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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.09.2010 Il reverendo Jones e i suoi falò
La cronaca di Alessandra Farkas

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 settembre 2010
Pagina: 14
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «L'appello di Petraeus al pastore anti-islam, non al rogo del Corano»

Bruciare un libro, qualunque esso sia, è sempre un'azione da condannare, senza mezze misure. Oltre che criminale, è anche sintomo di paura e ignoranza, il prodotto finale è la stupidità di chi lo commette.
Quante idiozie in nome della fede ! Auguriamoci che il pastore in questione abbia poche pecore nel suo gregge.
Ciò detto, è bene non fare confusione, una cosa è il pastore brucia-corano, un'altra il terrorismo fondamentalista islamico. Chiamare "Cordoba" un centro musulmano, è di per sè un programma politico, che nulla ha a che vedere con un luogo di preghiera. Gli Usa fanno bene a controllare il diffondersi del fondamentalismo sul territorio americano, senza lasciarsi confondere da iniziative come quella del reverendo Terry Jones.
Riprendiamo la cronaca di Alessandra farkas dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/09/2010, a pag.14, con il titolo " L'appello di Petraeus al pastore anti-islam, non al rogo del Corano ". 

NEW YORK — La trovata, all’inizio ignorata dai media, ha provocato la reazione della Casa Bianca e del Vaticano, un summit d’emergenza dei leader delle principali fedi religiose d’America e la condanna di diplomatici e generali. Ciò che all’inizio sembrava solo l’ennesimo happening folkloristico della destra anti-islamica — il progetto di un pastore della Florida di bruciare copie del Corano nell’anniversario dell’11 settembre — si è trasformato in un caso politico dagli esiti imprevedibili. (Ap)Reverendo Terry Jones davanti a un rimorchio che annuncia la sua iniziativa a Gainesville, in Florida. Il pastore evangelico si propone di «bruciare una copia del Corano» davanti alla sua chiesa per ricordare così gli attentati dell’11 settembre

Il paventato falò con cui Terry Jones, pastore evangelico della Chiesa Dove World Outreach di Gainesville, in Florida, lancia ufficialmente l’«International Burn a Quran Day», fa parte del movimento ultraconservatore di protesta contro i musulmani d’America inaugurato dalla crociata di Newt Gingrich e Sarah Palin per bloccare il Centro Islamico Cordoba vicino a Ground Zero. Immediata la risposta della Casa Bianca, «preoccupata — ha precisato il portavoce Robert Gibbs — perché azioni del genere mettono in pericolo le truppe Usa in Afghanistan». «Sarebbe un gesto stupido e pericoloso», ha dichiarato il ministro della Giustizia Eric Holder. Dal Vaticano anche L’Osservatore Romano si schiera a sostegno dei cristiani già mobilitati contro l’iniziativa, con un articolo intitolato «Nessuno bruci il Corano».

E anche i leader delle principali fedi religiose d’America si sono riuniti d’urgenza a Washington per lanciare un appello «alla tolleranza». «L’America non è stata costruita sull’odio ma sull’amore», ha dichiarato il cardinale di Washington Theodore McCarrick . «Dobbiamo tutti manifestare a favore dei nostri fratelli e sorelle musulmani e dire: questo non va bene», gli ha fatto eco il rabbino Steve Gutow del Jewish Council for Public Affairs. Ma Jones vuole andare avanti. «Gli Stati Uniti affrontano un nemico con il quale non si può dialogare, cui bisogna dare una dimostrazione di forza», spiega il 58enne pastore, costretto a girare armato dopo aver ricevuto centinaia di minacce di morte. Il primo ad appellarsi al buon senso è stato il comandante delle forze Usa in Afghanistan, il generale David Petraeus che ha paragonato il falò allo scandalo delle foto di Abu Ghraib: «Il tipo di gesto che i talebani utilizzano e che può causare seri problemi, non solo qui ma in ogni parte del mondo in cui abbiamo a che fare con la comunità islamica».

Alle parole di Petraeus si è aggiunta la condanna del Segretario Generale Nato Anders Fogh Rasmussen, secondo cui «tali atti sono in forte contraddizione con i valori che rappresentiamo e per cui ci battiamo». Centinaia di persone hanno già manifestato contro il falò a Kabul e proteste hanno avuto luogo anche tra le comunità musulmane in Usa e davanti all’ambasciata americana a Giacarta. L’inviato speciale di Obama presso l’Organizzazione della Conferenza Islamica, Rashad Hussain, ha visitato l’Afghanistan proprio alcuni giorni fa per «portare un messaggio di amicizia, cooperazione e comprensione reciproca tra Stati Uniti e comunità Islamiche nel mondo». Lo stesso messaggio che il presidente Obama — che il 31% dei repubblicani crede musulmano — aveva espresso durante il suo storico viaggio al Cairo, nel giugno del 2009.

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