Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Un islam tutto rosa, a guida della modernità, ce lo propina il maggior quotidiano italiano l'ha scritto Alessandro Silj, in arte Carneade
Testata: Corriere della Sera Data: 18 settembre 2010 Pagina: 54 Autore: Alessandro Silj Titolo: «Le donne che porteranno l'Islam alla modernità, insieme alla tv»
Leggendo l'articolo di Alessandro Silj sul CORRIERE della SERA di oggi, 18/09/2010, a pag. 54, con il titolo " Le donne che porteranno l'Islam alla modernità, insieme alla tv ", viene da chiedersi se la scelta di pubblicarlo non risponda al altro se non alla mai defunta abitudine di onorare qualche richiesta giunta dall'alto di qualche poltrona. Ci era del tutto sconosciuto il nome di Alessandro Silj, ma questo poteva essere una nostra colpa, dalla quale ci siamo subito risollevati quando abbiamo cercato notizie di costui che il CORRIERE della SERA presenta come " direttore di Etnobarometro ". Su internet, scrivendo il suo nome su Google, l'informazione è molto scarna, non cita nessun etnobarometro, ma lo presenta quale "segretario generale dell'Italian Social Science Council ". Sigla anch'essa a noi sconosciuta, ma che abbiamo trovato sempre su Google, dove abbiamo letto: Il CSS è un'associazione senza fini di lucro, con personalità giuridica, fondata nel dicembre 1973 con l'appoggio della Fondazione Adriano Olivetti. È presieduta da Sergio Ristuccia, Vice Presidente è Arnaldo Bagnasco, Segretario Generale Alessandro Silj. Le finalità che ispirano l'azione del CSS sono favorire lo sviluppo delle scienze sociali in Italia Allora abbiamo finalmente capito di che cosa si occupa il signor Silj. Segretario di una Fondazione che spiega il mondo senza conoscerlo, ma che può presentarsi sotto nomi quali Fondazione Olivetti, Ristuccia, Bagnasco e supponiamo altri, che da quasi 40 anni dovrebbero dirci dove stiamo andando e perchè. Basta leggere l'articolo che segue per rendersi conto che il dott. Silj descrive una realtà attraverso il filtro della divisione del mondo in due, da un lato i cattivi, gli Stati Uniti, lo Scià, l'Occidente, dall'altro i buoni, gli islamici, Erdogan, le tv arabe, persino le soap opera, tutto fa modernità, altrochè occidente. Il dato che lo impressiona sono gli 85 milioni di telespettatori incollati davanti a un video. Se poi non hanno mai sentito il nome di Mozart o di Brahms, questo è solo un dettaglio, meglio ignorarlo. Questo insieme di insulse cretinaggini ha avuto oggi un posto di grande rilievo sul più importante giornale italiano. Complimenti.
Ecco l'articolo:
Caro direttore, le pulsioni emotive che animano gli oppositori della costruzione di una moschea in prossimità di Ground Zero sono comprensibili, ma non possono cancellare l’evidenza, ovvero che i kamikaze che hanno distrutto le due Torri nulla hanno a che vedere con la stragrande maggioranza dei musulmani. L’Islam è una galassia nella quale convivono anime, idee e situazioni molto diverse. La realtà che va emergendo, spesso ignorata dai media, è fatta di numerosi episodi che testimoniano come alcuni valori e comportamenti tradizionali vadano modificandosi o scomparendo.
In Kuwait, nel 2008 per la prima volta delle donne sono state elette in Parlamento, e in Marocco, nel 2009, una donna è stata eletta sindaco di Marrakech. In Algeria può accadere che donne velate flirtino con uomini in pubblico, impensabile in passato. In Siria il governo si sta muovendo per vietare che le insegnanti delle scuole indossino il niqab. In Turchia, più di 200 donne predicano nelle moschee ad altre donne: sono le vaize, un fenomeno non nuovo che recentemente è stato rilanciato; e si può prevedere che presto anche le donne potranno essere imam, non solo in Turchia, e potranno predicare anche a fedeli di sesso maschile. In Egitto, alle donne che lavorano come annunciatrici o conduttrici tv, è stato vietato di indossare il velo; mostrare i capelli, ha dichiarato il direttore della televisione pubblica, «fa parte della cultura della nostra società», un’affermazione, bisogna supporre, riferita alle figure femminili delle epoche passate, quelle dei faraoni, ma non all’Egitto contemporaneo, dove quasi tutte le donne indossano foulard. Sempre in Egitto, nel 2009 l’imam Mohammad Said Tantawi dell’Università Al Azhar ha fortemente attaccato l’uso del niqab, descrivendolo un’usanza tribale che nulla a che vedere con la religione di Maometto, e Farouk Hosni, il ministro per la cultura, ha definito l’hijab come un segno di «arretratezza».
Comprensibilmente queste prese di posizione scatenano forti reazioni. Non dimentichiamo che nel Medio Oriente quasi tutti i Paesi hanno conquistato l’indipendenza dopo la Seconda guerra mondiale e che le loro politiche sono state rivolte allo sviluppo economico, con scarsa attenzione all’educazione. Ma ora il pensiero dei riformisti può riassumersi nella domanda posta anche le più lucide. Si battono non solo per i diritti della donna, ma più in generale per il rispetto dei diritti umani.
Nel prendere atto di queste realtà, noi occidentali dobbiamo guardarci da fraintendimenti sul loro significato e sui possibili sviluppi. Essere coscienti, in primis, che modernizzazione non è sinonimo di «occidentalizzazione» — non a caso il concetto di «modernità» non pone problemi a un musulmano mentre quello di «modernizzazione» gli può suggerire interventi esterni e interessati. E non leggere in alcuni fenomeni, come le battaglie condotte dalle donne e i comportamenti delle nuove generazioni, il segnale di un allontanamento dall’Islam. Guardiamo i commenti che i media hanno dedicato ai giovani iraniani che leggono e amano autori occidentali, impazziscono per certa musica rock o rap, frequentano discoteche. In parti del mondo musulmano la musica è stata a lungo 'haram', vietata; in anni recenti in Afghanistan, i talebani l'hanno proibita e combattuta anxche con la violenza.
I giovani iraniani sono cresciuti in una società controllata severamente dalle supreme autorità religiose ma hanno visto nella televisione satellitare e in internetome vivono i loro coentaniei in altre parti del mondo. Vogliono essere liberi, non vogliono che gli ayatollah dicano loro che cosa possono fare e che cosa non fare, vogliono uscire dalla loro gabbia e sentirsi parte del mondo.: Non per questo sono meno religiosi e meno attaccati al loro paese né meno ostili alla politica degli Stati Uniti e dei loro alleati. Il primo, vero tentativo di occidentaklizzazione/ secolarizzazione dell'Iran fu opera della monarchia dei Pahlavi, e fallì, così favorendo l'avvento di Khomeini perchè anche agli occhi di chi era favorevole all'occidentalizzazione, questa finì per apparire una " occintossicazione " dello Scià.
Il caso della Turchia, poi, è emblematico di una nuova, più libera, figura di donna e dei cambiamenti culturali e sociali dell'intera regione. Erdogan, dopo aver rilanciato l'economia, vede le opportunità che gli si presentano a livello regionale. E' uomo abile, moderno e fortunato. Basti pensare al contributo che la televisione, non certo perchè da lui indirizzata ma per il dinamismo proprio dei media, sta dando alla posizione di preminenza della Turchia in Medio Oriente. Mi riferisco alle soap opera mandate in onda dalla Tv turca, riprogrammate in quasi tutti i paesi vicini ( inclusa la Palestina): stanno rivoluzionando la cultura della regione. Storie con immagini di donne che si vestono e si comportano come mai in passato alcuna Tv di quei paesi avrebbe osato o soltanto immaginato di poter mandare in onda. Nel 2008/2009 Noor, la serie di gran lunga più popolare. Oggi Ask-i Memnu si spinge oltre e subirà tagli per non offendere il pubblico arabo. Gli indici di ascolto sono altissimi. Quando Noor è stata trasmessa da Mbc, la televisione saudita, l'hanno seguita 85 milioni di arabi, malgrado una fatwa emessa da autorità religiose saudite avesse invocato la morte dei suoi produttori e distributori. C'è da chiedersi se la modernità stia adattandosi all'islam o viceversa.
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