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La Repubblica Rassegna Stampa
16.09.2010 I negoziati visti da un punto di vista anti israeliano
La cronaca di Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 16 settembre 2010
Pagina: 16
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «La Clinton chiede una svolta: 'Israele fermi gli insediamenti'»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 16/09/2010, a pag. 16, l'articolo di Alberto Stabile dal titolo "La Clinton chiede una svolta: Israele fermi gli insediamenti".


Hillary Clinton

Stabile scrive : " Ora pare che Netanyahu, uno specialista delle soluzioni a metà, sia fortemente impegnato a formulare questa proposta di compromesso, così come Abu Mazen sarebbe pronto ad ascoltarlo ed eventualmente a ripagare le eventuali concessioni del premier con altrettante concessioni.". Non è ben chiaro per quale motivo Netanyahu venga definito 'specialista delle soluzioni a metà'. E soprattutto è ancora meno chiaro come mai non venga data una definizione analoga della controparte palestinese, questa sì specialista delle soluzioni a metà. Ricordiamo allo smemorato Stabile che ad affossare tutti i negoziati per la nascita di uno Stato palestinese, sono sempre stati i palestinesi stessi. Un nome su sutti il sempre troppo compianto Arafat.
Stabile scrive : "
 Ieri un missile Kassam e nove colpi di mortaio sono stati sparati da Gaza contro il territorio israeliano. Pare che uno degli ordigni contenesse del fosforo, una sorta di ritorsione contro le bombe al fosforo sganciate dagli israeliani durante l´operazione Piombo fuso. ". L'utilizzo del fosforo da parte di Tzahal è stato smentito dalla Croce Rossa Internazionale, Stabile che prove ha per accusa Israele di averlo usato ? E come mai, invece, è così possibilista sul fatto che Hamas l'abbia utilizzato ? E, soprattutto, perchè non usa parole di biasimo? A Israele non le aveva risparmiate, anche se si è scoperto che era un'accusa falsa.
Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - La giostra dei «negoziati diretti» s´è spostata a Gerusalemme, forse nella speranza che l´atmosfera ispirata della Città Santa permetta ai due contendenti di raggiungere quelle intese che sulle sabbie bollenti di Sharm el Sheik non sono riusciti a conseguire. A sera, tuttavia, nulla è trapelato dalla blindatissima residenza del primo ministro israeliano, dove Netanyahu ed Abu Mazen si sono dati appuntamento nel tardo pomeriggio, presente Hillary Clinton in veste d´interessata promotrice dell´incontro, che possa far pensare ad una svolta. Al massimo, citando l´inviato americano George Mitchell, i colloqui avrebbero registrato «qualche progresso».
Eppure la scena è stata preparata per ospitare un evento straordinario. I comunicati ufficiali sottolineano che è la terza volta, in due giorni, che i due antagonisti si ritrovano faccia a faccia. Ma il problema del blocco temporaneo degli insediamenti, che scadrà a fine mese, continua a rappresentare il principale ostacolo al negoziato. Con il premier israeliano intenzionato a non rinnovare la moratoria da lui stesso voluta (una concessione ad Obama) ed il presidente palestinese deciso a ritirarsi dalle trattative se Netanyahu darà il via libera all´espansione delle colonie ebraiche nei Territori.
Quello che ha cercato di fare Hillary Clinton, affiancata dal plenipotenziario, George Mitchell, è di convincere Netanyahu a formulare una proposta che, pur rappresentando la fine della moratoria permetta ad Abu Mazen di continuare e negoziare senza perdere la faccia. In parole povere, un compromesso per il bene della trattativa, ma anche nell´interesse di Obama intenzionato ad arrivare alle elezioni di Medio Termine, fissate per Novembre, con il processo di pace bene avviato.
Ora pare che Netanyahu, uno specialista delle soluzioni a metà, sia fortemente impegnato a formulare questa proposta di compromesso, così come Abu Mazen sarebbe pronto ad ascoltarlo ed eventualmente a ripagare le eventuali concessioni del premier con altrettante concessioni. Ma entrambi i duellanti sembrano altresì molto sensibili alle pressioni delle rispettive «ali estreme». Netanyahu ha deciso che a fine mese manterrà la promessa fatta ai coloni quando, nel dichiarare la moratoria, alla fine del 2009, aggiunse rassicurante: «Si tratta di una misura una tantum, temporanea, al termine della quale le costrizioni riprenderanno come prima».
Oggi, Netanyahu proprio non se la sente di smentirsi e, soprattutto, di mettersi contro la potente lobby dei coloni ampiamente presente nella maggioranza di governo. La proposta che a giudizio del premier dovrebbe permettergli di salvare capra e cavoli è di rallentare il ritmo di crescita degli insediamenti stabilendo un tetto (ma chissà se si tratta di un vero e proprio limite) di 2000 unità abitative l´anno.
Quanto ad Abu Mazen, il vecchio presidente non sembra disposto a rimangiarsi la minaccia di ritirarsi dal negoziato se gli insediamenti continueranno a crescere. Il leader palestinese è convinto di aver fatto per intero la sua parte, combattendo Hamas, e ristabilendo legge ed ordine nei suoi domini in Cisgiordania, grazie anche alle forze di polizia a lui fedeli addestrate dagli americani. E´ tempo dunque di esigere il credito di fiducia che s´è guadagnato. Posizione assai precaria, la sua, dal momento che Hamas non intende abbandonare l´arma della violenza e punta a screditare Abu Mazen presentando il negoziato come l´ennesimo cedimento al nemico. Ieri un missile Kassam e nove colpi di mortaio sono stati sparati da Gaza contro il territorio israeliano. Pare che uno degli ordigni contenesse del fosforo, una sorta di ritorsione contro le bombe al fosforo sganciate dagli israeliani durante l´operazione Piombo fuso. Nella rappresaglia, l´aviazione dello Stato ebraico ha colpito un tunnel di traffici tra Gaza e l´Egitto, uccidendo un palestinese di 23 anni e ferendone altri due.

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