Libano: Paure e odi
di Zvi Mazel
(traduzione a cura di Laura Camis de Fonseca)
Zvi Mazel Hariri padre e figlio
Le forze filo-siriane in Libano riaccendono la lotta contro il tribunale internazionale istituito dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU nel maggio 2007 per investigare l'assassinio dell' ex premier libanese Rafik Larari. Minacciano manifestazioni violente, persino il rovesciamento del governo di Saad Hariri, figlio della vittima.
A fine anno il tribunale deve formulare le accuse e rimandare a giudizio i responsabili. Negli ultimi mesi le indagini si sono accentrate su di un gruppo di militanti di Hizbullah e il loro leader, lo sceicco Hassan Nasrallah, si rende conto che la sua organizzazione è la principale indiziata. Lo aveva già rivelato un articolo su Der Spiegel lo scorso anno, sulla base di indiscrezioni originate dallo stesso tribunale. Se così fosse il leader di Hizbullah, che si proclama difensore del paese contro Israele e contro 'le interferenze occidentali negli affari interni del Libano', si troverebbe accusato non soltanto di aver commesso un crimine contro il proprio paese, ma anche di essere responsabile dell'assassinio di molti politici e giornalisti libanesi che si opponevano all'ingerenza siriana.
Questo potrebbe essere un colpo mortale per il capo di Hizbullah e riaprirebbe il dibattito pubblico sul disarmo dell'organizzazione.
E' ragionevole temere che sotto tale minaccia Hizbullah cercherebbe di prendere il controllo del paese con la forza, con l'aiuto di Siria e Iran, dando origine a una nuova guerra civile e riavviando in Medio Oriente un ciclo di violenze di esito imprevedibile.
All'inizio Nasrallah aveva collaborato con il tribunale, nella convinzione - rivelatasi errata - di poterla sviare, o di poter arrestare l'indagine.
Il governo libanese ha però dato pieno sostegno al tribunale, e i suoi apparati giudiziari e di sicurezza hanno collaborato in pieno. Nasrallah è allora ricorso alle pressioni e alle intimidazioni.
Dopo la vittoria dell' Alleanza 14 Marzo alle elezioni di giugno 2009, sotto la guida di Saad Hariri, Siria e Hizbullah esercitarono forti pressioni sul neoeletto Hariri, che cedette e accettò Hizbullah ed i suoi alleati - il partito sciita Amal e il partito cristiano di Michel Aoun - nella coalizione di governo. Fu il primo passo per 'domare' Hariri, che si dimostrò un politico senza nerbo. Le minacce e il timore di disordini a Beirut lo indussero ad andare a Damasco ad abbracciare pubblicamente Bashar Assad, sospettato di essere il mandante dell'assassinio di suo padre, e poi a dichiarare che per il Libano è essenziale avere buoni rapporti con la Siria.
Da allora Hariri è tornato tre volte a Damasco ed ha accolto il presidente siriano come ospite di stato a Beirut: la prima visita ufficiale di Assad in Libano dopo la successione al padre Hafez nel 2000 - salvo per la partecipazione al summit arabo . Delegazioni libanesi sono andate a Damasco a rinnovare accordi di 'cooperazione' che a volte subordinano gli interessi del Libano alle decisioni della Siria.
Il prossimo mese il Libano dovrebbe accogliere il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, allineandosi così chiaramente con 'l'asse del male'.
Hariri ha così tradito la coalizione '14 marzo' che lo ha eletto. La coalizione era nata dalle dimostrazioni di massa del 14 marzo 2005, a un mese dall'assassinio del padre, quando i partiti cristiani, sunniti e drusi si unirono nel chiedere di trovare gli assassini e portarli in giudizio, e buttar fuori dal paese le forze siriane.
La coalizione aveva già subito un brutto colpo un anno e mezzo fa, quando il leader druso Walid Jumblatt annunciò, ancor prima delle elezioni parlamentari, di uscire dalla coalizione perché la Siria non era più nemica del Libano, avendo ritirato le truppe dal paese a seguito della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1559 (risoluzione presa a seguito delle dimostrazioni di massa del 14 marzo).
Jumblatt, che era uno dei più dichiarati oppositori della Siria e di Hizbullah, cambiò opinione quando la sua piccola milizia fu sconfitta da Hizbullah, che si impossessò di Beirut ovest a maggio 2008.
A fine luglio il presidente libanese fu 'invitato' a partecipare a un summit a Damasco con Assad e con il re Abdullah dell'Arabia Saudita, che dopo l'assassinio di Rafik Hariri, suo intimo amico e cittadino saudita, perseguiva una politica apertamente anti-siriana. I Sauditi però si persuasero a cambiar politica, nella convinzione che un accomodamento con la Siria sarebbe servito a contenerla e a rendere possibili le elezioni in Libano. Il summit del 30 luglio doveva rendere possibile l'impossibile: trovare il modo di evitare la prossima decisione del tribunale , sospesa come una spada sulla testa di Hizbullah, senza attaccare il tribunale stesso. Non trovando nessuna soluzione, Nasrallah se ne uscì con la bella pensata di annunciare di avere 'la prova' del coinvolgimento di Israele nell'assassinio. La cosiddetta prova non convinse nessuno, ma il governo libanese fu d'accordo a mandarla al tribunale, che promise di investigare a fondo. Questo ritardò forse la chiusura delle indagini di qualche settimana, ma non ne cambiò il corso.
Siria e Hizbullah non ebbero più altri modi di agire se non premere e minacciare Hariri. In un discorso di tono molto acceso lo scorso agosto Nasrallah dichiarò che il tribunale era stato ingannato da falsi testimoni, e chiese un'indagine da parte del governo libanese, aggiungendo di non voler aver nulla a che fare con il tribunale, e che il governo doveva fermare la indagini, perché procedevano in direzione sbagliata. Questo aggiunse fiamme al fuoco: rappresentanti dei partiti cristiani e del partito di Hariri respinsero con ira le richieste di Nasrallah. Hariri, incastrato fra Hizbullah-Siria da una parte e i suoi alleati della coalizione 14 marzo e la maggioranza della popolazione dall'altra, dichiarò che la Siria era un alleato prezioso, prima di aggiungere che non avrebbe rinunciato ai propri principi e che il tribunale aveva diritto a indagare per tutto il tempo necessario alla conclusione delle indagini, sulla base delle prove raccolte. Poi incaricò il ministro della giustizia di avviare un'indagine sulla denuncia di HIzbullah per appurare se si erano presentati al tribunale falsi testimoni nell'intento di sviare le indagini.
Quando parla di 'falsi testimoni' Nasrallah fa riferimento a un episodio all'inizio dell'indagine. Un militare siriano, Muhammad Zohair al-Sadik, dichiarò alla commissione internazionale che conduceva le indagini prima della costituzione del tribunale internazionale che durante il suo servizio nei servizi di sicurezza siriani aveva preso parte a un incontro in cui si era pianificato l'assassinio di Hariri, con il coinvolgimento di 'alte personalità' in Siria e in Libano. Poco dopo aver testimoniato ritrattò tutto e fuggì in Francia. Lì fu arrestato su richiesta del Procuratore Capo libanese, ma non fu estradato perché il governo libanese non garantì di non condannarlo a morte.
A febbraio 2006 venne liberato, sparì, venne di nuovo arrestato negli Emirati Arabi Uniti dove fu accusato di immigrazione illegale con documenti falsi e condannato a una pena detentiva breve. Quindi sparì di nuovo e nessuno sa dove sia. E' molto probabile che abbia ritrattato per le minacce ricevute dalla Siria e/o da Hizbullah, e che abbia poi deciso di scappare. Non riuscendo ad ascoltarlo personalmente, il tribunale internazionale nel 2009 fu costretto a dichiarare invalida la sua precedente testimonianza e a liberare i quattro agenti di sicurezza libanesi arrestati nel 2006 in base a quella testimonianza. I quattro erano noti come collaboratori della Siria e l'assassinio non avrebbe potuto aver luogo senza il loro coinvolgimento. Il più alto in grado era il generale Jamal al-Sayed, allora capo del Servizio di Sicurezza Generale, già capo dell'intelligence militare. Era considerato il migliore agente della Siria in Libano.
Molti Libanesi, se non tutti, sanno che la Siria, Hizbullah e i capi dei servizi di sicurezza libanesi sono coinvolti nell'assassinio di Hariri e che le accuse di falsa testimonianza sono un'invenzione di Nasrallah. Ma le sue aperte minacce hanno provocato tensione e la realistica paura che l'organizzazione possa usare mezzi violenti o scatenare una guerra civile.
A inizio settembre la Siria ha accentuato la pressione convocando a Damasco Hariri. In una intervista concessa al ritorno al quotidiano saudita Asharq al-Awsat Hariri disse che il tribunale internazionale era stato ingannato, e che questo aveva portato al deteriorarsi dei rapporti fra Siria e Libano. In altre parole, assolse Assad dalla corresponsabilità dell'assassinio di suo padre. Ci fu una levata di scudi in Libano. Alcuni alleati di Hariri tentarono di dire che non aveva detto proprio così, ma altri nei partiti cristiani, ad esempio Sami Gemayel, figlio dell'ex presidente Amin Gemayel, protestarono con veemenza. Nasrallah adirato minacciò di 'crocifiggere' il leader cristiano sulla pubblica piazza. Una volta tanto, fu apertamente condannato da tutti i rappresentanti delle fazioni libanesi. Ma questo non indusse Hizbullah ad allentare la pressione: trovò da ridire sulle dichiarazioni di Hariri perché non bastava dichiarare che il tribunale era stato ingannato, bisognava anche chiedere scusa. Senza porgere scuse alla Siria e senza un cambio netto di rotta non si sarebbe potuto creare un paese unito e funzionante.
Seguirono minacce esplicite. Il generale Jamal al-Sayed fu convocato da Assad e al suo rientro da Damasco il 12 settembre lanciò un violento attacco contro Hariri. Disse che, a causa delle sue accuse senza fondamento alla Siria, il vero responsabile dell'assassinio di Rafik Hariri non era stato arrestato e aveva continuato ad uccidere negli anni 2005-2007. Chiese alla Procura di Stato e ai giudici libanesi incaricati delle indagini per conto del tribunale internazionale di rendere conto delle proprie azioni, aggiunse che il primo ministro doveva nominare una commissione d'inchiesta per investigare questa ragnatela di calunnie, altrimenti 'giuro sul mio onore che la strapperò io con la forza'.
Era una minaccia diretta al primo ministro, e il procuratore generale dello stato convocò Sayed perché desse spiegazioni. Hizbullah immediatamente chiese l'annullamento della convocazione. L'opposizione di Hizbullah alla procedura giudiziaria fu considerata un attacco alle istituzioni dello stato e un membro della coalizione disse che si trattava di una minaccia di colpo di stato.
In aggiunta a queste tensioni l'alleato di Hizbullah, il leader cristiano Michel Aoun, lanciò un altro attacco. Disse che quanto stava accedendo in Libano era frutto non di attività politica ma di un rapporto di tipo mafioso fra i vertici e la base, con i media pronti a distorcere i fatti. Invitò a disobbedire ai servizi di sicurezza che si comportavano in modo illegale, alludendo all'arresto, qualche settimana prima, del suo amico e protetto generale Fayz Karam, accusato di collaborare con Israele. ' E' innocente' - disse Aoun. 'Non ci sono prove a suo carico, e i media distorcono i fatti.'
A questo punto decise di scendere in campo il presidente Michel Suleiman. Rilasciò una dichiarazione il 16 settembre dicendo che il diverbio era trasceso oltre i limiti consentiti e richiamò tutti all'ordine. Tutte la parti dovevano smettere di minacciare e di attaccare le istituzioni pubbliche e la legge, per il bene del Libano. Altrimenti tutti ne avrebbero pagato le conseguenze.
Oggi il Libano è in uno stato di shock. Il fragile equilibrio fra le forze politiche si è rotto. Il partito druso di Jumblatt si è apertamente schierato con Hizbullah e i suoi alleati, i suoi portavoce attaccano il governo. Nel partito sunnita di Hariri, El Moustakbal (il futuro), i militanti scorati tentano inutilmente di spiegare che cosa intende fare il loro leader, dicono che vuole soltanto mantenere il paese unito e che il Libano non può mettersi in opposizione alla Siria. I partiti cristiani della coalizione vanno all'attacco di Hizbullah e di Sayed.
La coalizione 14 marzo è riuscita a stilare un comunicato in cui conferma il proprio sostegno al tribunale internazionale e la fiducia nella possibilità di scoprire la verità sull'assassinio di Rafik Hariri, ma la coalizione si sta sfasciando. Hizbullah mantiene alta la pressione. Uno dei suoi capi, Muhammad Kamati, ha dichiarato che la stabilità del Libano dipende dalla soluzione della questione delle 'false testimonianze' su cui si basano le accuse contro Hizbullah. Soltanto dopo si potrà girar pagina e iniziare una nuova epoca.
Gli avvenimenti attuali sono quasi impossibili da decifrare. La Siria e Hizbullah, con l'aiuto dell'Iran, paiono determinate a delegittimare apertamente il tribunale internazione istituito dal Consiglio di Sicurezza. Lo fanno con pressioni intense e con aperte minacce contro il capo di governo. Il loro scopo è obbligarlo a rivolgersi all'ONU e/o alle grandi potenze e dichiarare che il tribunale è stato ingannato e che dopo quattro anni di indagine è inutile proseguire oltre. Un'altra possibilità sarebbe che la corte stessa dichiarasse di non riuscire a sapere la verità, e cessasse le indagini di propria volontà.
L'unica cosa certa è che la Siria e Hizbullah faranno di tutto per impedire al Tribunale di compiere il proprio mandato. Se il Tribunale non desiste, in un modo o nell'altro in Libano scoppieranno combattimenti. l'ONU e l'Occidente stanno a guardare, apparentemente impotenti, come sempre. Per quanto riguarda Israele, l'eventuale vittoria di Siria e Hizbullah contro il tribunale internazionale e il dominio pieno di Damasco a Beirut starebbero a significare che la Siria si è fermamente legata all'asse del male.
E questo aumenterebbe molto i rischi di guerra.
(Zvi Mazel, già Ambasciatore israeliano in Romania, Svezia ed Egitto, è
membro del Jerusalem Centre for Pubblic Affairs and State)