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La Stampa Rassegna Stampa
09.09.2010 Fidel Castro nuova versione: l'importante è non prenderlo sul serio
la cronaca di Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 09 settembre 2010
Pagina: 15
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Ahmadinejad è antisemita»

Abituati ai giri di valzer di Gheddafi, non ci stupiamo per quelli di Fidel Castro. Il quale sarebbe diventato saggio, forse per via dell'età e degli acciacchi. Al punto da rimproverare Ahmadinejad per essere antisemita e negatore della Shoah e di non comprendere le ragioni di Israele.
 La notizia è su tutti i giornali oggi, 09/09/2010, viene persino presa sul serio, anche se il dittatore cubano aveva dichiarato a giugno, subito dopo l'affare della nave turca Mavi Marmara a Gaza, che " La croce uncinata del Fuehrer sembra essere oggi la bandiera di Israele ". Bastano un paio di mesi, ed ecco Castro in versione riveduta e corretta. Rinnega anche il comunismo, scusate cari cubani se vi ho fatto vivere nella più stretta miseria e terrore politico, mi ero sbagliato. Anche sulla persecuzione degli omosessuali fa marcia indietro, dichiarando " Ci sono stati momenti di grande ingiustizia contro la comunità gay, e se c'è un responsabile quello sono io". Nessuno l'aveva messo in dubbio ! Che dire, con amici così affidabili, chi ha più bisogno di Ahmadinejad ?
Riprendiamo la cronaca di Francesco Semprini dalla STAMPA, a pag. 15, con il titolo " Ahmadinejad è antisemita ".

Critica Mahmoud Ahmadinejad per le sue derive antisemite, avanza timori per un conflitto nucleare tra Iran e Israele-Usa, sostiene che il modello economico comunista non va più bene, e fa un parziale mea culpa sulla crisi missilistica cubana del 1962. È un Fidel Castro inconsueto quello intervistato da Jeffrey Goldberg, inviato di The Atlantic, in una maratona di colloqui durata tre giorni e voluta dallo stesso lider maximo. «Si è voluto riproporre all’America e al mondo in veste di statista e non di semplice capo di Stato», spiega Julia Sweig, l’esperta di questioni cubane del Council of Foreign Relations, che ha accompagnato Goldberg nella trasferta dell’Avana. «Alcune settimane fa ero in vacanza quando ho ricevuto una telefonata da Jorge Balanos, il responsabile dell’ufficio di interessi cubani a Washington», racconta Goldberg. Con Balanos ecco l’invito a l’Avana. Dove Sweig e il giornalista sono ricevuti da Castro in persona.
Il colloquio si apre con l’arringa del lider maximo che conferma la sua convinzione che Usa e Israele si stiano muovendo «gratuitamente e precipitosamente» verso un pericoloso confronto con l’Iran. Quindi avanza una proposta al premier israeliano Benjamin Netanyahu: «Israele deve smantellare il suo arsenale nucleare solo così potrà innescare un processo simultaneo e globale di disarmo con le altre potenze atomiche». Ma quella di Castro non è un’analisi a senso unico, e nonostante gli 84 anni e il fisico provato dalla malattia, «la sua mente appare lucida ed energica». Lo dimostra nel messaggio inviato ad Ahmadinejad che invita a smettere di negare l’Olocausto e diffamare gli ebrei. «Credo che nessuno al mondo abbia ricevuto lo stesso trattamento che hanno ricevuto gli ebrei diffamati da duemila anni. Sono stati attaccati molto più che i musulmani. Hanno vissuto un’esistenza molto più difficile di chiunque altro: non c’é nulla a confronto dell’Olocausto».
Secondo il leader cubano, Teheran servirebbe meglio la causa della pace riconoscendo «l’unicità» della storia di Israele e provando a capire meglio perché lo Stato ebraico teme per la sua sopravvivenza. In caso contrario si rischierebbe una escalation di tensioni che «potrebbe sfociare nel conflitto atomico». Una paura, quella di Castro, che deriva in parte dall’esperienza della crisi missilistica cubana, tra gli episodi più delicati della Guerra Fredda e che lui stesso definisce a posteriori «un’operazione di cui non è valsa la pena alla luce di quanto si è visto e di quanto si è saputo negli anni successivi». Cala il sipario anche sul comunismo in stile cubano. Alla domanda se il modello economico cubano sia ancora valido per essere esportato in altri paesi, il lider maximo ha risposto: «Il modello cubano non va più bene neanche per noi».

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