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La Stampa Rassegna Stampa
10.09.2010 Kurt Westergaard : 'Rifarei le vignette su Maometto'
Il disegnatore danese, costretto a vivere blindato, sconfigge il fondamentalismo islamico

Testata: La Stampa
Data: 10 settembre 2010
Pagina: 9
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Rifarei le vignette su Maometto ma è sbagliato bruciare libri sacri»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/09/2010, a pag. 9, l'intervista di Paolo Mastrolilli a Kurt Westergaard dal titolo " Rifarei le vignette su Maometto ma è sbagliato bruciare libri sacri ".
Della premiazione di Kurt Westergaard IC aveva già dato notizia ieri riportando da LIBERO l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " La cancelliera premia il vignettista di Maometto".
(http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=16&sez=120&id=36358).
Ecco l'intervista di Paolo Mastrolilli:


Kurt Westergaard

Sì, rifarei tutto da capo». Sulla faccia di Kurt Westergaard si allarga un sorriso impertinente, mentre rivendica la provocazione che gli ha rovinato la vita. Ha settantacinque anni, il vignettista danese, ma pare un ragazzino che ha appena infilato le dita nel barattolo della marmellata e, invece di nasconderle, se le lecca sfrontato davanti a tutti.
Il disegno che pubblicò il 30 settembre del 2005 sul Morgenavisen Jylland-Posten, quello con Maometto che sfoggiava un turbante a forma di bomba, provocò rivolte in tutto il mondo islamico: offesa inaccettabile, per i musulmani. Invece per altri, nel cuore della «guerra al terrorismo» di Al Qaeda, Westergaard divenne subito il campione mondiale della libertà di parola. Da allora lui e la moglie vivono sotto la scorta dei servizi segreti danesi, senza più una casa che possano chiamare loro: «Anche considerando tutto quello che è successo dopo, o forse proprio per questo, ripubblicherei la stessa vignetta. Se prima di farla avessi saputo cosa avrebbe provocato, incluse le minacce di morte contro di me, l’avrei disegnata comunque».
Fa effetto il contrasto tra la sua giovialità provocatoria, e la paradossale realtà che lo circonda. Prima che arrivasse all’Orangery di Sans Souci, dove lo fermiamo per rubargli qualche pensiero, la polizia tedesca aveva preso il controllo della reggia estiva di Federico il Grande come se fosse un obiettivo bellico: tiratori scelti sui tetti rococò, uomini dei corpi speciali in assetto di guerra tra gli alberi secolari del parco, e lungo i viali camionette con i mitra spianati sulla cappotta.
Certo, aspettavano la cancelliera Angela Merkel, che con un gesto di «coraggio civile» doveva consegnare proprio a Westergaard il Media Prize assegnato dalla conferenza M100 Sanssouci Colloquium. Ma aspettavano soprattutto lui, Kurt, con i suoi calzoni rosso sangue, il bastone per camminare, il foulard al posto della cravatta, e la faccia da schiaffi che non smette di sorridere neppure davanti alle minacce di morte.
Perché rifarebbe tutto?
«Perché il risultato che volevo raggiungere era esattamente questo: dimostrare a quale livello di assurdità può arrivare l’intolleranza dell’estremismo islamico».
Non rimpiange la vita tranquilla prima dello scandalo?
«Con l’età, in genere, si diventa più coraggiosi, perché non ti possono più fare nulla».
Vogliono ammazzarla, per la verità.
«Mi guardi: io sono un povero vecchio. C’è davvero poco in ballo, quando si minaccia di morte uno come me».
In un’intervista rilasciata prima di ricevere questo premio a Potsdam, lei ha detto che «non si può paragonare l’islam alla cristianità. Non è una religione piacevole, ma piuttosto reazionaria». È convinto della superiorità della cultura occidentale?
«Io di mestiere faccio satira. Perciò cercherò di spiegarmi con una barzelletta. Un regime islamico ostile all’Occidente costruisce un missile in grado di colpirci. Il governo rivela al pubblico il grande risultato e annuncia che farà presto un test della nuova arma. Nel giorno della prova, però, qualcosa va storto. Il missile destinato a raggiungere l’Occidente non riesce a decollare: ci sono salite sopra troppe persone, che sperano di scappare aggrappate ad esso».
Non si è ancora stancato di provocare?
«Nella mia vita ho conosciuto il fascismo, il nazismo, il comunismo, e ora l’islamismo. Tutti questi “ismi” fanno rima con fanatismo, cioè la minaccia che mi preoccupa più di ogni altra cosa.È l’atteggiamento di coloro che hanno perso una categoria fondamentale del nostro spirito umano: il dubbio».
Questo non è un pericolo che riguarda qualunque fede?
«Io sono ateo, ma tollerante fino in fondo. Non mi piace, ad esempio, chi vuole bruciare in piazza il Corano: le provocazioni servono a far riflettere e quindi accrescere la conoscenza, questa non mi sembra rientrare nella casistica. Rispetto tutte le religioni e il diritto di ogni uomo a credere in ciò che vuole.
Il problema nasce quando si pretende di imporre la propria fede, generando ogni tipo di pregiudizio e incomprensione. Vi racconto un’altra storiella, che può aiutare ad intendere l’ottusità di cui parlo. Un uomo viene fermato ad un posto di blocco in Irlanda del Nord. Il solerte poliziotto lo interroga: lei è cattolico o protestante? L’uomo risponde con garbo: sono ateo. Allora il poliziotto insiste: d’accordo, ma lei è un ateo cattolico o un ateo protestante?».
Cosa farà adesso: continuerà a provocare mezzo mondo, dal suo nascondiglio segreto?
«Per fortuna sono in pensione e posso dedicarmi completamente a me stesso. Non disegno più vignette per i giornali, state tranquilli: sto preparando un libro, con dentro tutte le cose che mi piacciono davvero».

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