Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/09/2010, a pag. 1-19, l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo " La pena di morte mai ma l’America non è l’Iran". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 10, gli articolo di Claudio Gatti e Antonella Scott titolati " Mosca prende le distanze dall'Iran: niente più missili " e " Cyber-attacco a Teheran ". Seguono due proteste su internet contro Ahmadinejad.
CORRIERE della SERA - Pierluigi Battista : " La pena di morte mai ma l’America non è l’Iran "
Pierluigi Battista
Nessuna luce è stata ancora accesa per impedire l’esecuzione di Teresa Lewis in Virginia. Ahmadinejad ha avuto la sfrontatezza di rinfacciare il suo caso alla comunità internazionale che aveva protestato per la lapidazione di Sakineh. Ma la battaglia contro la pena di morte è troppo importante per lasciarsi intrappolare dalle furbizie dell’autocrate iraniano. È giusto farsi sentire adesso, fino a che una sola speranza può impedire l’iniezione letale. È davvero paradossale che il caso di Teresa Lewis, la donna minata da forti disturbi mentali e condannata per aver indotto l’amante a uccidere il figlio e il figliastro, si sia imposto sulla scena internazionale sulla scia della parole di Ahmadinejad. E la colpa del movimento per l’abolizione della pena capitale è quella di suscitare un’attenzione solo episodica sulle vicende dei condannati a morte in America. Attraversando tortuosi e indecifrabili itinerari psicologici e mediatici, alcuni casi sono seguiti con allarme e apprensione: le piazze del mondo si mobilitano, si illuminano i monumenti più famosi che fanno da scenario di veglie e fiaccolate, si moltiplicano appelli e petizioni, si firmano manifesti, si organizzano concerti e sit-in. In altre occasioni, come questa, cala il silenzio, domina la disattenzione, l’indifferenza, addirittura il fastidio per notizie moleste e ripetitive. Si esulta quando l’Onu, anche grazie alla tenacia internazionale dei radicali italiani, si pronuncia per una «moratoria» della pena di morte. Ma non si vigila sull’applicazione di quei princìpi, si considera normale che in Virginia venga uccisa con il sigillo dello Stato una donna tormentata da una grave instabilità psichica. E si lascia ai lapidatori di Teheran il compito di ricordare alle democrazie del mondo che, purtroppo, la pena di morte non è una prerogativa dei sistemi più simili a quello iraniano.
Ma se la colpevole disattenzione dell’opinione pubblica democratica appare sconcertante, appare davvero ridicolmente pretestuoso l’accostamento che Ahmadinejad suggerisce tra il sistema iraniano e quello americano. La pena di morte rappresenta un orrore, sempre. Ma le atroci discussioni a Teheran sulla realizzazione «tecnica» della lapidazione (la condannata viene sepolta fino alla testa o le pietre possono raggiungere anche il busto della lapidata?) sono una specialità vergognosa che rendono il caso iraniano imparagonabilmente più feroce di quello americano. Così come le impiccagioni sulla pubblica piazza. Così come la lapidazione delle donne, condannate per reati «morali» di gran lunga meno gravi di quello commesso da Sakineh. Così come l’uso della tortura in carceri spaventose dove sono violati sistematicamente i più elementari diritti umani. Così come l’inesistenza assoluta di ogni parvenza di Stato di diritto, con gli imputati che non possono difendersi, gli avvocati imbavagliati, le procedure stracciate, le garanzie cancellate del tutto.
La forca e la lapidazione sono due elementi essenziali della scena politica di Teheran. I corpi degli impiccati che penzolano nel vuoto sono usati come immagine di terrore che dovrebbero convincere gli iraniani a non ribellarsi al loro regime. C’è una frontiera morale e politica tra l’autoritarismo iraniano e la democrazia americana che non può essere sbriciolata da analogie usate come arma di ricatto morale per far cadere l’Occidente democratico in contraddizione con se stesso e con i princìpi che professa. Ma sono proprio i democratici che dovrebbero neutralizzare la beffa di Ahmadinejad: opponendosi, sempre, ai sistemi feroci e disumani di Teheran, e manifestando, sempre, contro la pena di morte ancora operante nella democrazia americana. Sempre, non a singhiozzo, o a seconda delle circostanze e delle convenienze. Indignarsi quando le forche vengono allestite sulle pubbliche piazze di Teheran o viene inscenato il macabro spettacolo della lapidazione (oltre a Sakineh, sono almeno sette le previste prossime esecuzioni di condannati a morte in Iran). E non smettere mai di richiedere la «moratoria» sulla pena di morte siglata dalle Nazioni Unite. Anche a Washington dove c’è la libertà di manifestare il proprio dissenso. A Teheran no: la differenza è tutta qui.
Il SOLE 24 ORE - Claudio Gatti : " Mosca prende le distanze dall'Iran: niente più missili "
Dmitri Medvedev
La vendita all'Iran di cinque batterie antimissile S-300, prezzo 800 milioni di dollari, era rimasta congelata ormai da tempo a Mosca: ieri però il Cremlino ha messo nero su bianco. Un decreto firmato dal presidente Dmitrij Medvedev proibisce il trasferimento «di carri armati, blindati, sistemi di artiglieria pesante, elicotteri da combattimento e navi militari, missili e parti di ricambio», e specificamente dei sistemi S-300: «Rientrano decisamente nell'ambito delle sanzioni Onu», ha chiarito il generale Nikolaj Makarov, capo di stato maggiore russo. Un passo invocato a lungo da Stati Uniti e Israele: il muro difensivo che gli S-300 innalzerebbero sull'Iran vanifica la minaccia di un attacco ai siti nucleari. Un passo che il Cremlino ha compiuto nello stesso momento in cui ha precisato la ricompensa che si aspetta dagli americani: l'accesso alle loro tecnologie militari.
Il ministro russo della Difesa Anatolij Serdjukov aveva rotto il tabù nei giorni scorsi, tornato da Washington, Medvedev lo ha ripetuto ieri presiedendo la commissione per la modernizzazione. La sicurezza del paese esige armamenti moderni, e l'industria nazionale «non è in grado di tenere testa agli ordini e ai finanziamenti necessari a creare prodotti high-tech». Per questo, per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, Mosca intende rivolgersi agli ex avversari della Guerra Fredda, Stati Uniti compresi, per acquisire tecnologia militare: «Non ci interessano i prodotti finiti - ha spiegato Serdjukov in un'intervista all'agenzia Bloomberg - vogliamo accedere al know-how tecnologico per poi produrre in territorio russo».
Il budget stanziato è senza precedenti: 550 miliardi di euro in dieci anni, calcola il vicepremier Serghej Ivanov. Serdjukov - primo ministro della Difesa russo a non venire dall'intelligence né dai ranghi militari - ha spiegato di averne parlato con Robert Gates, capo del Pentagono, e poi ha fatto la sua lista: «Ci interessano molte cose, soprattutto nel campo delle comunicazioni, tutto ciò che ha a che fare con la tecnologia dell'informazione. Siamo anche interessati ad armi di alta precisione». Gates riceverà una lettera dettagliata entro un mese, richieste che potrebbero scontrarsi con i limiti imposti dalla legge americana al trasferimento di tecnologie sensibili. Ostacoli che Mosca spera di poter superare. Diversamente, Serdjukov ha accennato alle intese raggiunte con Francia e Germania, ai contatti in corso con Israele e Italia. Da parte sua, Medvedev ha invocato la creazione di un organismo sul modello dell'americana Darpa, l'agenzia responsabile per lo sviluppo di tecnologie militari: «Molti contractor russi - ha detto il presidente - lavorano ancora su aggiornamenti di modelli dell'epoca sovietica».
Il SOLE 24 ORE - Antonella Scott : " Cyber-attacco a Teheran "
A pochi chilometri da Washington, in Maryland, è in corso da martedì un convegno a porte chiuse sul tema della ciber-sicurezza. L'intervento più atteso era quello del ricercatore Joe Weiss, secondo il quale la catastrofe della piattaforma Bp Deepwater Horizon è il risultato di un difetto del sistema elettronico di controllo industriale.
A svegliare i partecipanti dal torpore di una conferenza iper-tecnica è stato invece Ralph Langner, stimato esperto di sistemi di sicurezza industriale tedesco. Con una rivelazione-shock: il minacciato attacco israeliano alla centrale nucleare iraniana di Bushehr potrebbe essere già avvenuto. Ma non con missili lanciati da cacciabombardieri, bensì con un singolo ma potentissimo "missile cibernetico" del genere Seek&Destroy, cerca e distruggi.
Langner si riferisce a un cosiddetto malware, e cioè un software maligno, battezzato Stuxnet e scoperto nel giugno scorso in un sistema di controllo industriale Siemens operato da un "cliente iraniano" della società di difesa anti-virus bielorussa VirusBlokAda. A luglio è poi arrivata la conferma che il 60% dei bersagli di Stuxnet era in Iran.
Stuxnet non è un virus come ogni altro. Al contrario, secondo Langner è stato sviluppato da un team di esperti con grandissime capacità tecnico-economiche e un singolo obiettivo preciso. «Una cosa del genere può nascere solo in un laboratorio governativo di altissimo livello», ha detto il tedesco.
Si distingue però da tutti i virus simili perchè non ha come obiettivo né lo spionaggio industriale né il danneggiamento di tutto ciò che riesce a infettare. La sua caratteristica più anomala ed innovativa è la capacità di fingerprinting, cioè di prendere le impronte ciber-genetiche del sistema di controllo industriale colpito, allo scopo di determinare l'appartenenza al bersaglio desiderato. Solo in quel caso è programmato ad attivare la procedura di sabotaggio.
«Stuxnet è a mio avviso il primo esempio di un arma software disegnata per colpire un bersaglio particolare», concorda Michael Assante, ex capo della sicurezza cibernetica dell'Idaho National Laboratory. «Il che porta a dedurre che quel bersaglio sia di grandissimo valore». Come la centrale nucleare iraniana di Bushehr.
Langner ha ipotizzato che l'attacco non sia arrivato via internet ma attraverso una chiavetta Usb inserita in un qualsiasi computer della rete del reattore. Probabilmente da un tecnico della società russa che lo sta costruendo.
Dall'Iran per ora si sa solo che la tabella di marcia del reattore è in ritardo di settimane. Unico motivo finora addotto dal capo dell'Agenzia nucleare locale, Ali Akbar Salehi: «Il troppo caldo» dell'estate iraniana.
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In vista dell’intervento del Presidente iraniano Ahmadinejad all’Onu, in programma per oggi, giovedì 23 settembre, vi segnaliamo una pagina Facebook che potete visitare e segnalare al maggior numero di vostri conoscenti e contatti.
La pagina si chiama “Ahmadinejad: Persona Non Grata” e si trova all’indirizzo:
http://www.facebook.com/home.php?#!/pages/Ahmadinejad-Persona-Non-Grata/110187722373971?ref=ts
Cliccate e fate cliccare su “I like it” o “Mi piace” (nella versione italiana) e fate “Passaparola”.
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Please Note Three Major Events During the UN General Assembly. Take a stand! Read More Below
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Dear Friends of Israel, There will be THREE demonstrations this week in front of the Hilton Manhattan East Hotel at 42nd Street and 2nd Ave. Please tell your New York friends to join us when possible. We will present the petition to the Hilton management at the rally on Wednesday. If you have not already signed, please click here to sign and forward to everyone on your lists to sign as well. Three Times to Demonstrate in Front of the Hilton Manhattan East: Monday - September 20 - 12:00 to 2:00 Tuesday - September 21 - 5:00 to 6:30 Wednesday - September 22 - 12:00 to 2:00 Please make a sign if you can. We will also have signs available at the demonstrations. Click on the sign you like below, and have it printed at your local printer. Instructions for inexpensive black and white printing below.
Click the image above to download and print
Click the images above to download and print
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How to Make an Inexpensive Rally Sign: Kinkos can print a black and white image on their large format printer (cost .75cents/square foot). Even if the paper gets wet the printing won't run. It can then be mounted on a substrate. ( foam core 20"x30" cost about $4.50 or you could use cardboard). Use a glue stick to glue the edges of the board with a couple of stripes through the center . Center the paper sign on it and press down over the glue.
Take the overlapping paper and wrap it around the edge and glue it to the back. Take 2" wide clear package wrapping tape and put one inch on the front edge and wrap it over to the back. Do this on all four sides. Result: A Finished Cheap Sign that looks professional and can last for numerous outings and if lost it is not a big deal.
Support other efforts like this:
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Ahmadinejad arrives in New York on Saturday in preparation for his speeches at the UN on Monday and Thursday.
We need as many people as possible to join with Iran180 to tell him loud and clear: Yes to Human Rights, No to Nuclear Rights!
Sign the Iran180 Declaration now if you haven’t yet and Send to a Friend so they can sign.
Be part of the voice to demand that Ahmadinejad does a 180.
Upcoming:
- Monday 9/20: Iran180 Declaration presented by U.S. Senator Kirsten Gillibrand and other elected officials and community leaders at a press conference.
- Thursday 9/23: Iran180 Street Event to raise our voices in protest on the day Ahmadinejad addresses the UN General Assembly.
Stay tuned for more details! Thank you for your support!
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