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L'Unità - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
15.09.2010 Yedioth Aharonot accusa l'Italia di continuare a fare affari con l'Iran nonostante le sanzioni
La denuncia di Menachem Gantz, cronache di Umberto De Giovannangeli, Sissi Bellomo

Testata:L'Unità - Il Sole 24 Ore
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Sanzioni sulla carta - Greggio dall'Iran senza ostacoli»

Riportiamo da YEDIOTH AHARONOT l'articolo di Menachem Gantz dal titolo "Sanzioni sulla carta ". Dall'UNITA', a pag. 26, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Giornale israeliano contro Berlusconi: affari d’oro con l’Iran ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 10, l'articolo di Sissi Bellomo dal titolo " Greggio dall'Iran senza ostacoli ".
Ecco gli articoli:

YEDIOTH AHARONOT - Menachem Gantz : " Sanzioni sulla carta "


Menachem Gantz

Le dichiarazioni sono una cosa, ma le azioni sono un altro paio di maniche: sei mesi dopo il suo ritorno da una visita in Israel, durante la quale il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha promesso di impegnarsi per diminuire l'interscambio Italia-Iran, risulta che, di fatto, anche quest'anno Roma è un'avida sostenitrice dell'economia iraniana.

È vero che Berlusconi ed il Ministro degli Esteri Franco Frattini hanno dichiarato in passato di comprendere la necessità di erodere l'abilità di Teheran a sviluppare armi nucleari che mettono a repentaglio la sicurezza e l'esistenza dello Stato d'Israele ma, di fatto, la politica del loro governo indica una promozione dell'interscambio con Teheran, il che aiuta il regime degli Aiatollah ad ottenere stabilità.

Yediot Aharonot ha fatto la verifica: dai dati ISTAT risulta che le importazioni italiane dall'Iran nella prima metà del 2010 sono più che raddoppiate, ammontando ad una somma di oltre 2 miliardi di euro. Trattasi di una cifra veramente mostruosa: solo per fare il paragone, nel periodo analogo del 2009, le importazioni sono ammontate a 847 milioni di euro.

Anche le esportazioni verso l'Iran sono cresciute notevolmente. Da 892 milioni di euro nella prima metà del 2009, quest'anno le esportazioni italiane verso l'Iran sono ammontate ad oltre un miliardo di euro. Nonostante non siano ancora stati pubblicati dati precisi sulle tendenze dell'interscambio, non si tratta di un commercio basato su generi alimentari basilari. Dai dati ISTAT emerge chiaramente che, anche quest'anno, l'interscambio tra i due Paesi è caratterizzato da prodotti industriali, lavori di infrastruttura, energia, satelliti per le comunicazioni e prodotti scientifici e tecnologici.

In passato era già emerso da indagini giornalistiche che aziende italiane hanno fornito appoggio all'esercito iraniano. All'inizio dell'anno, l'Amministratore Delegato dell'ENI era stato convocato dal Dipartimento di Stato statunitense per spiegare le dimensioni enormi dell'interscambio tra i due Paesi. Va sottolineato che questo è il quarto anno consecutivo in cui detto interscambio dimostra di crescere, nonostante le sanzioni imposte all'Iran dall'ONU, nonostante tutte le promesse fatte all'Amministrazione di Washington e nonostante i calorosi abbracci profusi da Berlusconi durante la sua visita in Israele.

Il Ministero degli Esteri a Roma ha ieri confermato i dati, spiegando: "La forte crescita delle importazioni dall'Iran dipende dalle variazioni del tasso di cambio euro-dollaro e dai prezzi del petrolio. Le esportazioni verso l'Iran non violano le sanzioni imposte dall'ONU. Le grandi aziende italiane hanno fermato le proprie transazioni, e non vi è alcun uso doppio, civile-militare, della loro attività. Nel contempo, imprese medio-piccole, che sentono l'accelerazione dell'economia italiana, commerciano con l'Iran correndo rischi, in assenza di assicurazione governativa per la loro attività". Dalla Presidenza del Consiglio hanno risposto che sono ancora nel processo di studiare i dati.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : "Giornale israeliano contro Berlusconi: affari d’oro con l’Iran"


Iran

Nel suo intervento alla Knesset aveva solennemente affermato: l’Italia è a fianco d’Israele e farà di tutto per sanzionare il regime iraniano. Così Silvio Berlusconi. Il Cavaliere-Pinocchio. L’ennesima sparata contraddetta dai fatti. Perché i fatti, anche in questo delicatissimo fronte, vanno in tutt’altra direzione. A svelarlo è Yediot Ahronot, il più diffuso quotidiano dello Stato ebraico. « Malgrado le promesse fatte dal presidente del Consiglio duranteuna visita in Israele a febbraio, il volume degli scambi tra Italia e Iran è aumentato esponenzialmente: nella prima metà del 2010le importazioni dalla repubblica islamica del Bel Paese sono lievitate fino a due miliardi di euro, rivela il giornale israeliano, che ha analizzato i rapporti commerciali tra Roma e Teheran in un dettagliato articolo del suo corrispondente in Italia Menachem Gantz, dal titolo «Sanzioni sulla carta». Verificando i dati Istat, Yediot Ahronot ha riscontrato «che le importazioni italiane dall'Iran nella prima metà del 2010 sono più che raddoppiate, aumentando a una somma di oltre due miliardi di euro». Una cifra che il quotidiano israeliano non ha esitato a definire «veramente mostruosa». Nel periodo corrispondente del 2009, ha aggiunto, «le importazioni sono aumentate di 847 milioni di euro. Anche le esportazioni verso l'Iran sono cresciute notevolmente: da 892 milioni di euro nella prima metà del 2009, quest' anno le esportazioni italiane verso l'Iran sono aumentate a oltre un miliardo di euro». «Le dichiarazioni sono una cosa, ma le azioni sono un altro paio di maniche», ha scritto nella sua corrispondenza da Roma il quotidiano. «Sei mesi dopo il suo ritorno da una visita in Israele, nella quale il presidente del Consiglio Berlusconi ha promesso di impegnarsi per diminuire l'interscambio Italia- Iran, risulta che di fatto anche quest'anno Roma è una fervida sostenitrice dell'economia iraniana ». «È vero», ha evidenziato Yediot Ahronot, «che Berlusconi e il ministro degli Esteri Frattini hanno dichiarato in passato di comprendere la necessità di erodere l'abilità di Teheran a sviluppare arminucleari che mettono a repentaglio la sicurezza e l'esistenza dello Stato di Israele, ma di fatto la politica del loro governo indica una promozione dell'interscambio con Teheran. Che aiuta il regime degli ayatollah a ottenere stabilità». Il quotidiano ha messo sotto accusa anche la natura dei rapporti. «Nonostantenon siano ancora stati pubblicati dati precisi sulla tendenza dell'interscambio», spiega, «non si tratta di un commercio basato su generi alimentari basilari. Dai dati Istat emerge chiaramente che anche quest'anno l'interscambio tra i due Paesi è caratterizzato da prodotti industriali, lavori di infrastruttura, energia, satellitare per la comunicazione, prodotti scientifici e tecnologici. In passato, era già emerso da indagini giornalistiche che aziende italiane hanno fornito all'estero appoggio all'esercito iraniano». Nell'articolo, Gantz rimarca che «all'inizio dell'anno, l'amministratore delegato di Eni (Paolo Scaroni, ndr) era stato convocato dal Dipartimentodi Stato americano per spiegare le enormi dimensioni dell'interscambio tra i due Paesi». Il quotidiano evidenzia che «questo è il quarto anno consecutivo in cui detto interscambio dimostra di crescere, malgrado le sanzioni imposte all'Iran dall'Onu, tutte le promesse fatte all'amministrazione di Washington e i calorosi abbracci profusi da Berlusconi durante la sua visita in Israele». La direzione del giornale ha fatto sapere di aver contattato per un commento aRomasia la presidenza del Consiglio, che ha svicolato dicendo che i dati sono ancora in fase di studio, sia il ministero degli Esteri, che li ha confermati. La Farnesina ha spiegato che «la forte crescita delle importazioni dall'Iran dipende dalla variazione del tasso di cambio euro/dollaro e dai prezzi del petrolio. Le esportazioni verso l'Iran non violano le sanzioni imposte dall'Onu: le grandi aziende italiane hanno fermato le proprie transazioni e non c'è alcun uso doppio, civile-militare, della loro attività. Nel contempo, le piccole e medie imprese che avvertono l'accelerazione dell'economia italiana commerciano con l'Iran, correndo rischi in assenza dell'assicurazione governativa per la loro attività ».

Il SOLE 24 ORE - Sissi Bellomo : " Greggio dall'Iran senza ostacoli "

Importare petrolio dall'Iran sta diventando sempre più difficile. Ma non per le imprese italiane. I nostri raffinatori almeno per ora non sembrano condividere i problemi denunciati dall'Agenzia internazionale dell'energia (Aie): le sanzioni internazionali, afferma l'organismo dell'Ocse, stanno provocando la «conseguenza imprevista» di ostacolare i rifornimenti da Teheran. Non perché l'acquisto di greggio iraniano sia vietato – un embargo così rigido è applicato solo dagli Stati Uniti, che hanno troncato le relazioni commerciali col paese dalla rivoluzione islamica del 1979 – ma perché quasi tutte le banche occidentali si rifiutano di concedere le lettere di credito necessarie per il pagamento del greggio. Tra le rarissime eccezioni c'è Intesa Sanpaolo, che senza tanti clamori continua a garantire un servizio che non viola né leggi né sanzioni, ma che per altri è forse divenuto fonte di imbarazzo. Naturalmente l'attività si svolge entro un'ambito attentamente circoscritto: interpellata dal Sole 24 Ore, la banca ha precisato che si limita a «supportare l'importazione del solo petrolio greggio da parte di aziende italiane, nel pieno rispetto delle normative vigenti».

Un compito non da poco. In Italia, stando agli ultimi dati dell'Unione petrolifera, entrano ogni giorno circa 150mila barili di greggio iraniano, oltre il 10% del totale delle importazioni petrolifere. Di questi 35mila sono dell'Eni, che non li importa (e dunque non necessitano di lettere di credito) perché rappresentano la "retribuzione" dei contratti di servizio stipulati anni addietro con l'Iran. Gli altri 115mila, riferiscono fonti di settore, vengono acquistati per la maggior parte da Saras, Gruppo Api e Iplom, che li trasformano in prodotti raffinati.

Gli acquisti sono costituiti soprattutto da Iranian Heavy, una qualità di greggio pesante e ad alto contenuto di zolfo, di cui il nostro sistema di raffinazione, molto orientato verso la produzione di bitume, ha un grande bisogno e che non si presta ad essere sostituito molto facilmente: il sostituto più a portata di mano nell'area del Mediterraneo è il russo Ural, che nell'ultimo mese è rincarato di oltre 2 dollari al barile, in parte proprio per la difficoltà di acquistare Iranian Heavy. Greggi simili si producono anche in Libia, ma in quantità modeste. E poi ci sarebbero i sauditi Arabian Medium e Arabian Heavy, ma Riad da gennaio ha smesso di venderli in Europa, preferendo offrirli a clienti asiatici.

«I primi segnali di difficoltà hanno cominciato a manifestarsi all'inizio dell'anno», racconta un trader di petrolio di una grande società internazionale, che vuole restare anonimo. «Alcune banche francesi, tra cui Société Générale e Bnp Paribas, tradizionalmente molto attive nel trade financing, hanno smesso di concedere lettere di credito per i pagamenti all'Iran, probabilmente per ordine del governo. A luglio, con l'arrivo delle sanzioni europee, la situazione è precipitata: Bruxelles impone che ogni transazione con l'Iran superiore ai 40mila euro venga autorizzata e quasi tutte le banche hanno iniziato a tirarsi indietro. Di recente hanno approvato sanzioni contro Teheran anche il Giappone e la Corea del Sud. E persino le banche di Abu Dhabi stanno creando difficoltà».

In questa situazione, Intesa Sanpaolo rappresenta una rara ancora di salvezza per i raffinatori italiani. Che non appaiono particolarmente preoccupati dalla situazione. «Per quanto ci riguarda – commenta il gruppo Api, l'unico disposto a parlare apertamente – abbiamo consolidati e trasparenti rapporti commerciali con l'Iran da oltre 25 anni e riteniamo che con il recepimento in Italia delle sanzioni Ue al massimo si tratterà di mettere mano a qualche ulteriore adempimento burocratico».

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