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La Stampa Rassegna Stampa
22.09.2010 Bill Clinton tenta di diventare protagonista dei negoziati tra Israele e palestinesi
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 22 settembre 2010
Pagina: 16
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Israeliani e palestinesi insieme, nel salotto di Bill»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 22/09/2010, a pag. 16, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Israeliani e palestinesi insieme, nel salotto di Bill ".

Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di questa mattina, pubblicata in altra pagina della rassegna


Maurizio Molinari

Abu Mazen e Benjamin Netanyahu sono ai ferri corti sulla moratoria degli insediamenti, il prossimo summit negoziale ancora non è fissato, a New York Shimon Peres vede il collega palestinese quasi di nascosto e i portavoce di Hillary Clinton tradiscono incertezza sulle prossime tappe della trattativa. Il debutto della settimana di lavori all’Onu è segnato dai timori che l’appena lanciato negoziato israelo-palestinese stia per collassare ma a ridare fiato alla speranza di successo ci pensa Bill Clinton con una sorta di colpo di teatro internazionale.
Il palcoscenico è quello della riunione annuale della Global Initiative, la mini-Onu che l’ex presidente convoca in un hotel di Midtown, e in particolare la sala «New York West» dove a sedersi assieme sono il presidente israeliano Peres, il premier palestinese Salam Fayyad e il principe ereditario del Bahrein Salam Bin Hamad Al-Khalifa. E’ Clinton ad accoglierli, sfidandoli a discutere «come se l’accordo di pace definitivo fra Israele e palestinesi fosse stato firmato ieri». Se l’ex presidente punta sulla simulazione della pace è perché convinto che «a dieci anni dal fallimento di Camp David siamo davvero vicini all’accordo, tutti sanno quale sarà e c’è il 50% di possibilità di raggiungerlo». A precipitare nel futuro il pubblico di plenipotenziari in sala - dagli ambasciatori arabi al ministro della Difesa israeliano Ehud Barak - è la stretta di mano fra al-Khalifa e Peres, il Bahrein infatti è uno dei numerosi Paesi arabi che ancora non riconosce l’esistenza di Israele.
Clinton vuole dimostrare che si può discutere del Medio Oriente «con la pace già alle nostre spalle». Fayyad raccoglie la sfida: «Se avessimo celebrato ieri la nascita dello Stato di Palestina oggi sarei a lavoro per creare uno spazio economico unico perché tutte le nazioni del Medio Oriente sono legate». Peres lo segue nella simulazione: «Adesso che abbiamo fatto la pace, dobbiamo dare da mangiare a chi non ha cibo nei nostri Paesi e anziché rincorrere il nucleare come fa l’Iran costruendo migliai di centrifughe è il momento di sviluppare l’energia assieme sfruttando il Sole, che è un reattore democratico perché appartiene a tutti». Clinton corre in avanti: «E’ il momento di far nascere una comunità economica avanzata che includa Libano, Egitto, Siria, Israele, Palestina e Emirati del Golfo». Il principe ereditario del Bahrein ammette di «toccare il futuro con un dito» ma poi è lui a riportare tutti alle difficoltà del presente: «Ciò che ci tiene lontani da queste prospettive è l’assenza di pace, dobbiamo raggiungerla».
Il riferimento è ai due nodi più difficili del momento: la moratoria israeliana degli insediamenti scade fra il 26 e il 30 settembre e Abu Mazen minaccia di abbandonare il negoziato se non sarà rinnovata mentre Netanyahu ribatte che i palestinesi devono «riconoscere il carattere ebraico di Israele». La replica di Abu Mazen, via agenzie di stampa, è sprezzante: «Se volete chiamatelo pure Impero Sionista Ebraico d’Israele». Tutto si rovescia all’improvviso sul palco della Global Initiative e Clinton commenta con sarcasmo: «C’è una mia parente stretta che sta lavorando sodo per riuscirci». La replica di Peres è: «Bisogna occuparsi anche della bomba nucleare dell’Iran, è la più grande minaccia sulle nostre speranze di un Medio Oriente in pace». Il premier Fayyad e il principe tacciono, tocca così a Bill superare l’attimo di gelo, rilanciando la sfida a immaginare il futuro. E lo fa parlando di «una nuova generazione di macchine elettriche sulle autostrade dal Cairo a Gerusalemme fino a Damasco». Quando cala il sipario la platea di addetti ai lavori sprigiona un lungo applauso liberatorio. Per aver vissuto, almeno per 60 minuti, in un Medio Oriente dove si parla della pace usando il passato prossimo.

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