men- tre parte dei facinorosi salivano sul Monte del tem- pio e si barricavano nella moschea al-Aqsa. Otto so- no stati arrestati sulla spianata, altri in città vecchia. È successo ieri a Gerusalemme est, al funerale di Sa- mar Sarchan, un 32nne dalla fedina penale pesante, ucciso lo scorso venerdì dopo che aveva aggredito durante una protesta una guardia addetta alla sicu- rezza nel quartiere orientale di Silwan. La guardia era in macchina, circondato da lanciatori di grosse pie- tre, e sentendosi in pericolo di vita ha sparato. A nulla erano serviti gas lacrimogeni e pallottole di gomma.. Ci si chiede, in un momento nel quale i colloqui israelo-palestinesi procedono in mezzo a mille diffi- coltà, qual è l’origine e a chi interessa l’insorgere di manifestazioni che sanno più di intifada che non di pacifica protesta. Certamente non a Israele, che sembra, man mano che affiorano le difficoltà di sempre, ad essere rimasto l’unico a volere lo Stato palestinese. Abu Mazen, se sorride e stringe mani a Washington, rientrato a Ramallah sembra capace soltanto di fare l’arrogante, alzando i toni della pole- mica. «Israele è libero di chiamarsi come vuole, an- che Impero Sionista», ha dichiarato, rifiutando per l’ennesima volta di riconoscerne l’ebraicità. Fa il gradasso per dare l’impressione di essere un duro, è vero che con Obama ha promesso di voler fare la pa- ce con lo Stato ebraico, ma di fronte ai suoi i toni so- no diversi. Questo atteggiamento rivela soltanto la sua estrema debolezza, al punto che ormai è opinio- ne di molti osservatori, non solo israeliani, che la fine politica di Abu Mazen sia prossima. Non farà nessun accordo con Israele, viste le condizioni che continua a porre, per cui non sarà certo Netanyahu a conce- dere più di quanto aveva già promesso Olmert, of- ferta peraltro anche allora rifiutata dall’Anp. La sua immagine non è migliore nei territori che amministra. Un sondaggio a cura dell’Anp, svolto la scorsa settimana alla An-Najah National University, fra studenti diciottenni, residenti in Giudea, Sama- ria e Gaza ha rivelato che soltanto il 52.5 % vuole uno Stato palestinese entro i confini del ’67, mentre il 43.6% ècontrario. Una larga maggioranza (62.9%)è poi contraria a qualunque scambio di territori, l’uni - ca strada che può portare ad un accordo fra le parti. Conquesta aria in casa, econlo spettro diHamas nel proprio futuro, è ovvio che Abu Mazen la tiri per le lunghe, e che metta ostacoli per giustificare i no. E Israele ? Proseguirà nella sua politica di aiuto verso l’economia palestinese, nella speranza che i suoi vi- cini si rendano conto che solo attraverso la creazio- ne di uno Stato pacifico e smilitarizzato, e dopo ac- cordi condivisi, potranno ottenere l’indipendenza. Purtroppo i disordini di ieri indicano tutt’altro.